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Mark Twain
Le avventure di
Tom Sawyer
Edizione Acrobat
a cura di
Patrizio Sanasi
PREFAZIONE
Quasi tutte le avventure narrate in questo libro sono accadute veramente: unpaio a me in personail resto a
quei ragazzi che mi furono compagni di scuola. Huck Finn è un personaggiotratto dalla vita; Tom Sawyer pureanche
se non rispecchia un singolo individuo; Tom combina in sé i caratteri di treragazzi di mia conoscenzae perciò
appartiene all'ordine composito dell'architettura.
Le curiose superstizioni delle quali si fa cenno erano assai diffuse tra ibambini e gli schiavi del West al tempo
in cui si svolge questa storia; cioè trenta o quarant'anni fa.
Anche se il mio libro è stato scritto soprattutto per divertire i giovanispero che non per questo sarà disdegnato
dagli adultidal momento che tra i miei propositi c'era quello di cercareamabilmente di ricordare anche a loro
com'erano una voltae come la pensavano e come parlavano e quali erano iloro sentimentie in quali strane imprese
ogni tanto s'impegnavano.
L'AUTORE
Hartford1876
CAPITOLO I
«Tom!»
Nessuna risposta.
«Tom!»
Nessuna risposta.
«Dove sarà andato a ficcarsi quel ragazzo? Tom!»
La vecchia signora si tirò gli occhiali sulla punta del naso e volsesoprale lentilo sguardo nella stanza; poi se
li spinse sulla fronte e guardò da sotto in su. Di rado o forse maipercercare una cosa piccina come un ragazzo
guardava
attraverso lelentiperché quelli erano i suoi occhiali più elegantil'orgoglio del suocuoree non dovevanorispondere a un criterio di utilità ma semplicemente conferire«distinzione»: ci avrebbe visto altrettanto bene attraverso
due piastre da cucina. Per un attimo ebbe un'aria perplessapoi disseconmeno vigorema sempre abbastanza forte per
farsi sentire dalla mobilia: «Ohse ti metto le mani addossoio...»
Non finì la fraseperché si era già chinata a frugare sotto il letto conla scopae doveva risparmiare il fiato per
menare dei colpi più energici. Ma non riuscì a stanare altro che il gatto.
«Non ho mai visto un ragazzo come quello!»
Raggiunse la porta aperta e si fermò sulla sogliae guardò fuori tra lepiante di pomodori e i ciuffi di stramonio
che formavano il giardino. Di Tomnessuna traccia. Allora piegò la testaaun angolo calcolato per far giungere il più
lontano possibile la vocee gridò:
«To-o-om! To-o-om!»
Ci fu un lieve rumore alle sue spallee lei si voltò appena in tempo peragguantare un ragazzino per la falda del
giubbetto e bloccare la sua fuga. «Sei qui! Dovevo pensarciaquell'armadio. Cosa stavi facendolà dentro?»
«Niente.»
«Niente! Guardati le manie guardati la bocca. Cosa sono quelle macchie!»
«Non sozia.»
«Be'lo so io. È marmellataecco che cos'è. Ti ho detto mille volte chese non lasciavi stare quella marmellata
ti avrei spellato vivo. Dammi quella bacchetta.»
La bacchetta ondeggiava nell'aria. La situazione era disperata.
«Acciderba! Guardati alle spallezia!»
La vecchia signora si voltò di scattotirandosi su le gonne per scampare alpericoloe in un lampo il ragazzo
scappò viaarrampicandosi sullo steccato e sparendo dall'altra parte. ZiaPolly rimase immobile per qualche istante
riprendendosi dalla sorpresapoi scoppiò in una risatina.
«Accidenti a quel ragazzopossibile che io non impari mai niente? Non me neha fatti abbastanzadi scherzi
come questoper sapere che devo stare attenta? Ma un vecchio stupido
è lo stupido più grande che ci sia. Come dice il proverbioil cane vecchionon impara trucchi nuovi. MaDio buono
non me ne combina mai due ugualie come faunoa prevedere quello che staper succedere? Si direbbe che sappia di
preciso fino a che punto può mettermi in croce prima che io perda le staffee sa che se riesce a tenermi sulla corda per
un po'o a farmi ridereè finitae non posso più dargli nemmeno unoscapaccione. Non faccio il mio doverecon quel
ragazzoecco la veritàe Dio lo sa. Il medico pietoso fa la piagacancrenosacome dice il libro sacro. Sto preparandolo
soun futuro di peccati e di tormentiper lui e per me. È un demonioquelragazzomaDio santoè il figlio della mia
povera sorellapace all'anima suae non ho il coraggio di picchiarlo. Ognivolta che lascio correre mi rimorde la
coscienza; e ogni volta che gliele suono manca poco che mi si spezzi ilcuore. Ahimèl'uomo nato di donna ha vita.3
breve e piena di guaicome dice la Scritturae io credo che sia propriocosì. Oggi pomeriggio marinerà la scuolae
domani sarò costretta a farlo lavorareper castigo. È dura farlo lavorareil sabatoquando tutti i ragazzi sono in vacanza
ma lui odia il lavoro più di ogni cosa al mondoe devo fargli piegare unpo' la schienao sarò la sua rovina.»
Tom marinò la scuolainfattie si divertì un mondo. Tornò a casa appenain tempo per aiutare Jimil
ragazzetto di colorea segare la legna per l'indomanie a preparareprimadi cenala legna piccola per accendere il
fuoco: almeno arrivò in tempo per raccontare le sue avventure a Jim mentreJim faceva i tre quarti del lavoro. Sidil
fratello minore di Tom (o meglio il suo fratellastro)aveva già finito lasua parte (che consisteva nel raccogliere i
trucioli)perché era un ragazzo tranquillo e non avventuroso e turbolentocome Tom. Mentre quest'ultimo consumava la
sua cenae rubava lo zucchero ogni volta che se ne presentava l'occasionezia Polly gli rivolse delle domande che erano
piene di astuziae molto insidiose: perché voleva indurlo con l'inganno afare delle rivelazioni compromettenti. Come
molte altre anime sempliciaveva la vanità di credersi dotata di unparticolare talento per la diplomazia più sotterranea e
misteriosae si compiaceva di considerare i suoi più trasparentistratagemmi veri prodigi di un'astuzia sopraffina.
«Tom»disse«a scuola faceva piuttosto caldono?»
«Sìzia.»
«Molto caldovero?»
«Sìzia.»
«Non ti è venuta voglia di fare il bagnoTom?»
Tom fu sfiorato da un'ombra di pauraun pizzico di sgradevole sospetto.Scrutò il viso di zia Pollyche però
non gli disse nulla. Disse allora:
«Nozia. Be'non tanto.»
La vecchia signora allungò la mano per toccare la camicia di Tom e disse:
«Tuperònon sei molto accaldato.»
E con un certo compiacimento pensò di avere scoperto che la camicia eraasciutta senza far capire a nessuno
quali erano le sue intenzioni. Tom invecesuo malgradoaveva già capitodove la zia voleva andare a parare. Perciò si
affrettò a prevenire quella che poteva essere la mossa successiva.
«Qualcuno si è bagnato la testa con la pompa: la mia è ancora umida.Vedi!»
Zia Pollyseccatasi rese conto di aver trascurato quell'indizio e diessersi fatta mettere nel sacco. Poi ebbe una
nuova ispirazione:
«Tomper bagnarti la testa con la pompa non hai mica dovuto toglierti ilcolletto della camicia dove lo avevo
cucito ioeh? Sbottonati la giacca!»
Ogni nube disparve dal viso di Tomche tranquillamente si sbottonò ilgiubbetto. Il colletto della camicia era
al suo postoben cucito.
«Uffa! T'è andata bene sai? Ero sicura che avevi marinato la scuola e fattoil bagno. Ma ti perdonoTomcredo
che tu sia una specie di gatto strinatocome dice il proverbio: meglio diquello che sembriquesta volta.»
Le rincresceva un po' che il suo acume avesse fatto fiascoe un po' larallegrava che Tomper una voltasi
fosse comportato bene.
Ma Sidney disse:
«Che stupidoio credevo che tu gli avessi cucito il colletto col filobiancoe quello invece è nero.»
«Perbaccoio gliel'avevo cucito col filo bianco! Tom!»
Ma Tom non attese il resto. Mentre infilava la portadisse:
«Siddystavolta te la faccio pagare.»
Quando si sentì al sicuroTom studiò i due grossi aghi che tenevainfilzati nei risvolti della giaccal'uno con
un pezzo di filo bianco e l'altro con una gugliata di filo nero. Disse:
«Non se ne sarebbe mai accortase non fosse stato per Sid. Maledizionecerte volte lo cuce col filo bianco e
certe volte lo cuce con quello nero. Come vorrei che usasse sempre lo stessofilo: non posso mica ricordarmelo ogni
volta. Ma scommetto che stavolta Sid le buscherà. Mi venga un colpo se nonè vero.»
Non era il ragazzo modello del paese. Ma lo conosceva benissimoil ragazzomodelloe l'odiava con tutto il
cuore.
In un paio di minutio meno ancoraaveva scordato tutti i suoi crucci. Nonperché i suoi crucci fosseroper lui
di un'ombra meno acerbi e opprimenti di quanto lo siano quelli di un uomo perun uomoma perchéper il momentoun
nuovo e forte interesse li travolse e li scacciò dalla sua mente; propriocome le sventure umane si dimenticano
nell'entusiasmo di nuove imprese. Questo nuovo interesse era rappresentato daun modo di fischiare originale e molto
pregevole che Tom aveva appena appreso da un negroe che non vedeva l'ora dipoter praticare in santa pace.
Consisteva in un singolare canto da uccellouna specie di liquidogorgheggioche si produceva toccando il palato con la
lingua a brevi intervalli durante la melodia. Il lettorese è mai statoragazzoprobabilmente ricorderà come si fa.
Attenzione e diligenza lo resero ben presto maestro di quell'artee Toms'incamminò a grandi passi lungo la strada con
la bocca piena di armonie e l'anima traboccante di riconoscenza. Provavaqualcosa di molto simile a quello che deve
provare l'astronomo che ha scoperto un nuovo pianeta. E per quanto riguardala forzala purezza e la profondità di
questo piacerenon c'è dubbio che il ragazzo avesse un bel vantaggiosull'astronomo.
Le sere d'estate erano lunghe. Non faceva ancora buio. A un tratto Tom smisedi fischiare. Davanti a lui c'era
uno sconosciuto: un ragazzo un po' più grande di lui. Ogni nuovo venutovecchio o giovanemaschio o femmina che
fosseera fonte di grande curiosità per il povero paesino di St. Petersburg.Questo ragazzo era anche ben vestito: ben.4
vestito in un giorno feriale. Questo era semplicemente inaudito. Il suoberretto era una cosa raffinatala sua giacca di
tela bluabbottonata fino al colloera nuova e inappuntabilee lo stessopoteva dirsi dei calzoni. Aveva le scarpepur
essendo appena venerdì. Indossava persino la cravattaun bel nastro acolori vivaci. Aveva un'aria cittadina che si
vedeva lontano un miglio e che per Tom fu come un pugno nello stomaco. PiùTom fissava quello splendido fenomeno
più storceva il naso alla vista di tanta eleganzae più logora e frustagli sembrava diventare la sua tenuta. Nessuno dei
due ragazzi disse una parola. Se uno si muovevaanche l'altro si muoveva: masolo di traversoin cerchio. Stavano
sempre faccia a faccia e naso a naso. Alla fine Tom disse:
«Posso romperti il muso.»
«Provaci.»
«Ne sono capacissimo.»
«Non è vero.»
«Sì che è vero.»
«Non è vero.»
«Sì.»
«No.»
«Sì.»
«No.»
Una pausa imbarazzata. Poi Tom disse:
«Come ti chiami?»
«Non sono affari tuoi.»
«Be'ora lo sono.»
«Ma davvero?»
«Davvero.»
«Avantiallora. Forza.»
«Ohti credi tanto furboeh? Potrei suonartele con una mano legata dietrola schienase volessi.»
«Be'perché non lo fai? Se dici di poterlo fare...»
«Be'lo faròse continui a fare lo stupido con me.»
«Ohcerto: ho visto intere famiglie nella stessa situazione.»
«Furbacchione! Si può sapere chi ti credi di essere?»
«Che bel cappello hai in testa!»
«Puoi buttarmelo per terrase non ti piace. Ti sfido a farlo; e chi nonaccetta la sfida è un vigliacco.»
«Sei un bugiardo!»
«Mai come te.»
«Sei un bugiardo e un fifone.»
«Ah. Alza i tacchiva'!»
«Sentise non la pianti con le tue provocazioniprendo un sasso e tispacco la testa.»
«Ohcertocome no.»
«Be'vuoi vedere?»
«Coraggioperché non lo fai? Perché continui a dire: faccio questo efaccio quello? Perché non lo faipunto e
basta? Perché hai fifatutto qui.»
«Io non ho fifa.»
«Sì che hai fifa.»
«Non è vero.»
«Sì che è vero.»
Un'altra pausaseguita da altre occhiate e da altri cauti spostamentilaterali. Finalmente furono spalla a spalla.
Tom disse:
«Vattene via!»
«Vattene via tu!»
«Io no.»
«Io nemmeno.»
Così rimaserociascuno dei due con un piede piantato obliquamente davanti asé come puntellospingendosi
con tutta la forza che avevanoe guardandosi con odio. Ma nessuno dei dueriusciva ad avere la meglio sull'altro. Dopo
aver lottato fino a essere entrambi accaldati e rossi in visociascuno deidue ridusse lo sforzo con vigile circospezione e
Tom disse:
«Sei un codardo e un moccioso. Lo dirò a mio fratelloquello grandecheti spiaccica col mignolose vuolee
vedrai se non lo fa.»
«Che m'importa di tuo fratello? Io ho un fratello che è più grande di lui;e che se vuole è capace di farlo volare
sopra quello steccato!» (Entrambi i fratelli erano immaginari.)
«È una bugia.»
«Non basta che tu lo dicaperché lo sia.»
Tom tracciò una riga nella polvere con l'alluce e disse:
«Ti sfido a superare questa rigae se lo fai te ne do tante che le gambenon ti reggeranno in piedi. Se non.5
accetti la sfida sei un vigliacco.»
Il ragazzo nuovo calpestò prontamente la riga e disse:
«Avevi detto che lo faceviadesso vediamo se lo fai.»
«Non provocarmiadesso; lo dico per il tuo bene.»
«Avevi detto che l'avresti fatto: perché non lo fai?»
«Porca miseriadammi due cent e lo faccio.»
Il ragazzo nuovo tirò fuori dalla tasca due grosse monete di rame e glieleporse con un sorriso beffardo.
Tom gliele buttò per terra.
Di lì a un attimo i due ragazzi stavano rotolandosi e contorcendosi sullaterra battuta del sentieroavvinghiati
come gatti; e per lo spazio di un minuto si tirarono e si strapparono capellie vestitisi graffiarono e si dettero pugni sul
nasoe si coprirono di polvere e di gloria. Finalmente la confusione preseformae nel fumo della battaglia apparve
Tom cheseduto a cavalcioni del nuovo arrivatolo martellava di pugni.
«Di' basta!» disse Tom.
Il ragazzo cercava di liberarsi e piangevaquasi solo di rabbia.
«Di' basta!»e la gragnuola di pugni non cessava.
Alla fine il forestiero emise un «basta!» soffocato e Tom lo lasciò andaree disse: «Così impari. E bada con chi
ti mettila prossima volta che vuoi fare lo stupido.»
Il ragazzo nuovo se ne andò spolverandosi i vestitisinghiozzandotirandosu col nasoe ogni tanto voltandosi
indietro e scuotendo la testae dicendo minacciosamente a Tom cosa gliavrebbe fatto «la prossima volta che lo avesse
incontrato per la strada». Al che Tom rispose con qualche grido di schernoe cominciò ad allontanarsi facendo la ruota
come un pavone; e com'ebbe voltato le spalle l'altro ragazzo agguantò unapietrala tirò e lo colpì tra le scapolee poi
girò sui tacchi e scappò via come un'antilope. Tom inseguì il traditorefino a casa e così scoprì dove abitava. Allora si
appostò per qualche tempo davanti al cancellosfidando il nemico a venirfuori; ma il nemico si limitò a fargli boccacce
dalla finestrae declinò l'invito. Finalmente apparve la madre del nemicoche diede a Tom del bambino cattivo
dispettoso e maleducatoe che gli intimò di andarsene. Così Tom dovetteandarsenema prima di farlo disse che
gliel'avrebbe «fatta pagare»a quel «vigliacco».
Quella sera rincasò piuttosto tardie allorché s'introdusse cautamentedalla finestra aperta cadde in
un'imboscata tesagli dalla zia; la qualeappena vide in che stato erano isuoi vestitidivenne adamantina nella fermezza
con cui aveva deciso di trasformare il suo sabato di vacanza in un giorno dilavori forzati.
CAPITOLO II
Era venuto il sabato mattinae tutto il mondo dell'estate era fresco eluminosotraboccante di vita. C'era una
canzone in ogni cuore; e se il cuore era giovane la musica sgorgava dallelabbra. C'era gioia in ogni voltoed elasticità
in ogni passo. I carrubi erano in boccioe la fraganza dei fiori empival'aria.
Cardiff Hillche sorgeva oltre il paesedominandoloera verde divegetazionee distava quanto basta per
sembrare una Terra Promessairrealetranquilla e invitante.
Tom apparve sul marciapiede con un secchio di calce da imbianchino e unpennello col manico lungo. Scrutò
attentamente lo steccatoe ogni letizia parve abbandonarlomentresull'animo gli si posava una cappa di spessa
melanconia. Trenta metri di steccato alto quasi tre metri! Gli sembrò che lavita non avesse alcun valoree che
l'esistenza fosse solo un peso. Sospirando tuffò il pennello nel secchio elo passò sull'asse più alta; ripeté l'operazione;
lo rifece; confrontò l'insignificante striscia bianca con lo sterminatocontinente dello steccato ancora da imbiancare e
scoraggiatosi sedette sulla cassetta di una pianta. Jim uscì dal cancellocon un secchio di lattasaltando e cantando
Buffalo Gal
s. Andare aprender l'acqua alla pompa del paese era sempre stato un lavoro detestabileagli occhi di Tomma in quel momento non gli parve tale. Ricordò che intorno alla pompa c'erasempre della gente. Ragazzi e ragazze
bianchinegri e mulatti erano sempre là in attesa del loro turnoriposandosiscambiandosi giocattolidiscutendo
accapigliandosifacendo baccano. E ricordò cheanche se la pompa era soloa centocinquanta metri di distanzaJim non
impiegava mai meno di un'ora per tornare indietro con un secchio d'acqua; eanche allora bisognavadi solitomandare
qualcuno a chiamarlo. Tom disse:
«SentiJim; vado io a prender l'acquase tu imbianchi un po' dellosteccato.»
Jim scosse la testa e disse:
«Non possoPadron Tom. La signora mi ha detto di andare a prender l'acqua edi non fermarmi a perder tempo
con nessuno. Ha detto che forse Padron Tom mi avrebbe chiesto d'imbiancare losteccatoe mi ha detto di non dargli
retta e di badare agli affari miei: che a imbiancare lo steccato ci pensavalei.»
«Ohnon badare a quello che ha dettoJim. Dice sempre così. Dammi ilsecchio: ci metto un minuto. Non se
ne accorgerà nemmeno.»
«Ohmi manca il coraggioPadron Tom. La signora mi torcerebbe il collo.Altrochése lo farebbe.»
«Lei! Se non picchia mai nessuno! Ti dà uno scappellotto col ditaleevorrei proprio sapere chi lo sente. Dice
cose da far paurama le chiacchiere non fanno male: finché non si mette agridarealmeno. Jimti regalo una biglia. Te
ne regalo una di marmo bianco!».6
Jim cominciò a tentennare.
«Una biglia di marmo biancoJim; la più bella che ho.»
«Mamma mia; è proprio una meraviglia. MaPadron Tomio ho tanta pauradella signora.»
Jimperòera solo un essere umano: la proposta era troppo attraente.Depose il secchioprese la biglia bianca.
Subito dopo stava correndo lungo la strada col secchio e col sedere chebruciavaTom stava imbiancando
energicamente lo steccato e zia Polly stava lasciando il campo di battagliacon una ciabatta in mano e negli occhi un
lampo di trionfo.
Ma l'energia di Tom non durò a lungo. Cominciò a pensare agli scherzi chesi era proposto di fare quel giorno
e le sue pene si moltiplicarono. Presto i ragazzi liberi da impegni sarebberopassati di lìper organizzare allegre
spedizioni di ogni generee lo avrebbero ferocemente preso in giro perchéera costretto a lavorare: il solo pensiero gli
bruciava come un ferro rovente. Tirò fuori tutte le sue ricchezze e lestudiò: pezzi di giocattolipalline e cianfrusaglie;
abbastanzaforseper comprarsi uno scambio di lavorima non abbastanza percomprarsi anche solo una mezz'ora di
piena libertà. Così rimise in tasca i suoi scarsi mezzi e rinunciòall'idea di provare a corrompere i compagni. In quel
momento cupo e disperato fu colto da un'improvvisa ispirazione. Una grandemeravigliosa ispirazione. Raccolse il
pennello e riprese tranquillamente a lavorare. Poco dopo comparve Ben Rogers:proprio il ragazzo di cuipiù di tutti gli
altriTom temeva i sarcasmi. Ben non camminavasaltellava: segno evidenteche il suo cuore era leggero e grandi le
sue speranze. Stava mangiando una melae mandava a intervalli un suono lungoe melodiososeguito da un tonante din
don dondin don donperché in quel momento faceva il vaporetto!Avvicinandosi ridusse la velocitàsi spostò in mezzo
alla stradavirò a tribordo e orzò pesantementee con grande pompaperché in quel momento Ben faceva il
BigMissouri
e pensava dipescare nove piedi. Era battellocapitano e campana tutto insiemeperciòdoveva immaginarsidritto in piedi sul ponte di manovra a dare gli ordini e insieme a eseguirli.
«Macchine fermesignore! Din din din.» L'abbrivo si era quasi spentoeBen si diresse lentamente verso il
marciapiede. «Macchine indietro! Din din din!» Le sue braccia siraddrizzarono e gli s'irrigidirono sui fianchi.
«Macchine indietro a tribordo! Din din din! Ciuf! Ciuf ciuf ciuf!» Con ladestra che intanto descriveva alcuni cerchi
maestosiperché rappresentava una ruota di dodici metri. «Macchineindietro a babordo! Din din din! Ciuf ciuf ciuf!»
Anche la sinistra prese a descrivere dei cerchi.
«Ferma a tribordo! Din din din! Ferma a babordo! Macchine avanti a tribordo!Ferma! Poggia col fianco
esternopianopiano! Din din din! Ciuf ciuf ciuf! Fila quella cima!Svegliaora! Forza - fuori la cima da ormeggio -
cosa state combinando? Fa' un giro col cappio intorno a quella bitta! Pronticon la passerellaora: molla! Macchine
fermesignore! Din din din!»
«Sht! Sht! Sht!» (Provando gli indicatori di livello.)
Tom continuava a pitturaresenza prestare la minima attenzione al vaporetto.Ben lo guardò un momentopoi
disse:
«Ehilà! Siamo in seccaeh?»
Nessuna risposta. Tom studiò il suo ultimo tocco con l'occhio di un artista;poi diede al pennello un'altra
piccola spinta e studiò il risultato come prima. Ben andò a metterglisi difianco. Alla vista della melaTom aveva
l'acquolina in boccama non interruppe il suo lavoro. Ben disse:
«Ciaovecchio; devi sgobbareeh?»
«Ahsei tuBen! Non me n'ero accorto.»
«Di'io vado a fare il bagno. Non ci verresti anche tu? Ma certotupreferisci lavorareno? Si capisce!»
Tom fissò il ragazzo per un attimo e disse:
«Cos'è il lavorosecondo te?»
«Be'quello lì non è un lavoro?»
Tom prima riprese a verniciarepoi rispose con aria indifferente:
«Be'forse sì e forse no. Tutto quello che so io è che a Tom Sawyer glista bene.»
«Ohsudainon vorrai farmi credere che ti piace!»
Il pennello continuava ad andare avanti e indietro.
«Se mi piace? Be'non vedo perché non dovrebbe piacermi. Non càpita tuttii giorni l'occasione d'imbiancare
uno steccato.»
Questo mise l'intera faccenda in una luce nuova. Ben cessò di mangiucchiarela sua mela. Tom passò
delicatamente il pennello sulle tavolefece un passo indietro per osservarel'effettoaggiunse un tocco qui e uno là
studiò nuovamente l'effettomentre Ben seguiva ogni sua mossa; il suointeresse cresceva sempre piùdi pari passo con
l'attrazione che quel lavoro esercitava su di lui. Finalmente disse:
«Di'Tomfa' imbiancare un pochino pure a me.»
Tom rifletté; stava per acconsentire; ma poi cambiò idea: «Nono; noncredo che sarebbe opportunoBen.
Vedizia Polly ci tiene moltissimo a questo steccato: proprio qui sullastradacapisci? Ma se fosse quello dietro mi
starebbe benee lei non ci baderebbe. Sìci tiene moltissimo a questosteccato; bisogna pitturarlo con molta cura; non
c'è un ragazzo su milleforse su duemilasecondo mecapace di farlo comesi deve.»
«No... Davvero? Ohsudai; fammi provaresolo un pezzettino. Io ti fareiprovareTomse fossi in te.»
«Benio lo fareiti giuro; ma zia Polly... Guardavoleva farlo Jimmalei non gli ha dato il permesso. Voleva
farlo Sidma lei non ha voluto. Eccovedi in quale situazione mi trovo? Sedovessi farlo tue gli capitasse qualcosa...»
«Ohuffa! Starò attento come te. Ora fammi provare. Senti... Ti do iltorsolo della mia mela.».7
«Be'ecco. NoBen; non posso; non me la sento...»
«Te la do tutta!»
Tom rinunciò al pennello con viso atteggiato a un'espressione riluttantemacon la solerzia nel cuore. E mentre
l'ex vapore
Big Missouri lavoravae sudava sotto i raggi del solel'artista a riposo sedeva lì vicinoall'ombrasu unabottedondolando le gambesgranocchiando la sua mela e progettando lastrage di altri innocenti. Il materiale non
mancava; ogni tanto dei ragazzi passavano di lì; venivano a sfotteremarestavano a imbiancare. Quando Ben non ne
poté piùTom aveva già ceduto il turno successivo a Billy Fisher per unaquilone in buono stato; e quando Billy gettò la
spugnaJohnny Miller prese il suo posto per un topo morto e uno spago perfarlo dondolare; ecceteraecceteraun'ora
dopo l'altra. E quando venne la metà del pomeriggioda quel ragazzo poveroin canna che era la mattinaTom si era
trasformato in un riccone che nuotava letteralmente nell'oro. Avevaoltrealla roba che ho citatododici biglieuno
scacciapensieri rottoun pezzo di vetro di una bottiglia blu (da guardarciil mondo attraverso)un rocchettouna chiave
che non apriva nullaun frammento di gessoil tappo di vetro di unacaraffaun soldatino di stagnouna coppia di
girinisei petardiun gattino cieco da un occhiouna maniglia di ottoneun collare per cane - senza il cane - il manico di
un coltelloquattro pezzi di buccia d'arancia e il vecchio telaiosconquassato di una finestra. Per tutto quel tempo si era
insieme riposato e divertito - non gli mancava la compagnia - e lo steccatoaveva ben tre mani di vernice! Se non avesse
finito la calceavrebbe mandato in rovina tutti i ragazzi del paese.
Tom si disse che il mondo non era poi così brutto. Senza saperloavevascoperto una delle grandi leggi che
governano le azioni degli uominie cioè che per indurre un uomo o unragazzo a desiderare ardentemente una cosa
basta rendere quella cosa difficile da ottenere. Se fosse stato un filosofogrande e saggiocome l'autore di questo libro
a questo punto avrebbe compreso che il lavoro consiste di tutto ciò che unoè costretto a faree che il gioco consiste di
tutto ciò che uno non è costretto a fare. E questo lo aiuterebbe a capireperché confezionare fiori artificiali o far girare
una macina da mulino è un lavoromentre buttar giù dei birilli o scalareil Monte Bianco è solo un divertimento. In
Inghilterra ci sono dei ricchi signori che d'estate guidano ogni giorno deitiri a quattro per venti o trenta miglia perché
questo privilegio costa loro considerevoli somme di denaro; ma se qualcuno sioffrisse di pagarli per svolgere un
servizio di tal fatta il passatempo si trasformerebbe in un lavoroe questoli indurrebbe a rinunciarvi subito.
CAPITOLO III
Tom si presentò al cospetto di zia Pollyche stava seduta davanti allafinestra aperta di una simpatica stanza
sul retro che era tutto insieme camera da lettoangolo per la colazionesala da pranzo e biblioteca. La balsamica aria
estivail silenzio riposanteil profumo dei fiori e il ronzio sonnolentodelle api avevano fatto effettoe lei ciondolava la
testa sopra il lavoro a maglia: perché non aveva altro compagno all'infuoridel gattoe questo le si era addormentato in
grembo. Per sicurezzasi era spinta gli occhiali sui capelli grigi. Avevapensato che Tom se la fosse svignata già da un
pezzoe rimase stupita di vederlo venirsi a mettere così intrepidamente dinuovo in sua balìa. Il ragazzo disse:
«Posso andare a giocareadessozia?»
«Comedi già? Quanto lavoro hai fatto?»
«È finitozia.»
«Tomnon dirmi bugie. Non lo sopporto.»
«Non ti ho detto una bugiazia; il lavoro è proprio finito.»
Zia Polly non diede molto credito a una simile dichiarazione. Uscì di casaper vedere con i propri occhi; e si
sarebbe contentata di scoprire che l'asserzione di Tom era vera al venti percento. Quando trovò che l'intero steccato era
stato imbiancatoe non soltanto imbiancato ma verniciato e riverniciato concurafin sul marciapiedelo stupore la
lasciò senza parole. Disse:
«Be'questa poi! Niente da dire; è proprio vero che quando ti mettid'impegno sai lavorareTom.» Quindi
mitigò la portata del complimento aggiungendo: «Ma capita ben di rado chetu ti metta d'impegnodebbo dire. Be'va'
pure a giocare; ma ricordati di tornare a casaogni tantose non vuoi cheti conci per le feste.»
Era talmente commossa dalla magnificenza di quell'impresa che se lo portònella dispensascelse una delle
mele più belle e gliela consegnòcon una predica sul valore aggiuntoesul sapore che acquistava un premio quando
non era frutto del peccato ma dell'abnegazione e della virtù. E mentreconcludeva il discorsetto con un biblico svolazzo
Tomcon un dito«prese all'amo» una ciambellina dolce.
Poi sgusciò fuorie vide Sid che aveva appena cominciato a salire la scalaesterna che portava alle stanze sul
retro al primo piano. C'erano delle zolle a portata di manoe in un lampol'aria ne fu piena. Piovevano tutt'intorno a Sid
come chicchi di grandine; e prima che zia Polly potesse riaversi dallasorpresa e correre in suo aiutosei o sette zolle
erano andate a segno e Tomscavalcato lo steccatoera sparito. C'era uncancelloma di solito il ragazzo aveva troppa
fretta per usarlo. Ora che aveva fatto i conti con Sid per aver richiamatol'attenzione della zia sul filo neromettendolo
nei guaiil suo animo era in pace.
Tom costeggiò l'isolato e sbucò in un vicolo fangoso che portava sul retrodella stalla della zia. Finalmente era
al sicurodove nessuno avrebbe potuto prenderlo per la collottola e punirloe allora si diresse verso la pubblica piazza
del paesedove due compagnie «militari» di ragazzi avevano precedentementedeciso d'incontrarsi per darsi battaglia.
Tom era il generale di una di queste armateJoe Harper (l'amico del cuore)il generale dell'altra. Questi due grandi.8
comandanti non si degnavano di combattere personalmente - cosa che più siaddiceva ai mocciosi - ma sedevano
insieme su un'altura a dirigere le operazioni sul campo mediante ordinitrasmessi da aiutanti. Dopo una battaglia lunga e
duramente combattutal'esercito di Tom ottenne una grande vittoria. Poi sicontarono i mortisi scambiarono i
prigionierisi presero gli accordi per il prossimo disaccordo e si fissò ilgiorno dello scontro; dopodiché le armate si
schierarono e se ne andarono a passo di marciae Tom prese la via di casatutto solo.
Mentre passava davanti alla casa dove abitava Jeff Thatchervide nelgiardino una bambina nuova: una
graziosa creaturina con occhi celesti e i capelli biondi intrecciati in duelunghe codeuna bianca vestina estiva e un paio
di mutandoni ricamati. L'eroe fresco della vittoria cadde senza sparare uncolpo. Una certa Amy Lawrence svanì dal suo
cuore senza lasciarvi neppure l'ombra di un ricordo. Tom aveva creduto diamarla alla follia; aveva considerato la sua
passione una forma di adorazione vera e propria; e ora scopriva che sitrattava solo di un capriccetto insignificante. Per
conquistarla ci aveva messo dei mesie lei si era dichiarata solo lasettimana prima; lui era stato il ragazzo più felice e
più fiero del mondo per sette brevi giornied ecco che in un lampo lei erauscita dal suo cuore come un estraneo alla
fine di una visita occasionale.
Adorò questo nuovo angelo con occhio furtivo finché vide che lei lo avevanotato; allora finse d'ignorare la sua
presenzae cominciò a pavoneggiarsi assurdamente e puerilmente in tutti imodi per guadagnarsi la sua ammirazione.
Insistette per qualche tempo in queste sue grottesche esibizioni; ma di lì apocomentre era nel bel mezzo di un
pericoloso esercizio ginnasticoguardò di fianco a sé e vide che labambina si stava dirigendo verso casa. Tom si
avvicinò allo steccato e vi si appoggiòafflittonella speranza che leiindugiasse ancora un po'. Lei si fermò un
momento sui gradinie poi si avviò alla porta. Tom emise un sospironequando lei mise il piede sulla sogliama
s'illuminò subito in viso perchéun momento prima di sparirelei gettòuna viola del pensiero sopra lo steccato. Il
ragazzo si avvicinò di corsa e si fermò a qualche passo dal fiorepoi siprotesse gli occhi con la mano e cominciò a
cercare lungo la strada come se avesse scoperto qualcosa d'interessante cheandava in quella direzione. Subito dopo
raccolse una cannuccia erovesciando la testa all'indietrocercò di farlastare in bilico sul naso; e mentre si spostava di
qua e di là per tenerla in equilibrio si avvicinava piano piano alla viola;finalmente il suo piede nudo le fu soprale sue
dita prensili si chiusero sul fioree lui si allontanò saltellando col suotesoro e scomparve dietro l'angolo. Ma solo per
un attimo: il tempo strettamente necessario per infilarsi il fiore nelgiubbettovicino al cuoreo magari vicino allo
stomacoperché non era molto ferrato in anatomia e comunque non troppoesigente.
Tornò subito indietro e restò fino al tramonto davanti allo steccatopavoneggiandosi come prima; ma la
bambina non si fece più vedereanche se Tom si consolava un po' con lasperanza che in tutto quel tempo si fosse
trovata vicino a una finestrae avesse così notato le sue attenzioni.Finalmente tornò a casariluttantecon la povera
testa piena di visioni.
Per tutta la durata della cena il suo umore fu così allegro che la zia nonpoté far a meno di chiedersi «cosa gli
aveva presoa quel bambino». Tom ricevette una bella sgridata per avertirato le zolle a Side non degnò la cosa della
minima importanza. Cercò di rubare lo zucchero proprio sotto il naso dellaziae si prese il righello sulle nocche. Disse:
«ZiaSid però non lo picchi quando è lui che lo prende.»
«Be'Sid non è un tormento come te. Tu avresti sempre le mani nellozuccherose ti lasciassi fare.»
Poco dopo zia Polly andò in cucina e Sidcompiaciuto della propriaimmunitàtese la mano verso la
zuccherierain un gesto di trionfo su Tom così smaccato da risultare quasiinsopportabile. Ma le dita di Sid scivolarono
sulla superficie lucida e la zuccheriera cadde a terra e si ruppe. Tom era aisette cieli: provava una gioia così grande che
riuscì addirittura a frenare la lingua e a stare zitto. S'impose di non direuna parolaneppure quando fosse entrata la zia
ma di star seduto nella più assoluta immobilità finché lei non avessechiesto chi aveva combinato il malestro; solo allora
avrebbe «cantato»e al mondo non ci sarebbe stato piacere più grande diquello consistente nel vedere il bambino
modello conciato per le feste. Era così pieno di esultanza che a faticariuscì a trattenersi quando la vecchia signora tornò
indietro e si fermò davanti alle macerie lanciando lampi d'ira da sopra gliocchiali. Disse tra sé: «Ci siamo!» E l'istante
dopo si trovò lungo disteso sul pavimento! La mano poderosa era levata percolpire di nuovo quando Tom gridò:
«Fermatiadessocosa mi picchi a fare? È stato Sid a romperla!»
Zia Pollyperplessasi fermòe Tom attese un gesto di pietà riparatrice.Ma lei ritrovò la favella solo per dire:
«Uhm! Be'con te le sberle non sono mai sprecate. Chissà quale altramarachella hai combinatomentre ero di
là.»
Poi la coscienza cominciò a rimorderlee avrebbe tanto voluto dire a Tomqualcosa di gentile e di affettuoso;
ma questoriflettésarebbe stato interpretato come un'ammis sione di colpada parte suae la disciplina lo vietava. Così
restò in silenzio e sbrigò le sue faccende col cuore addolorato. Tom se nestava in un angoloimbronciatorimuginando
sulle proprie pene. Sapeva che la ziadentro di séera in ginocchiodavanti a luie questo gli dava un amaro piacere.
Non le avrebbe lanciato segnalinon avrebbe badato ai suoi. Sapeva che ognitantoattraverso un velo di lacrime
un'occhiata struggente cadeva su di luima si rifiutava di notarla. Già sivedeva disteso sul lettomoribondocon la zia
che si chinava su di luisupplicandolo di dire almeno una parola di perdono;ma lui avrebbe voltato la faccia contro il
muro e sarebbe morto senza dire quella parola. Ahcos'avrebbe provatoleiallora? E già si vedeva ripescato dal fiume
e portato a casamortocon i riccioli tutti bagnatie le sue povere maniimmobili per sempree il suo cuore che aveva
smesso di soffrire. Come si sarebbe gettata su di luie come lo avrebbeinondato di lacrimee come avrebbe pregato
Iddio di ridarle il suo ragazzoe come avrebbe giurato di non maltrattarlomaimai più! Ma lui sarebbe rimasto là
distesopallido e freddosenza fare un movimento: un poveropiccoloinfelicele cui pene erano finite. Aveva tanto
eccitato i propri sentimenti col pathos di questi sogni che doveva continuarea inghiottiretanto gli pareva di soffocare;.9
e gli occhi gli nuotavano in un velo d'acquache traboccava quando strizzavale palpebree gli correva giù per il naso e
gli gocciolava dalla punta. E provava un tale piacere a crogiolarsi cosìnelle sue pene da non riuscire a tollerare l'idea
che una qualche letizia mondanao un'irritante consolazioneglieneostacolasse il godimento; era troppo sacro per un
simile contatto; e così quandopoco dopoentrò a passo di danza la cuginaMarypiena di gioia nel rivedere la famiglia
dopo una visita interminabile di una settimana in campagnaTom si alzò peruscire da una portacupo in volto e
rannuvolatomentre dall'altra lei faceva entrare una canzone e un raggio disole. Tom evitò i posti frequentati
abitualmente dai ragazzi e cercò dei luoghi desolati che meglios'intonassero al suo umore. Attirato da una zattera di
tronchi ormeggiata vicino alla rivasi sedette sul bordo esterno acontemplare la triste immensità del fiumesempre
augurandosi di poter morire annegatoma di colpo e inconsapevolmentesenzadover subire lo spiacevole processo
imposto dalla natura. Poi pensò al fiore. Lo tirò fuorispiegazzato eappassitoed esso accrebbe grandemente la sua
lugubre felicità. Chissà se almeno
leilo avrebbe compatitose avessesaputo! Avrebbe piantoe desiderato di avere ildiritto di buttargli le braccia al collo e consolarlo? O gli avrebbe voltatole spallefreddamentecome il resto di quel
mondo ostile? Questa visione gli diede un tale strazio di gradite sofferenzeche Tom continuò a evocarla mentalmente
studiandola da tutti i punti di vistafino a non poterne più. Alla fine sialzò in piedi sospirando e si allontanò nel buio.
Verso le nove e mezzoo le diecipercorse la strada deserta fino alla casadove abitava l'adorabile sconosciuta; indugiò
un momentosenza che le sue orecchie tese percepissero alcun suono; unacandela spandeva una luce fioca sulla tenda
di una finestra al primo piano. Che quella sacra presenza fosse là?Scavalcò lo steccatoavanzò furtivamente tra le
piantefino a fermarsi sotto la finestra; la fissò a lungoe con emozione;poi si distese a terra sotto il davanzalesulla
schienacon le mani giunte sul pettoe tra le mani il povero fioreappassito. E così sarebbe morto: là fuorial freddo
senza un tetto sopra la testasenza una mano amica che gli tergesse ilsudore della morte dalla frontesenza un viso
affettuoso che si chinasse pietosamente su di lui quando fosse iniziatal'agonia. E così lo avrebbe visto
leiquando avesseaperto gli occhi sul radioso mattino: e... ohavrebbe versato una lacrima suquella povera forma senza vitasi sarebbe
lasciata sfuggire un piccolo sospiro alla vista di una vita giovane evigorosa così bruscamente recisacosì
prematuramente distrutta?
La finestra si aprì; la voce discorde di una cameriera profanò la santitàdella quiete notturnae uno scroscio
d'acqua bagnò fino al midollo i resti del martire supino!
Mezzo soffocatol'eroe balzò in piedi con uno sternuto di sollievo; si udìil sibilo come di un proiettile che
tagliasse l'ariamescolato al mormorio di un'imprecazionee seguito da unoscroscio di vetri infrantipoi una sagoma
piccola e indistinta scavalcò lo steccato e disparve nelle tenebre.
Non molto tempo dopomentre Tomgià svestito per andare a lettostavaesaminando i suoi indumenti zuppi
alla luce di una candela di segoSid si svegliò; ma anche se aveva una vagaidea di fare «riferimenti ad allusioni»
dovette ripensarci e tenere il becco chiuso: perché una luce sinistrabrillava nell'occhio di Tom. Che si ficcò nel letto
senz'aggiungere agli altri suoi fastidi anche quello rappresentato dallepreghierementre Sid mentalmente prendeva nota
dell'omissione.
CAPITOLO IV
Il sole spuntò su un mondo tranquillo e fece piovere i suoi raggi sulpacifico paesino come una benedizione.
Dopo colazionezia Polly radunò la famiglia per il servizio religioso;cominciava con una preghiera costituitadal fondo
alla cimadi solidi corsi di citazioni bibliche legate tra loro da unsottile cemento di originalità; e dall'alto di questa
costruzione zia Polly recitava un arcigno capitolo della legge mosaicacomedal Sinai.
Quindi Tom si rimboccò le manicheper così diree si sottopose allafatica d'«imparare i suoi versetti». Sid
aveva imparato la lezione alcuni giorni prima. Tom concentrò tutte le sueenergie nello sforzo d'imparare a memoria
cinque versetti; e scelse un pezzo del Discorso della Montagnaperché nonriusciva a trovare dei versetti che fossero più
brevi.
Mezz'ora dopo Tom aveva una vaga idea generale della lezionema nulla piùperché la sua mente stava
attraversando l'intero campo dello scibile umanoe le sue mani eranooccupate da divertenti ricreazioni. Mary gli prese
il libro per sentirgli la lezionee lui si sforzò di trovare la stradanella nebbia.
«Beati i... ehm... ehm...»
«Poveri...»
«Sìi poveri; beati i poveri... ehm... ehm...»
«In spirito...»
«In spirito; beati i poveri in spirito perché essi... essi...»
«Di essi...»
«Perché di essi. Beati i poveri in spirito perché di essi... è il regnodei cieli. Beati quelli che piangono perché...
perché...»
«Perché sa...»
«Perché sa... ehm...»
«Perché sara...»
«Perché sara... Ohnon lo so!».10
«Saranno!»
«Ohsaranno! Perché saranno... Perché saranno... ehm... ehm... Chepiangono... ehm... ehm... Beati quelli che
saranno... che saranno... ehm... quelli che piangono perché saranno...ehm... saranno cosa? Perché non me lo diciMary?
Perché sei tanto cattiva con me?»
«OhTompovero zucconenon ti sto prendendo in giro. Non lo farei mai.Devi studiarlo ancora. Non
scoraggiartiTomce la farai... E se l'impari ti do una cosa moltomoltobella! Suorada bravo.»
«Va bene! Cos'èMary? Dimmi cos'è.»
«Non ci pensareTom. Sai che se dico che è una bella cosaè una bellacosa.»
«Hai ragioneMary. Va benelo studierò ancora.»
E lo studiò ancora per davvero; e sotto la duplice pressione dellacuriosità e del futuro premioci mise tanto
impegno da raggiungere un successo sfolgorante.
Mary gli regalò un temperino marca Barlow nuovo di zeccache costava dodicicent e mezzo; e l'ondata di
gioia che lo invase fece vibrare le fibre più intime del suo essere. È veroche il temperino non tagliavama era un
Barlow genuinoe questo aveva un'importanza incalcolabile: anche se è belmisteroe forse lo resterà in eternodove i
ragazzi di quelle regioni del West avessero mai pescato l'idea che un'arma dital fatta si potessecon suo danno
contraffare. Tom riuscì col temperino a graffiare la credenzae stavaattaccando il cassettone quando fu chiamato a
vestirsi per la scuola domenicale.
Mary gli diede un catino pieno d'acqua e un pezzo di saponee lui uscìdalla porta e mise il catino su un
panchetto; poi tuffò il sapone nell'acqua e lo depose; si rimboccò lemaniche; versò adagio l'acqua per terrae poi entrò
in cucinae prese ad asciugarsi diligentemente la faccia sull'asciugamanodietro l'uscio. Ma Mary tolse l'asciugamano e
disse:
«Ma non ti vergogniTom? Non devi essere tanto cattivo. L'acqua non tifarà male.»
Tom rimase un tantino sconcertato. Il catino fu riempito di nuovoe stavoltalui gli si piazzò davantiper un
po'prendendo il coraggio a due mani; poi trasse un profondo respiro ecominciò. Quando entrò in cucinapoco dopo
tenendo gli occhi chiusi e cercando l'asciugamano a tentoniun'onestatestimonianza d'acqua saponata gli gocciolava dal
viso. Ma quando emerse dall'asciugamanonon era ancora a posto; perché ilterritorio ripulito finiva bruscamente al
mento e alle mascellecome una maschera; sotto e oltre questa linea c'erauna scura distesa di terreno non irrigato che
davanti si spandeva verso il basso e dietro intorno al collo. Mary prese inmano la faccendae quando ebbe finito Tom
era ridiventato un biancosenza possibilità di erroree i capelli umidierano accuratamente spazzolatie i ricci ben
disposti sulla fronte con eleganza e simmetria. (In privato lui se lilisciavalaboriosamente e con faticae s'incollava i
capelli alla testa; perché trovava i ricci effeminatie i suoi gliriempivano la vita di amarezza.) Poi Mary tirò fuori un
vestito che negli ultimi due anni era stato usato solo la domenica: lochiamavano semplicemente «l'altro vestito»e basta
questa frase per capire quali erano le dimensioni del suo guardaroba. Dopoche si fu vestitola ragazza «gli diede gli
ultimi tocchi»; gli abbottonò la linda giacchetta fino al mentoglirivoltò sulle spalle il largo colletto della camiciagli
diede una spazzolata e gli mise sulla testa il cappello di pagliamacchiettata. Tom aveva così un aspetto
straordinariamente miglioratoma sembrava anche a disagio; ed era in tutto eper tutto a disagio come sembrava; perché
pulito com'erae con quel vestitosi sentiva come in prigionee questo glidava un tremendo fastidio. Sperò che Mary
dimenticasse le scarpema la speranza fu vana; lei gliele ingrassò per benecol segocom'era l'usoe le portò fuori. Lui
perse la pazienzae disse che l'obbligavano sempre a fare tutto quello chenon voleva. Ma Mary disse in tono
persuasivo:
«Per piacereTom: da bravo.»
Cosìringhiandos'infilò le scarpe. Presto anche Mary fu prontae i treragazzi partirono per la scuola
domenicaleun posto che Tom odiava con tutto il cuore; mentre a Sid e a Marypiaceva da morire.
L'orario del catechismo era dalle nove alle dieci e mezzo; poi venivacelebrata la funzione religiosa. Due dei
ragazzi restavano sempre volontariamente per la predica; e anche l'altrorimaneva sempreper più validi motivi. Nei
banchi della chiesacon i loro alti schienali senza cuscinisi pigiavanocirca trecento persone; l'edificio era solo una
baraccapiccola e bruttacoronato da una specie di cassetta in legno dipino che fungeva da campanile. Sulla porta
Tom rimase indietro di qualche passo e si accostò a un compagno col vestitodella festa come lui:
«Di'Billhai un biglietto giallo?»
«Sì.»
«In cambio cosa vuoi?»
«Tu cosa mi dai?»
«Un pezzo di liquirizia e un amo.»
«Fa' vedere.»
Tom esibì la sua merce. Fu trovata soddisfacentee i beni cambiarono dimano. Poi Tom offrì un paio di biglie
bianche per tre biglietti rossie qualche altra cianfrusaglia per un paio diquelli blu. Attese al varco altri ragazziman
mano che arrivavanoe continuò a comprare biglietti di vari colori ancoraper dieci o quindici minuti. Poi entrò in
chiesacon uno stuolo di ragazze e di ragazzi puliti e rumorosiandò alsuo posto e attaccò briga col primo ragazzo che
gli venne a tiro. L'insegnanteun uomo anziano dall'aria graveinterferì;poi voltò le spalle per un attimoe Tom tirò i
capelli a un ragazzo nel banco più vicinoma era tutto preso dal suo libroquando il ragazzo si voltò indietro; piantò uno
spillo in un altro ragazzosubito dopoper sentirlo dire: «Ahi!»e siprese un'altra sgridata dal maestro. I compagni di
Tom non erano da meno: irrequietichiassosi e turbolenti. Quando andavano arecitare la lezionenon ce n'era uno che.11
sapesse a memoria i suoi versettio che arrivasse alla fine senza continuisuggerimenti. Bene o maleperòce la
facevanoe ciascuno di essi riceveva il suo premio in bigliettini bluchesopra avevano tutti un brano delle Scritture;
ogni biglietto blu era il premio per due versetti imparati a memoria. Diecibiglietti blu equivalevano a un biglietto rosso
col quale si potevano scambiare; dieci biglietti rossi ne valevano unogiallo; per dieci biglietti gialli il direttore donava
allo scolaro una Bibbia dalla rilegatura molto semplice (che in quei tempibeati valeva quaranta cent). Quanti dei miei
lettori avrebbero la forza e la costanza d'imparare a memoria duemilaversettianche per una Bibbia del Doré? Eppure
Mary aveva ottenuto due Bibbie in questo modo; era il paziente lavoro di dueanni: e un ragazzo di origine tedesca ne
aveva vinte quattro o cinque. Una volta recitò senza fermarsi tremilaversetti; ma lo sforzo al quale sottopose le sue
facoltà mentali era troppo grandee da allora in poi quel ragazzo non simostrò molto più sveglio di un idiota: una grave
disgrazia per la scuolaperché nelle grandi occasioni in cui c'erano degliospiti il direttore (come si esprimeva Tom)
aveva sempre costretto quel ragazzo a uscire dal banco e a «effondersi».Solo gli scolari più vecchi riuscivano a
conservare i biglietti e ad attendere assiduamente al loro tedioso lavoro peril tempo necessario a guadagnarsi una
Bibbiae così la consegna di uno di questi premi era un evento raro ememorabile; per quel giorno lo scolaro vittorioso
era così esimio e ragguardevole che l'animo di ogni suo compagnos'infiammava lì per lì di una novella ambizione che
spesso durava un paio di settimane. È possibile che lo stomaco mentale diTom non avesse mai veramente brontolato
per uno di quei premima era indiscutibile che tutto il suo essere da moltotemp o aspirava alla gloria e all
'élatche loaccompagnavano.
A tempo debito il direttore si piazzò davanti al pulpitocon un libro dipreghiere chiuso in mano e l'indice
inserito tra le paginee ordinò a tutti di fare silenzio. Quando ildirettore di una scuola domenicale fa il suo solito
discorsettoun libro di preghiere in mano non è meno necessariodell'inevitabile foglio di musica in mano alla cantante
che avanza sulla pedana per cantare un assolo durante un concerto: anche senon riesco a spiegarmene il motivo; dato
che né l'uno né l'altra consultano mai il libro o il foglio di musica.Questo direttore era un'asciutta creatura di
trentacinque annicon un pizzo biondiccio e corti capelli dello stessocolore; portava un colletto duro molto alto il cui
orlo superiore gli arrivava quasi alle orecchiee le cui punte aguzze sipiegavano in avanti agli angoli della bocca: uno
steccato che l'obbligava a guardare sempre diritto davanti a sée a giraretutto il corpo quando voleva guardare da una
parte. Il mento era adagiato su una cravatta ben stesache era larga e lungacome una banconota e aveva gli orli
pieghettati; le punte degli stivali erano rivolte all'insùsecondo la modadel momentocome i pattini di una slitta:
risultato che i giovanotti ottenevano con pazienza e con fatica sedendo perore e ore con le punte premute contro un
muro. Il signor Walters aveva un'aria serissimae in cuor suo era moltosincero e onesto; e aveva un rispetto così grande
per le cose e i luoghi sacrie così ben separati li teneva dalle questionimondaneche a sua insaputaquando parlava in
chiesala sua voce assumeva una particolare intonazione che era del tuttoassente nei giorni feriali. Cominciò in questa
maniera:
«Adessobambinivoglio vedervi tutti seduti ai vostri posti più diritti ecomposti che potetee voglio che per
un paio di minuti mi prestiate tutta la vostra attenzione. Eccocosì vabene. Questo è il modo in cui dovrebbero
comportarsi i buoni bambini e le buone bambine. Vedo una bambina che staguardando fuori della finestra: forse lei
crede che io sia là fuorimagari su uno di quegli alberi a fare un discorsoagli uccellini.» (Risolini di apprezzamento.)
«Voglio dirvi che sono proprio contento quando vedo tante faccine vispe epulite raccolte in un posto come questoper
imparare a comportarsi bene e a essere buoni.»
Ecceteraeccetera. Non occorre riferire il resto dell'orazione. Era di untipo che non cambia maied è perciò
familiare a tutti noi.
L'ultima parte del discorso fu guastata dalla ripresa di bisticci e di altripassatempi tra certuni dei ragazzi
cattivie da turbolenze e mormorii che dilagarono in tutta la chiesalambendo persino le basi di quelle rocce isolate e
incorruttibili che erano Sid e Mary. Ma ogni suono cessò di colpo quandotacque la voce del signor Walterse la
conclusione del discorso fu accolta da uno scoppio di muta gratitudine.
Buona parte dei mormorii erano stati provocati da un avvenimento che erapiuttosto raro: l'ingresso di alcuni
visitatori; l'avvocato Thatcheraccompagnato da un uomo molto fragile eanzianoda un prestante signore di mezza età
dall'aria distinta e con i capelli grigio ferroe da una signora dignitosache era senza dubbio la moglie di quest'ultimo.
La signora teneva per mano una bambina. Tom era stato molto irrequietopienod'insofferenza e di afflizionie
tormentato dalla sua coscienza: non riusciva a sostenere lo sguardo di AmyLawrencenon poteva sopportare i suoi
occhi innamorati. Ma quando vide la piccola nuova venutain un lampo la suaanima s'infiammò di gioia. Ancora un
attimoe stava «esibendosi» con tutta la sua forza: dando scappellotti aimaschitirando capellifacendo boccaccein
una parolausando ogni arte che gli sembrasse atta ad affascinare unabambina e a conquistarsi la sua simpatia. Il suo
giubilo aveva un solo freno: il ricordo dell'umiliazione subita nel giardinodi quell'angelo; e quell'impronta nella sabbia
stava rapidamente cancellandosi sotto le ondate di felicità dalle qualiveniva ora investita. Gli ospiti furono fatti
accomodare nel posto d'onore e il signor Walterscom'ebbe finito il suodiscorsoli presentò alla scolaresca. Si venne
allora a sapere che l'uomo di mezza età era un personaggio favoloso:nientepopodimeno che il giudice di contea: tutto
consideratola creatura più augusta che quei bambini avessero mai visto; ei bambini si chiedevano di che stoffa fosse
fatto; e avevano una mezza voglia di sentirlo ruggiree anche una mezzapaura che potesse farlo per davvero. Veniva da
Constantinoplea una ventina di chilometri da lì: aveva dunque viaggiato evisto il mondo; con quegli occhi aveva
contemplato il palazzo di giustizia della conteache - dicevano - aveva iltetto di lamiera. Il timore reverenziale che
ispiravano queste riflessioni era attestato dal silenzio impressionante edalle file di occhi sgranati. Quello era il grande
giudice Thatcheril fratello del loro avvocato. Jeff Thatcher si fece subitoavanti per familiarizzare col grand'uomo e per.12
farsi invidiare dai compagni. Se avesse potuto sentire i commenti che siscambiavano sottovoceli avrebbe trovati più
dolci di qualsiasi musica.
«GuardaloJim!sta andando da loro. Ehiguarda!sta per stringergli lamano; gli
sta stringendola mano.Accidentinon vorresti essere al suo posto?»
Il signor Walters si «esibì» con gesti e atteggiamenti ufficiali di ognigeneredando ordinitrinciando giudizi
impartendo direttive qualàe ovunque trovasse un obiettivo. Ilbibliotecario si «esibì» correndo su e giù con le braccia
piene di libri e facendo una grande quantità di quell'inutile chiasso chetanto piace alle piccole autorità. Le giovani
maestre si «esibirono» chinandosi dolcemente sugli alunni che poco prima
avevano preso a scapaccionialzando ditini ammonitori davanti ai bambinicattivi e dando affettuosi buffetti a quelli
buoni. I giovani maestri si «esibirono» con ramanzine e altre piccoledimostrazioni di autorità e di profondo rispetto per
la disciplina; e quasi tutti gli insegnantimaschi e femminescoprirono didover consultare qualche libro nella biblioteca
accanto al pulpito; e si trattava di consultazioni che spesso dovevano essereripetute anche due o tre volte di seguito
(con apparente contrarietà da parte loro). Le bambine si «esibivano» invari modi e i bambini si «esibivano» con tanta
diligenza che l'aria era piena di palline di carta e dello scalpiccio deiloro piedi. E sopra tutto questo troneggiava il
grand'uomodegnando tutto e tutti di un giuridico sorriso raggiante emaestosoe scaldandosi al sole della propria
grandezzaperché anche lui stava «esibendosi». C'era solo una cosa chemancava per rendere completa l'estasi del
signor Waltersed era la possibilità di consegnare una Bibbia in premio emettere in mostra uno dei suoi prodigi.
Parecchi alunni avevano dei biglietti giallima nessuno ne aveva abbastanza:come il signor Walters aveva potuto
constatare interrogando gli alunni migliori. Avrebbe dato un occhioin quelmomentoper riavere quel ragazzo tedesco
con la testa a postosi capisce.
E in quel preciso momentoquando sembrava che ogni speranza fosse vanaTomSawyer si avanzò con nove
biglietti giallinove biglietti rossi e dieci blue chiese la Bibbia chegli era dovuta! Fu come un fulmine a ciel sereno.
Almeno per altri dieci anni Walters non si sarebbe aspettato un'istanza daquella fonte. Ma c'era poco da obiettare: il
conto tornavae i biglietti erano autentici. Tom fu perciò innalzato allostesso rango del giudice e degli altri elettie la
grande notizia fu annunciata dal quartier generale. Fu la sorpresa piùgrande degli ultimi dieci anni; e così profonda fu
la sensazione che il nuovo eroe si trovò catapultato alla stessa altezza delgiudicee la scolaresca ebbe da contemplare a
bocca aperta due prodigi in luogo di uno. Tutti i ragazzi erano divoratidall'invidia; ma quelli che ne sentivano i morsi
più dolorosi erano quelli che si erano accorti troppo tardi di averepersonalmente contribuito a quell'odioso trionfo
cedendo i biglietti a Tom in cambio delle ricchezze da lui accumulate con lavendita del privilegio d'imbiancare lo
steccato. Questi ragazzi si disprezzavano per essere stati gabbati da unoscaltro truffatoreda un astuto serpente in
agguato tra l'erba.
Il premio fu consegnato a Tom con tutto l'entusiasmo che il direttore riuscìa suscitaredate le circostanze; ma
era un entusiasmo un po' povero di sinceritàperché l'istinto di quelpovero diavolo gli diceva che lì c'era un mistero
impossibile da svelareforse; era semplicemente assurdo che
quelragazzo avesse ammassato nelsuo granaio duemilacovoni di biblica sapienza: una dozzina sarebbero bastati a esaurire la suacapacità. Amy Lawrence era fiera e felicee
cercava di costringere Tom a guardarla in faccia; ma lui non voleva. Labambina non capiva perché; quindi se ne
afflissesolo un po'; poi un vago sospetto la prese e la lasciòperritornare; allora studiò la situazionee un'occhiata
furtiva le disse tutto: si sentì spezzare il cuorefu presa da una furiosagelosiapoi gli occhi le si empirono di lacrime e
la bambina odiò il mondo intero; Tom più di tutticredeva.
Tom venne presentato al giudice; ma aveva la lingua legatastentava arespiraregli batteva il cuore: un po' per
la terribile grandezza di quell'uomoma soprattutto perché era il padre di
lei.Avrebbe voluto cadere in ginocchio eprosternarsi davanti a luise fosse stato buio. Il giudice gli mise una manosulla testa e disse che era proprio un bravo
omettoe gli chiese come si chiamava. Il ragazzo balbettòboccheggiò edisse il proprio nome.
«Tom.»
«Ohnonon Tom... È...»
«Thomas.»
«Ahcosì va bene. Io credevo che fosse un po' più lungoperò. Questo vabenissimo. Ma oso dire che dovresti
averne un altroe tu me lo diraivero?»
«Di' al signore l'altro tuo nomeThomas»disse Walters«e nondimenticare il "signore". Cerchiamo di
comportarci beneeh?»
«Thomas Sawyer... signore.»
«Così va bene! Sei un ragazzo in gamba. Proprio in gambaun vero ometto.Duemila versetti non sono una
bazzecola: no davvero. Ma non ti pentirai mai della fatica che hai fatto perimpararli; perché la sapienza vale più di ogni
altra cosa al mondo; è lei che fa gli uomini grandi e buoni; anche tuungiornoThomassarai un uomo grande e buono
e allora ti volterai indietro e dirai: tutto merito dei preziosi privilegidella scuola domenicale della mia infanzia; tutto
merito dei miei cari maestri che mi hanno insegnato a studiare; tutto meritodel bravo direttoreche mi ha incoraggiato
che ha vegliato su di mee che mi ha dato una bellissima Bibbiauna Bibbiasplendidaeleganteda tenere e da avere
tutta per mesempre; tutto merito della buona educazione! Ecco quello chediraiThomas; e nulla al mondo allora ti
parrà più prezioso di quei duemila versetti: no davverote lo assicuro. Eora ti spiacerebbe dire a me e a questa signora
alcune delle cose che hai imparato? Nolo so che non ti spiacerebbe: perchénoi siamo fieri dei bambini che studiano e
imparano. Eccotu conosci senza dubbio i nomi dei dodici apostoli. Non vuoidirci i nomi dei primi due che furono
scelti dal Signore?».13
Tom stava tirandosi un bottone e aveva un'aria piuttosto impacciata. Poiarrossì e abbassò gli occhi. Il signor
Walters si sentì mancare. Si disse: È impossibile che questo ragazzo sappiarispondere alla più semplice delle
domande... Perché il giudice ha voluto interrogarlo? Tuttavia si sentìcostretto a intervenire e disse:
«Rispondi al signoreThomas: non aver paura.»
Ma Tom rimase muto come un pesce.
«Viasono sicura che a
me lodirai»disse la signora. «I nomi dei primi due discepoli erano...»«Davide e Golia!»
Tiriamo sul resto della scena il sipario della carità.
CAPITOLO V
Verso le dieci e mezzo la campana incrinata della chiesetta cominciò asuonaree poco dopo la gente prese a
radunarsi per la predica del mattino. Gli alunni della scuola domenicale sisparpagliarono nella chiesa e andarono a
sedersi nei banchi con i genitoriche così potevano sorvegliarli. Zia Pollyarrivòe TomSid e Mary sedettero con lei
Tom nel posto più vicino al passaggio centraleper poter essere il piùlontano possibile dalla finestra aperta e dalle
seducenti visioni estive che si potevano godere là fuori. La folla sfilavasotto la navata; il vecchio e povero ufficiale
postaleche aveva visto tempi migliori; il sindaco e sua moglie: perchéc'era anche un sindacolàtra le altre cose
superflue; il giudice di pace; la vedova Douglasbiondaelegante equarantenneanima generosaricca e di buon cuore
con una villa in collina che era l'unico palazzo del paesee il piùospitale equanto a ricevimentidi gran lunga il più
sontuoso che St. Petersburg potesse vantare; il curvo e venerabile maggioreWard con la moglie; l'avvocato Riversonil
nuovo notabile venuto da fuori; poi la bella del paeseseguita da unaschiera di giovani rubacuori vestite di batista e
adorne di nastri; poiin massatutti i giovani impiegati del paeseche sierano fermati nel vestibolo a succhiare il pomo
del bastoneformando un muro circolare d'impomatati e melensi ammiratorifinché l'ultima ragazza era passata sotto le
loro forche caudine; e ultimissimo veniva il ragazzo modelloWillieMuffersonprendendosi della madre la stessa cura
che avrebbe avuto se la donna fosse stata di vetro. Accompagnava sempre suamadre in chiesa ed era l'orgoglio di tutte
le signore. Tutti i ragazzi l'odiavanotanto era buono; e anche perchéglielo avevano tanto «sbandierato sotto il naso».
Come sempre la domenicadalla tasca posteriore gli pendeva - puro caso - ilfazzoletto bianco. Tom non aveva il
fazzoletto e considerava degli snob i ragazzi che lo avevano. Quando i fedelifurono entrati tuttila campana suonò
ancora una voltaper avvertire i pigri e i ritardataripoi nella chiesacadde un rispettoso silenzio rotto solo dalle risatine
soffocate e dal brusio del coro nella galleria. Il coro ridacchiava eparlottava per tutta la funzione. C'era una volta il coro
di una chiesa che non dava prova di maleducazionema ho dimenticato dovefosse. Fu tantissimi anni fae me ne
ricordo a malapenama credo fosse in un paese straniero.
Il pastore indicò l'inno e lo lesse di gusto fino in fondocon uno stiletutto suo che era molto ammirato in
quelle contrade. La sua voce cominciava in tono medioe saliva di continuofino a un certo puntodove si appoggiava
con grande enfasi alla parola più elevatae da lì si buttava a capofittocome da un trampolino.
Sarò portato in cielosu un morbido
letto|
di rose.
Mentr'altri lotta e sanguinatra l
'onde|
procellose?
Era considerato un magnifico lettore. Nelle feste che si davano in chiesa erasempre invitato a leggere poesie; e
quando aveva finitole signore alzavano le mani e se le lasciavano caderelanguidamente in gremboe «strabuzzavano
gli occhi»e crollavano il capo come per dire: «Le parole non possonoesprimerlo; è troppo bello
troppobello perquesta terra mortale.»
Cantato l'innoil reverendo Sprague si trasformò in una bacheca e lesse«avvisi» di riunioniadunanze e così
via fino a dar l'impressione che la lista si prolungasse fino al giorno delgiudizio: strana abitudinesempre in voga in
Americanei paesini e nelle grandi cittàanche in quest'epoca di giornalia profusione. Accade spesso che una tradizione
si dimostri tanto più resistente quanto meno giustificabile risulti.
Poi il pastore pregò. Buona e generosa era quella preghierae nondisdegnava di entrare nei particolari;
chiedeva misericordia per la Chiesa e per i figlioletti della Chiesa; per lealtre chiese del villaggio; per il villaggio in sé;
per la contea; per lo Stato; per i funzionari dello Stato; per gli StatiUnitiper le chiese degli Stati Uniti; per il
Congresso; per il Presidente; per i membri del Governo; per i poveri marinaisballottati da mari tempestosi; per i
milioni di oppressi che gemevano sotto il tallone delle monarchie europee edei dispotismi orientali; per coloro che
hanno la luce e la buona novellama non occhi per vedere né orecchie perudire; per i pagani nelle remote isole
oceaniche; e chiudeva con l'augurio che le parole che il pastore stava perpronunciare potessero incontrare benevolenza
e simpatiaed essere come il seme gettato su un terreno fertileche a tempodebito avrebbe fruttato una messe di bontà..14
Amen.
Si udì un frusciare d'indumentie i fedeli si misero a sedere. Il ragazzodi cui narra la storia questo libro non
apprezzò la preghieralimitandosi a sopportarla... se arrivò a tanto. Siagitò per tutta la sua durata; tenne conto dei suoi
particolariinconsciamente: perché non ascoltavama conosceva benissimo ilterreno e il percorso che vi tracciava il
sacerdote; e quando la preghiera veniva lardellata di qualche insignificantenovitàil suo orecchio la coglieva e la sua
interna natura se ne risentiva; ogni aggiunta gli sembrava ingiusta ecanagliesca. Nel bel mezzo della preghiera una
mosca si era posata sullo schienale del banco davanti al suoe torturava ilsuo spirito strofinandosi con calma le
zampine; abbracciandosi la testa con le zampe e lisciandosela con tantovigore da dar quasi l'impressione che volesse
staccarsela dal corpo; ed era ben visibile il peduncolo esilissimo del collo;grattandosi le ali con le zampe posteriori e
stirandosele sul corpo come se fossero state le code di un frac; facendo finoin fondo la sua toeletta con la stessa
tranquillità di chi sapesse di trovarsi perfettamente al sicuro. E al sicuroera davvero; infattiper quanto gli prudessero le
mani dalla voglia di agguantarlaTom non aveva il coraggio di farlo;persuaso com'era che la sua anima sarebbe stata
incenerita in un baleno se avesse osato fare una cosa simile mentre si stavarecitando la preghiera. Ma con l'ultima frase
la sua mano cominciò a descrivere una curva e ad avanzare furtivamente; enell'attimo in cui fu intonato l'«Amen» la
mosca scoprì d'essere prigioniera di guerra. Ma la zia notò il gesto e locostrinse a lasciarla andare.
Il pastore annunciò il suo brano e si mise a illustrare con voce monotona unargomento così noioso che di lì a
poco molte teste cominciarono a ciondolare: e pensare che era un argomentoche parlava di zolfo e fuoco eternoe che
riduceva la schiera degli eletti e dei predestinati a una compagnia cosìristretta da non valer quasi la pena di salvarli.
Tom contava le pagine del sermone; dopo la funzione religiosa sapeva semprequante pagine erano state lettema era
molto raro che ricordasse qualcosa del contenuto. Questa voltatuttaviaprovò per qualche tempo un autentico
interesse. Il pastore tracciò un quadro grandioso e commoventedell'incontroall'inizio del millenniodelle moltitudini
che popolano il mondoquando il leone e l'agnello dovrebbero giacere insiemee a guidarli dovrebbe essere un bambino.
Ma il pathosla lezionela morale del grande spettacolo sfuggivano alragazzo; che pensava solo al prestigio del
protagonista davanti alle nazioni spettatrici; a quel pensiero s'illuminò involtoe si disse che avrebbe tanto voluto
essere luiquel bambinose il leone era addomesticato per davvero.
Poiquando il pastore tornò al suo arido argomentoTom riprese a soffrire.Dopo un po' si mise a pensare al
tesoro che possedevae lo tirò fuori. Era un grosso scarafaggio con duemandibole colossali: un «pizzicone»come lo
chiamava lui. Lo teneva in uno scatolino per capsule da scacciacani. La primacosa che fece l'insetto fu pizzicarlo al
dito. Naturalmente ne seguì uno schioccoe l'insetto volò nel passaggiotra i banchidove atterrò sul dorsomentre il
dito pizzicato finiva nella bocca del ragazzo. L'insetto giaceva là perterra agitando vanamente le zampinesenza
riuscire a raddrizzarsi. Tom lo guardava di sottecchi e avrebbe volutorecuperarloma l'insetto era fuori della sua
portata. Altra genteannoiata dal sermonesi distrasse guardando l'insettodi cui prese a seguire i movimenti.
Poco dopo arrivò pigramente un barboncino vagabondotriste e impigrito dalsilenzio e dal languore
dell'estatestanco della sua condizione di schiavoavido di novità.Avvistò lo scarafaggio; la coda penzolante si alzò e
si mise a scuotersi. Il cane scrutò la preda; le girò attorno; la fiutòrimanendo a distanza di sicurezza; tornò a girarle
attorno; prese animo e la fiutò più da vicino; quindi arricciò le labbra efece un cauto tentativo di azzannarla
mancandola di poco; ne fece un altroe un altro; cominciò a godersi ildiversivo; si distese sullo stomaco con l'insetto
tra le zampe e tornò ai suoi esperimenti; alla fine si stancòdivennedistratto e indifferente. La testa cominciò a
ciondolarglie a poco a poco il suo mento si abbassò fino a toccare ilnemicoche vi si aggrappò. Si udì uno stridulo
guaitoil barboncino scosse la testa e lo scarafaggio cadde a un paio dimetri di distanzaatterrando ancora una volta sul
dorso. Gli spettatori più vicini sussultarono garbatamente d'ilaritàinterioreparecchie facce si nascosero dietro ventagli
e fazzolettie Tom provò un senso di totale appagamento. Il cane avevaun'aria scioccae sciocco probabilmente si
sentiva; ma nel suo cuore c'era del risentimentoe anche un desiderio divendetta. Allora si accostò allo scarafaggio e
riprese cautamente ad attaccarlo; saltandogli addosso da ogni punto di uncerchioatterrando con le zampe anteriori a
meno di tre centimetri dall'insettofacendosi ancora più vicino neltentativo di prenderlo tra i dentie scuotendo la testa
con le orecchie penzoloni. Ma dopo qualche tempo si stancò ancora una volta:provò a divertirsi con una moscama la
distrazione durò poco; seguì una formicacol naso rasente il pavimentoepresto se ne stancò; sbadigliòsospirò
dimenticò tutto dello scarafaggioe si accovacciò sopra di lui! Si udìallora un selvaggio guaito di doloree il barbone
sfrecciò sotto la navata; i guaiti non cessaronocome non smise digaloppare il cane; che di corsa passò davanti all'altare
e imboccò l'altra corsia; passò davanti alle porte; schiamazzando fu indirittura d'arrivo; più correvapiù cresceva il suo
spasimofino a quandodopo un po'non fu altro che una lanosa cometa cheorbitavasfolgorantealla velocità della
luce. Finalmente il frenetico infelice deviò dalla sua rotta e d'un balzo fuin grembo al suo padrone; che lo buttò fuori
della finestradove la voce dell'angoscia si assottigliò e scomparve inlontananza.
Ma ormai tutti i fedeli erano rossi in viso e mezzi soffocati dalle risa chesi sforzavano di tratteneree il
sermone era a un punto morto. Poco dopo il discorso fu ripresoma proseguìdebole ed esitanteessendo venuta meno
ogni possibilità d'impressionare la gente; infattianche le parole piùsolenni venivano ormai accolte da scoppi soffocati
di empia ilaritàal riparo del lontano schienale d'un bancocome se ilpovero curato avesse detto una battuta
straordinariamente spiritosa. Fu un sollievo genuino per tutti i fedeliquando la dura prova terminò e il prete impartì la
benedizione.
Tom Sawyer andò a casa molto allegropensando tra sé che anche nellefunzioni religiose c'era qualche
soddisfazione quando erano ravvivate da un po' di varietà. Solo un pensieroguastava la sua gioia; d'accordo che il cane
giocasse col suo «pizzicone»ma non gli pareva giusto che dovesserubarglielo a quel modo..15
CAPITOLO VI
Il lunedì mattina sorprendeva Tom Sawyer in un abisso d'infelicità. Semprein quelle condizioni lo trovava la
mattina del lunedìperché era soltanto l'inizio delle interminabilitorture di un'altra settimana di scuola. Generalmente
cominciava la giornata rammaricandosi di aver fatto vacanza; perché eraquella a rendergli tanto più odioso il ritorno
alle pastoie della schiavitù.
Disteso nel suo lettoTom pensava. Poco dopo gli frullò l'idea che avrebbevoluto essere malato; così avrebbe
potuto stare a casa da scuola. C'era una vaga possibilità. Esaminò a fondoil suo organismo. Non trovando alcuna
malattiariprese le sue investigazioni. Questa volta gli parve di poterriscontrare i sintomi di una colicae
fiduciosamente prese a incoraggiarli. Prestoinvecesi attenuarono fino asparire del tutto. Tom tornò a sprofondarsi
nelle sue meditazioni. A un tratto qualcosa scoprì. Gli ballava uno deidenti superiori. Questo sì che era un colpo di
fortuna; stava per cominciare a lamentarsicome «aperitivo»come dicevaluiquando gli venne in mente chese si
fosse presentato in tribunale con quell'argomentosua zia gli avrebbe toltoil dentee questo era tutt'altro che piacevole.
Pensò allora di tenere il dente di riservaper il momentoe di cercare inaltre direzioni. Per un po' non trovò nientepoi
ricordò di aver sentito il dottore parlare di una certa cosa che obbligavail paziente a stare a letto due o tre settimane e
che minacciava di fargli perdere un dito. Allora il ragazzo tirò fuori dasotto il lenzuolo il dito del piede che gli faceva
male e lo alzò per esaminarlo. Non conoscevapurtroppoi sintominecessari. Gli parvetuttaviache valesse la pena di
tentareperciò si mise a gemere con notevole energia.
Ma Sid continuava a dormiresenz'accorgersi di niente.
Tom gemette più fortee gli parve di cominciare a sentire un certo doloreal dito.
Nessuna reazione da parte di Sid.
Questa volta Tom ansimava per lo sforzo. Si riposòpoi tornò a gonfiare ipolmoni ed emise una serie di gemiti
riuscitissimi.
Sid continuava a russare.
Tom era seccato. Disse: «SidSid!» e lo scosse. Questa tattica funzionòbenee Tom riprese a lamentarsi. Sid
sbadigliòsi stiròpoisbuffandosi sollevò su un gomito e cominciò aguardare Tom. Tom continuò a gemere. Sid
disse:
«Tom! EhiTom!»
Nessuna risposta.
«Tomdico a te! Tom! Cos'haiTom?» E lo scossee lo guardò ansiosamentein faccia.
Tom gemette:
«OhnoSid. Non sballottarmi così.»
«Perché? Cos'haiTom? Devo chiamare la zia?»
«Nonon importa. Forse tra poco passerà. Non chiamare nessuno.»
«Ma devo farlo! Non gemere cosìTomè terribile. Da quanto tempo sei inquesto stato?»
«Ore. Ahi! Ohnon scuotermi cosìSid. Mi fai morire.»
«Tomperché non mi hai svegliato prima? OhTomno! A sentirti mi vienela pelle d'oca. Tomcos'hai?»
«Ti perdono ogni cosaSid.» (Gemito.) «Tutto quello che mi hai fatto.Quando non ci sarò più...»
«OhTomnon stai per morireeh? NoTom. Ohno. Forse...»
«Perdono tuttiSid.» (Gemito.) «DiglieloSid. ESidda' il mio telaiodi finestra e il mio gatto con un occhio
solo a quella bambina nuova che è arrivata in paesee dille...»
Ma Sid aveva afferrato i suoi vestiti ed era scappato via. Ormai Tom soffrivaveramentetanto bene lavorava la
sua immaginazionee così i suoi lamenti avevano acquistato un tonoassolutamente genuino.
Sid corse giù e disse:
«Ohzia Pollyvieni! Tom sta morendo!»
«Morendo?»
«Sìzia. Non perdiamo tempovienipresto!»
«Sciocchezze! Non ci credo!»
Ciò nonostante si precipitò di sopracon Sid e Mary alle calcagna. E ancheil suo viso era impalliditoe le
tremavano le labbra. Quando fu al suo capezzale disseboccheggiando:
«EhiTom! Tomcos'hai?»
«Ohziettaio...»
«Cos'hai? Parla! Cos'haibamb ino mio?»
«Ohziettail dito malato sta andandomi in cancrena!»
La vecchia signora si lasciò cadere su una sedia e rise un po'poi pianseun po'poi fece entrambe le cose
insieme. Questo valse a calmarlapoi lei disse:
«Tomche spavento mi hai fatto prendere. Ora smettila con quellesciocchezze e salta fuori dal letto.»
I gemiti cessarono e il dolore svanì dal dito. Il ragazzo si sentiva un po'scioccoe disse:
«Zia Pollysembrava proprio in cancrenae mi faceva così male che nonsentivo neanche più il dente.».16
«Il dentesìdavvero! Si può sapere cos'haoraquesto dente?»
«Ce n'è uno che ballae mi fa un male da morire.»
«Calmacalmanon ricominciare a lamentarti. Apri la bocca. Be'sìhaiun dente che si muovema non
morirai per questo. Maryportami un filo di setae tizzone ardente dallacucina.»
Tom disse:
«Ohti pregoziettanon me lo strapparenon mi fa più male. Che nonpossa più muovere un dito se non è
vero. Ti pregonozietta non voglio stare a casa da scuola.»
«Ahnoeh? Così hai fatto tutta questa commedia per restare a casa dascuola e andare a pesca? TomTomio
ti voglio tanto benee tu sembri far di tutto per spezzare il mio vecchiocuore con la tua immoralità.»
A questo punto gli strumenti del dentista erano pronti. La vecchia signoraassicurò un capo del filo di seta con
un nodo scorsoio al dente di Tom e legò l'altro alla colonna del letto. Poiprese il tizzone ardente e all'improvviso lo
gettò quasi in faccia al ragazzo. Ora il dente dondolava appeso alla colonnadel letto.
Ma tutti i triboli hanno il loro compenso. Quando andò a scuola dopocolazioneTom era l'invidia di ogni
ragazzo che incontravaperché il buco nella fila dei denti superiori glipermetteva di espettorare in un nuovo e
ammirevole modo. Raccolse un bel codazzo di ragazzi interessatiall'esibizione; e uno che si era tagliato un dito e che
era stato al centro del rispetto e dell'ammirazione di tutti fino a quelmomento ora si trovò all'improvviso senza un solo
seguacee defraudato della sua gloria. Aveva il cuore pesantee alloradissecon un disdegno che non provavache
sputare come Tom Sawyer era una cosa da nulla; ma un altro ragazzo disse:«Uva acerba!» e lui si allontanòeroe
abbattuto dal suo piedistallo.
Poco dopo Tom s'imbatté nel giovane paria del paeseHuckleberry Finnfiglio dell'ubriacone del paese.
Huckleberry era cordialmente odiato e temuto da tutte le madri del paeseperché era pigrovolgarecattivo e totalmente
irrispettoso della legge; e anche perché tutti i loro figli lo ammiravanotantoe si divertivano - contro tutti i divieti - a
frequentarloe avrebbero voluto avere il coraggio di essere come lui. Tomera come il resto dei ragazzi rispettabili in
quanto invidiava a Huckleberry la sua vistosa condizione di reiettoe avevaordini severissimi di non giocare con lui.
Per questo giocava con lui ogni volta che ne aveva l'occasione. Huckleberryera sempre vestito con gli abiti smessi di
uomini adultiche fiorivano perennemente di stracci svolazzanti. Il cappelloera un vasto relitto con un'ampia
mezzaluna ritagliata dalla tesa; la giaccaquando ne aveva una da portaregli arrivava quasi ai calcagnie aveva i
bottoni posteriori sul sedere; una sola bretella gli reggeva i calzoni; ilfondo dei quali era cascante e non conteneva
nulla; le gambe sfrangiatese non erano rimboccatestrascicavano nellapolvere. Huckleberry andava e veniva di sua
spontanea volontà. Col bel tempo dormiva sui gradini delle casee in unabotte vuota quando pioveva; non doveva
andare né a scuola né in chiesané dare del padrone a nessunonéobbedire a nessuno; poteva andare a pescare o a
nuotare quando e dove gli parevae starci tutto il tempo che voleva; nessunogli proibiva di fare a pugni; poteva stare
alzato quanto gli pareva; era sempre il primo ragazzo ad andare a piedi nudiin primavera e l'ultimo a rimettersi le
scarpe in autunno; non doveva mai lavarsiné indossare abiti puliti; potevadire tutte le parolacce che voleva. In una
parolatutto ciò che serve a rendere piacevole la vitaquel ragazzo cel'aveva. Così pensava ogni ragazzo perbene di St.
Petersburgperbene ma oppresso e tartassato. Tom salutò il romanticoproscritto:
«CiaoHuckleberry!»
«Ciaocome va la vita?»
«Cos'hai lì?»
«Un gatto morto.»
«Fammelo vedereHuck. Accidenticom'è rigido. Dove lo hai preso?»
«Comprato da uno.»
«Cosa gli hai dato?»
«Un biglietto blu e una vescica trovata al mattatoio.»
«Dove l'hai preso il biglietto blu?»
«Comprato da Ben Rogers due settimane fa per un bastone da cerchio.»
«Di': a che servono i gatti mortiHuck?»
«A che servono? A mandare via i porri.»
«No! Davvero? Io conosco un sistema migliore.»
«Non ci credo. Che roba è?»
«Ma comel'acqua marcia.»
«L'acqua marcia! Non darei un soldo bucato per l'acqua marcia.»
«Ahno? L'hai mai provata?
«Noio no. Ma Bob Tanner sì.
«Chi te l'ha detto?»
«Be'lui l'ha detto a Jeff Thatchere Jeff l'ha detto a Johnny BakereJohnny l'ha detto a Jim Hollise Jim l'ha
detto a Ben Rogerse Ben l'ha detto a un negroe il negro l'ha detto a me.Ecco!»
«E con questo? Sono tutti bugiardi. Tuttialmenotranne il negro: quellonon lo conosco. Ma non ho mai visto
un negro che non contasse frottole. Scemenze! Ora dimmi come ha fatto BobTannerHuck.»
«Be'ha ficcato la mano in un ceppo marcio dove c'era dell'acqua piovana.»
«Di giorno?
«Certamente.».17
«Con la faccia rivolta al ceppo?»
«Sìalmeno credo.»
«Ha detto qualcosa?»
«Non credonon lo so.»
«Aha! Come si fa a curarsi i porri con l'acqua marcia in un modo cosìidiota! Ma comecosì non serve a niente.
Devi andare da solo in mezzo al boscodove sai che c'è un ceppo con l'acquamarciae quand'è mezzanotte ti avvicini al
ceppo con le spalle voltatemetti la mano dentro e dici:
Chicco d'orzochicco d'orzol'indiano fa lo gnorri
Acqua marciaacqua marciaingoia questi porri
e poi ti allontani in frettadi undici passicon gli occhi chiusie poifai tre giri su te stesso e vai a casa senza parlare con
nessuno. Perché se parli lo scongiuro non funziona.»
«Be'mi sembra un buon sistema; ma Bob Tanner non ha fatto così.»
«Nossignorepuoi scommetterci che non ha fatto cosÏ; perché in tutto ilpaese non c'è un ragazzo che abbia più
porri di lui; e non ne avrebbe unose avesse saputo usare l'acqua marciacome si deve. Iocosìmi sono tolto migliaia di
porri dalle maniHuck. Gioco tanto con le rane che ne ho sempre moltissimi.Certe volte li faccio sparire con un
fagiolo.»
«Sìil fagiolo funziona. L'ho fatto anch'io.»
«Sì? Tu come fai?»
«Prendi il fagiolo e lo spacchie tagli il porro perché butti un po' disanguee poi metti il sangue su un pezzo
del fagioloe scavi un buco e lo seppellisci verso mezzanotte al croceviaquando non c'è la lunae poi bruci il resto del
fagiolo. Vediil pezzo col sangue sopra continua a tirareperché vuoletornare insieme all'altro pezzoe così aiuta il
sangue a risucchiare il porroche presto viene via.»
«SìHuckè vero: è vero; peròquando lo seppelliscise dici:"Giù fagioloporro via; se ne vada e così sia!" è
meglio. Questo è il sistema usato da Joe Harperche è stato quasi aCoonvillee quasi dappertutto. Ma di' un po': come
li curitucoi gatti morti?»
«Beprendi il gatto e vai al cimiteroverso mezzanottequando hannoseppellito un poco di buono; e quand'è
mezzanotte arriva un diavoloo magari anche due o tresolo che non sivedonosi sente solo qualcosa come il ventoo
forse sono loro che parlano; e quando portano via quel talegli tiri dietroil gatto e dici: "Diavolo segui il cadaveregatto
segui il diavoloporro segui il gatto. Fra noi dueè finita!" Conquesto sistema va via qualunque porro.»
«Sembra buono. L'hai mai provatoHuck?»
«Noma me l'ha detto la vecchia mamma Hopkins.»
«Be'allora dovrebbe funzionareperché dicono che è una strega.»
«Dicon
o! Ma comeTomloso io che è una strega. È lei che ha stregato mio padre. Lo dice anche lui. Ungiorno l'ha incontratae ha visto che lo stava stregandoallora ha preso unsassoe se lei non lo schivavala prendeva.
Be'proprio quella notte è caduto giù dalla tettoia dov'era distesoubriacoe s'è rotto il braccio.»
«Ma è terribileaccidenti. Come faceva a sapere che lei lo stavastregando?»
«Diolo capisce subitomio padre. Lui dice che quando continuano afissarti cosìsenza mai toglierti gli occhi
di dossoallora ti stanno stregandosoprattutto se borbottano qualcosa.Perché quando borbottano cosìstanno dicendo
il paternostro all'incontrario.»
«Di'Huckyquando vai a provarloil gatto?»
«Stanotte. Stanotte credo che verranno a prendere il vecchio HossWilliams.»
«Ma l'hanno sepolto sabatoHuck. Non l'avranno preso sabato notte?»
«Che cavolo stai dicendo? Come potevano funzionarei loro incantesimifinoa mezzanotte? E poi era
domenica. I diavoli non sguazzano mica tanto la domenicadirei.»
«Non ci avevo pensato. È vero. Posso venire con te?»
«Certo: se non hai paura.»
«Paura! Sarà difficile. Mi fai un miagolio sotto la finestra?»
«Sìe tu rispondi nello stesso modose è possibile. L'ultima volta mihai tenuto a miagolare fino a quando il
vecchio Hays si è messo a tirarmi dei sassie a dire: "Quel gattodella malora!" Allora gli ho tirato un mattone nella
finestra: ma non dirlo.»
«No. Quella notte non potevo miagolare perché la zia mi sorvegliava; mastavolta miagolerò. Di'Hucke
quella che roba è?»
«Nient'altro che una zecca.»
«Dove l'hai trovata?»
«Nei boschi.»
«Cosa vuoi in cambio?»
«Non so. Non voglio venderla.»
«D'accordo. È una zecca ben piccolacomunque.»
«Ohtutti sono capaci di sparlare di una zecca quando non appartiene aloro. Io mi contento. Per me è una
zecca più che sufficiente.».18
«E poiguardadi zecche ce n'è tante. Potrei averne millese volessi.»
«E allora perché non le hai? Perché sai benissimo che è impossibile. Èancora molto prestoper le zecche. È la
prima che ho vistoquest'anno.»
«Di'Huckti do in cambio il mio dente.»
«Vediamo.»
Tom tirò fuori un pezzo di carta e lo svolse con cura. Huckleberry lostudiò con aria pensierosa. La tentazione
era fortissima. Finalmente disse:
«È genuino?»
Tom si tirò su il labbro e gli mostrò il buco.
«Be'd'accordo»disse Huckleberry; «affare fatto.»
Tom chiuse la zecca nella scatolina per cartucce che era stata la prigionedel «pizzicone»e i ragazzi si
separaronociascuno dei due sentendosi più ricco di prima.
Quando Tom raggiunse la baraccapiccola e isolatache fungeva da scuolavientrò speditamentecon l'aria di
chi ci ha messo meno tempo che poteva. Attaccò il cappello a un piolo e sigettò nel bancoalacre e solerte. Il maestro
troneggiante lassù nella sua poltrona sfondatastava sonnecchiandocullatodal maleodorante brusio della scolaresca.
L'interruzione lo svegliò:
«Thomas Sawyer!»
Tom sapeva che quando il suo nome veniva pronunciato per intero era segno diguai.
«Signore!»
«Venga qui. Dunquesignoreperché lei è di nuovo in ritardocomesempre?»
Tom stava per rifugiarsi in una bugiaquando vide due lunghe trecce dicapelli biondi penzolanti su una
schiena chemosso dall'elettrica simp atia dell'amorericonobbe subito; evicino a quel banco c'era
l'unicoposto liberodalla parte delle bambine. Disse istantaneamente:
«Mi sono fermato a parlare con Huckleberry Finn!»
Il cuore del maestro si fermòe il suo sguardo confuso si perse nel vuoto.Il brusio della scolaresca
s'interruppe; gli scolari si stavano chiedendo se quel temerario era uscitodi senno. Il maestro disse:
«Lei... Lei ha fatto... Cosa?»
«Mi sono fermato a parlare con Huckleberry Finn.»
Impossibile attribuire alle parole un diverso significato.
«Thomas Sawyerquesta è la confessione più sbalorditiva che mi sia maicapitato di sentire; non basterà la
ferula a lavare quest'offesa. Si tolga la giacca.»
Il braccio del maestro lavorò fino a stancarsie lo stock di bacchette siridusse notevolmente. Poi seguì
l'ordine:
«E orasignorevada a sedersi tra le
bambine!E questo le sia d'avvertimento.»I risolini che si diffusero nell'aula parvero confondere il ragazzoma inrealtà quel risultato era prodotto dal
timore reverenziale che gli ispirava l'idolo sconosciuto e dalla grande gioiache gli dava la fortuna che aveva avuto.
Tom sedette in fondo alla panca di abetee la bambina si scostò da lui conuno sdegnoso movimento della testa. L'aula
era piena di sussurridi gomitate e di strizzate d'occhima Tom sedevaimmobilecon le braccia sul banco lungo e basso
davanti a sée sembrava immerso nello studio del suo libro. A poco a pocol'eccitazione si calmòe il solito brusio degli
scolari s'innalzò ancora una volta nell'aria pesante della stanza. Dopo unpo' il ragazzo prese a lanciare occhiate furtive
alla bambina. Lei se ne accorsegli «fece una boccaccia» e gli voltò lespalle per un intero minuto. Quando tornò a
girarsicautamenteuna pesca giaceva davanti a lei. La bambina la respinse;Tomgentilmentegliel'offrì di nuovo; lei
tornò a respingerlama con minore animosità. Tompazientela rimise alsuo posto; e leiallorala lasciò stare. Tom
scarabocchiò sulla lavagna: «Prendilaper favore: ne ho delle altre». Labambina lesse quelle parolema non fece alcun
gesto. Allora il ragazzo cominciò a disegnare qualcosa sulla lavagnanascondendo la sua opera con la mano sinistra. La
bambinaper qualche tempos'impose di non badarci; ma di lì a poco la suacuriosità cominciò a manifestarsi con segni
quasi impercettibili. Il ragazzo continuava a lavorareapparentementeignaro. La bambinasenza impegnarsi troppo
fece come un tentativo di vederema il ragazzo non mostrò di esserseneaccorto. Alla fine lei cedette e in tono esitante
mormorò:
«Fammelo vedere.»
Tom scoprì parzialmente un'orribile caricatura di una casa con due timpani eun cavatappi di fumo che usciva
dal camino. Allora l'interesse della bambina cominciò ad appuntarsi sullavoroe lei dimenticò ogni altra cosa. Quando
il disegno fu finitolo studiò un momentopoi disse a bassa voce:
«È carino: fa' un uomo.»
L'artista drizzò nel giardino un uomo che sembrava una torre ditrivellazione. Con un passo avrebbe potuto
scavalcare la casa; ma la bambina non era ipercritica; soddisfatta del mostromormorò:
«È un bell'uomo... Ora disegna me che sto arrivando.»
Tom disegnò una clessidrasormontata da una luna piena e con braccia egambe che sembravano pagliuzzee
munì le dita tese di un prodigioso ventaglio. La bambina disse:
«Com'è bello... Vorrei saper disegnare.»
«È facile»sussurrò Tom. «T'insegno io.»
«Ohdavvero? Quando?».19
«A mezzogiorno. Tu vai a mangiare a casa?»
«Restose vuoi.»
«Bene: siamo d'accordo. Come ti chiami?»
«Becky Thatcher. E tu? Ohsìlo so. Ti chiami Thomas Sawyer.»
«Quello è il nome per quando me le danno. Mi chiamo Tomquando sono buono.Tu chiamami Tomeh?»
«Sì.»
Tom allora cominciò a scarabocchiare qualcosa sulla lavagnanascondendo leparole alla bambina. Ma questa
volta lei non ebbe esitazioni e chiese di vedere. Tom disse:
«Ohnon è niente.»
«Sì che lo è.»
«No che non lo è; cosa vuoi che te ne importi!»
«Sì che m'importam'importa sì. Dàifammelo vedere.»
«Farai la spia.»
«No che non la farò: possa morire se farò la spia.»
«Non lo dirai proprio a nessuno? Finché vivi?»
«Nonon lo dirò a nessunomai. Ora fammi vedere.»
«Ohma cosa vuoi che te ne importi!»
«Se mi tratti cosìvoglio vederloTom.» E mise la manina sulla suae neseguì una piccola baruffa. Con Tom
che fingeva di resistere sul serioe invece lasciava scivolare la mano apoco a poco finché apparvero queste parole:
«Tiam
o.»«Ohche cattivosei!» E gli diede un colpo secco sulla manoma eradiventata rossa e sembrava contenta lo
stesso.
In quel preciso momento il ragazzo sentì una morsa lenta e fatale che gli sichiudeva sull'orecchioe una forza
irresistibile che lo sollevava in aria. In quella morsa fu trasportatoattraverso l'aula e deposto nel suo bancotra le risate
scroscianti dei compagni. Poi il maestro torreggiò sopra di luiper qualcheorribile istantee finalmente se ne tornò al
suo trono senza dire una parola. Ma anche se l'orecchio gli bruciavailcuore di Tom era giubilante.
Quando la scolaresca si chetòTom fece un sincero tentativo di studiaremail tumulto che aveva dentro era
troppo grande. Quando toccò a lui leggere ad alta voceci si provò e fu unfiasco: poidurante l'interrogazione di
geografiascambiò i laghi per i montii monti per i fiumie i fiumi per icontinentifino a quando in tutto il mondo fu di
nuovo il caos; infinedurante l'interrogazione di ortografiafu«travolto» da una filza di parole semplicissime che non
soltanto lo risospinsero tra gli ultimi della classe ma l'obbligarono anche arinunciare alla medaglia di peltro che aveva
portatodandosi tante arieper mesi.
CAPITOLO VII
Quanto più Tom si sforzava di concentrare l'attenzione sul librotanto piùi suoi pensieri si allontanavano
dall'argomento. Cosìalla finecon un sospiro e uno sbadigliosi detteper vinto. Gli sembrava che l'intervallo di
mezzogiorno non arrivasse mai. L'aria era assolutamente immobile. Non spiravaun alito di vento. Era il giorno più
sonnolento che fosse mai spuntato sulla terra. Il soporifico brusio deiventicinque scolari immersi nello studio
intorpidiva l'anima come quel sortilegio che è il ronzio delle api. Lontanosotto il sole fiammeggianteCardiff Hill
mostrava le dolci pendici verdeggianti attraverso un velo tremolante dicalore che la distanza tingeva di viola; pochi
uccelli fluttuavanoalti nell'ariasu pigre ali; non si vedevano altriesseri viventi all'infuori di alcune vacchee quelle
dormivano.
Il cuore di Tom moriva dalla voglia di essere liberoo almeno di averequalcosa d'interessante da fare per
ammazzare quel tempo spaventoso. La mano gli fece una capatina nella tascaeil volto gli si accese di una luce di
gratitudine che era una preghieraanche se lui non lo sapeva. Poifurtivamentevenne fuori la scatolina per le capsule.
Tom liberò la zecca e la mise sul bancolungo e piatto. Anche quellacreaturinain quel momentofu sommersa
probabilmenteda un'ondata di gratitudine molto simile a una preghiera; maera tutto piuttosto prematuro perché
quando riconoscente cominciò ad allontanarsiTom con uno spillo la fecevoltare e la costrinse a prendere un'altra
direzione.
L'amico del cuore gli sedeva accantosoffrendo proprio come aveva soffertoluie orain un istantesi scoprì
pieno di gratitudine e d'interesse per quel nuovo passatempo. Questo amicodel cuore era Joe Harper. I due ragazzi
erano amici per la pelle durante l'intera settimanae nemici giurati ilsabato. Joe tolse uno spillo dal bavero e cominciò
ad assistere il compagno nell'addestramento della prigioniera. L'interesseper quel passatempo crebbe enormemente.
PrestoperòTom disse che così s'intralciavano a vicendae che nessunotraeva dalla zecca tutti i vantaggi che se ne
potevano ottenere. Mise allora sul banco la lavagna di Joe e tracciò unariga in mezzoda cima a fondo.
«Ecco»disse. «Per tutto il tempo che è dalla tua partetu puoigiocarci e io la lascio stare: ma se ti scappa e
viene da medevi lasciarla stare finché io riesco a impedirle di passare lariga.»
«D'accordogiochiamo: comincia tu.»
Dopo un po'la zecca sfuggì a Tom e passò l'equatore. Joe la stuzzicò perqualche tempoe poi l'insetto scappò.20
via e tornò di là. Questo cambio di base avvenne spesso. Mentre un ragazzostuzzicava la zecca con un interesse
divorantel'altro assisteva con interesse non minorele due teste accostatee chine sulla lavagna e le due anime sorde a
tutto il resto. Finalmente sembrò che la fortuna smettesse di oscillare e sialleasse a Joe. La zecca tentò unadue tre
volte di fuggirelasciandosi prendere dalla stessa ansia e dalla stessaeccitazione dei ragazzima sempreproprio
quando sembrava che la vittoriaper così direfosse a portata di manoeTom si sentiva prudere le dita dalla voglia di
cominciarelo spillo di Joe le faceva abilmente cambiare direzione e latratteneva nel suo campo. Alla fine Tom non
resse più. La tentazione era troppo grande. Allora tese il braccio e glidiede un colpetto con lo spillo. Joe si arrabbiò
subito. Disse:
«Tomlasciala stare.»
«Volevo solo scuoterla un po'Joe.»
«Nossignorenon è giusto; lasciala stare e basta.»
«Porca miseriacosì non gioco mai.»
«Lasciala stareti dico!»
«No!»
«Sì: è dalla mia parte della riga.»
«Di' un po'Joe Harperdi chi è quella zecca?»
«Non m'interessa di chi è la zecca: è dalla mia parte della rigae tu nonla tocchi.»
«Be'e invece io la toccovuoi scommettere? È la mia zeccae mi venga unaccidente se non ne faccio quello
che mi pare!»
Una botta tremenda si scaricò sulle spalle di Tome la sua copia su quelledi Joe; e per lo spazio di due minuti
la polvere continuò a sollevarsi dalle due giacche e tutta la scolaresca adivertirsi. I ragazzi erano troppo assorti per
notare il silenzio che si era diffuso nell'aula poco primaquando ilmaestroin punta di piediaveva lasciato la cattedra e
si era fermato accanto a loro. Aveva poi assistito a un bel pezzo dellospettacolo prima di contribuirvi col suo numero.
A mezzogiornoquando le lezioni terminaronoTom volò da Becky Thatcher ele sussurrò all'orecchio:
«Mettiti il cappello e fa' finta di andare a casa; e quando arriviall'angolosvignatelasvolta per il sentiero e
torna indietro. Io vado dall'altra parte e mi sgancio nello stesso modo.»
Così l'una se ne dò con un gruppo di scolari e l'altro con un altro. Di lìa poco i due ragazzi s'incontravano in
fondo al sentieroe quando raggiunsero la scuola l'ebbero tutta per sé.Allora sedettero nello stesso bancocon una
lavagna davanti a loroe Tom dette a Becky il gessetto e tenne la mano dilei nella suaguidandolae così crearono
insieme un'altra casa sorprendente. Quando poi l'interesse per l'artecominciò a declinarei due ragazzi si misero a
chiacchierare. Tom era al settimo cielo. Disse:
«Ti piacciono i topi?»
«Noli odio!»
«Be'anch'io: quelli vivi. Ma dicevo quelli mortida farsi girare intornoalla testa con lo spago.»
«Noi topi mi piacciono pocoin ogni caso. Sai cosa mi piace? La gomma damasticare!»
«Oha chi lo dici! Vorrei averne un pezzo adesso!»
«Sì? Io ne ho un pezzo. Te lo lascio masticare per un po'ma poi devirestituirmelo.»
La proposta era accettabilee così i due ragazzi masticarono la gomma unpo' per unodondolando le gambe
sotto il banco in un'estasi di felicità.
«Sei mai stata al circo?» disse Tom.
«Sìe uno di questi giorni mio padre mi ci porta un'altra voltase sonobuona.»
«Io al circo ci sono stato tre o quattro volte: un mucchio di volte. Lachiesa non vale una cicca in confronto al
circo. Al circo c'è sempre qualcosa da vedere. Io farò il pagliaccio in uncircoquando sarò grande.»
«Ohdavvero? Sarà bello. Sono così carinicon tutte quelle macchie.»
«Sìè vero. E fanno soldi a palate: quasi un dollaro al giornodice BenRogers. SentiBeckysei mai stata
fidanzata?»
«Cos'è?»
«Come? Fidanzata per sposarsi.»
«No.»
«Ti piacerebbe?»
«Credo di sì. Non so. Com'è?»
«Com'è? Be'non è niente. Dici solo a un ragazzo che non avrai mai altroche luimai mai
maie poi lo bacied è tutto. Tutti sono capaci di farlo.»
«Lo baci? Perché?»
«Be'saiè per... Non solo fanno sempre.»
«Tutti?»
«Be'sìtutti quelli che sono innamorati. Ti ricordi cos'ho scritto sullalavagna?»
«S... sì.»
«Cos'era?»
«Non te lo dico.»
«Te lo dico io?»
«S... sìma un'altra volta.».21
«Noadesso.»
«Noadesso no: domani.»
«Ohno
adessoBeckyte ne prego. Lo dirò pianolo dirò pianissimo.»Vedendo che Becky esitavaTom interpretò il suo silenzio come un consenso ele passò un braccio intorno alla
vita e le sussurrò quella frasedolcementecon la bocca vicina al suoorecchio. E poi aggiunse:
«Ora dimmelo tu: nello stesso modo.»
Lei fece resistenza per un po'e poi disse:
«Se volti la faccia da un'altra partein modo da non potermi vederete lodico. Ma tu non dovrai dirlo mai a
nessunoehTom? Non lo dirai a nessunomai?»
«Nodavveronon lo dirò a nessuno. EccoBecky.»
Distolse il viso. Lei si sporse timidamente verso di lui fino ascompigliargli i riccioli col fiatoe sussurrò: «Ti
amo!»
Poi scappò via e si mise a correre intorno ai banchi e alle pancheinseguita da Tome finalmente si rifugiò in
un angolocol grembiulino sulla faccia. Tom le mise le mani intorno al colloe la supplicò:
«EccoBeckyè finita... manca solo il bacio. Non aver paura... Non èniente. Ti pregoBecky.»
E cominciò a tirare il grembiule cercando di scostarle le mani.
A poco a poco lei cedette e abbassò le mani; il suo visotutto rosso per lalottasi alzò e si sottomise. Tom
baciò le labbra rosse e disse:
«È fattaBecky. E d'ora in poicapisci?non amerai nessuno tranne meenon sposerai nessuno tranne memai
mai e poi mai. Giuri?»
«Sìnon amerò nessuno tranne teTome non sposerò nessuno tranne te.Anche tuperònon sposerai nessuno
tranne me.»
«Certamente. Si capisce. È nei patti. E semprevenendo a scuolao quandovai a casacamminerai con me
quando nessuno ci vede: e alle feste tu sceglierai me e io sceglierò teperché è così che si fa quando si è fidanzati.»
«Com'è bello! Non ne avevo mai saputo niente.»
«Ohè un vero spasso! Cavoloquando io e Amy Lawrence...»
Gli occhi spalancati svelarono a Tom la sua gaffee il ragazzoconfusos'interruppe.
«OhTom! Allora io non sono la prima con cui ti sei fidanzato!»
La bambina si mise a piangere. Tom disse:
«Ohnon piangereBecky. Non m'importa più nulla di lei.»
«Sì che t'importaTom: sai benissimo che è così.»
Tom cercò di passarle un braccio intorno al colloma lei lo respinse egirò la faccia contro il muroe continuò
a piangere. Tom ci riprovòcon parole di conforto sulle labbrae subì unaseconda ripulsa. Allora il suo orgoglio ebbe il
sopravventoe Tom si allontanò e uscì all'aperto. Rimase nei paraggiansioso e turbatoper un po'sbirciando ogni
tanto verso la portanella speranza che lei si pentisse e venisse fuori acercarlo. Ma Becky non lo fece. Allora Tom
cominciò a sentirsi malee a temere di essere dalla parte del torto.Dovette sostenere una dura lotta per convincersi a
fare nuove avancesma si fece coraggio ed entrò nella scuola. Lei erasempre in piedi nell'angolo in fondoe
singhiozzava con la faccia contro il muro. Tom provò una stretta al cuore.Le si avvicinò e rimase là un momentonon
sapendo esattamente come procedere. Poi dissein tono esitante:
«Beckyio... Non m'importa di nessuno tranne te.»
Nessuna risposta: solo dei singhiozzi.
«Becky»con voce implorante.
«Beckynon vuoi dire qualcosa?»
Altri singhiozzi.
Tom tirò fuori la sua gemma più preziosaun pomo di ottone che venivadalla cima di un alaree glielo mise
davanti in modo che lei potesse vederloe disse:
«Ti pregoBeckynon vuoi prenderlo?»
Lei lo buttò per terra. Allora Tom uscì a grandi passi dalla scuola es'inoltrò fra le colline e scomparve in
lontananzadecisoper quel giornoa non tornarvi più. Dopo un po' Beckycominciò a nutrire dei sospetti. Corse alla
porta; Tom non si vedeva; girò intorno all'edificio fino al campo giochi:non c'era. Allora gridò:
«Tom! Torna indietroTom!»
Tese l'orecchioma nessuno rispose. Non aveva altri compagni che il silenzioe la solitudine. Allora si sedette
per piangere ancora e per rimproverarsie a questo punto cominciarono adarrivare gli scolarie lei dovette nascondere
il suo affanno e chetare il suo cuore spezzatoe caricarsi sulle spalle lacroce di un pomeriggio lungonoioso e amaro
senza nessunotra gli estranei che la circondavanoal quale confidare lesue pene.
CAPITOLO VIII
Tom svicolò qua e là finché fu ben lontano dalle strade battute daicompagni che tornavanopoi rallentò il
passo di cattivo umore. Traversò due o tre volte un «canalino»mossodalla superstizioneassai diffusa tra i suoi.22
coetaneiche traversando un corso d'acqua si facessero perdere le proprietracce. Mezz'ora dopo spariva dietro la villa
dei Douglas in cima a Cardiff Hille la scuola era ormai quasi invisibilenella vallata alle sue spalle. Entrò in un bosco
fittissimoprocedette con cautela fino al centro in quell'intrico privo disentierie si mise a sedere su uno strato di
muschio sotto una quercia dalla chioma molto ampia. Non spirava un alito divento; l'afa soffocante del meriggio aveva
zittito persino il canto degli uccelli; la natura giaceva in una trance noninterrotta da altri suoni che il lontano e
occasionale martellare di un picchioe ciò sembrava rendere ancora piùprofondo quel silenzio infinito e il senso di
solitudine che lo accompagnava. L'anima del ragazzo era in preda allamalinconia; i suoi sentimenti s'intonavano a
perfezione con l'ambiente nel quale si trovava. Restò seduto a lungo con igomiti sulle ginocchia e il mento tra le mani
meditando. Gli sembrava che la vitanel migliore dei casinon fosse altroche un'afflizionee quasi quasi invidiava
Jimmy Hodgesappena liberato da ogni affanno. Doveva essere bellopensavagiacere e dormire e sognare in saecula
saeculorumcol vento che sussurrava tra gli alberi e carezzava l'erba e ifiori della tombae senza doversi angustiare e
preoccupare più di niente. Se solo avesse avuto un buona pagella alla scuoladomenicalese ne sarebbe andato
volentierie l'avrebbe fatta finita. Quanto alla bambina... Cosa le avevafatto? Niente. Aveva avuto le migliori intenzioni
di questo mondo ed era stato trattato come un cane: proprio come un cane. Ungiorno se ne sarebbe pentita: forse
quand'era troppo tardi. Ahpoter morire! Almeno
perun po'.Ma il cuore elastico della gioventù non può essere tenuto compresso troppoa lungo in una forma che non è la
sua. Di lì a poco Tom ripresequasi senz'accorgersenea meditare sugliaffanni della vita. E se avesse voltato le spalle a
tuttoadessoe fosse misteriosamente scomparso? E se fosse andato lontano -lontano lontanoin paesi sconosciuti di là
dai mari - e non fosse tornato mai più? Come avrebbe reagitoleiallora?L'idea di fare il pagliaccio tornò ad
affacciarglisi alla mentesolo per riempirlo di disgusto. Perché glischerzi e la futilitàe i costumi variopintierano
un'offesa quando venivano a turbare uno spirito lanciato nei vaghi e augustireami del romanticismo. NoTom avrebbe
fatto il soldatoper tornare a casa solo dopo lunghi annicarico divittorie e famoso. Nomeglio ancorasi sarebbe unito
agli indiani e avrebbe cacciato il bisontee sarebbe sceso sul sentiero diguerra sulle catene montuose e nelle vaste e
inaccessibili pianure del Far Westper tornarein un lontano futurosottoi colori terrificanti e la corona di penne di un
grande capoa irrompere d'un balzo nella scuola domenicaleun sonnolentomattino d'estatecon un grido di guerra da
far accapponare la pelleriempiendo il cuore di tutti i suoi compagni diun'invidia inappagabile. Ma noc'era qualcosa di
ancora più nobile di questo. Avrebbe fatto il pirata! Ecco! Ora il suofuturo non aveva più misteri per luie rifulgeva di
un inimmaginabile splendore. Come il suo nome avrebbe riempito il mo ndoefatto rabbrividire la gente! Con quale
gloria avrebbe solcato i mari danzantisul suo vascello lungobasso e nerolo
Spirito della tempestacol suo macabrovessillo sventolante sull'albero di trinchetto! Eallo zenit della sua famacome sarebbe apparso in paese all'improvviso
per entrare a lunghi passi nella chiesatutto abbronzato e segnato dalleintemperienel suo farsetto di velluto nerocon i
calzoni tagliati al ginocchiogli stivalila fusciacca scarlattailcinturone irto di pistole da sellaal fianco il coltellaccio
arrugginito dal sangue di tanti delittiil cappello floscio con le piumeondeggiantila bandiera nera spiegata con sopra il
teschio e le tibie incrociatee sentire in un crescendo di gioia i mormorii:«È Tom Sawyer il Pirata! Il Vendicatore Nero
del Mar dei Caraibi!»
Sìil dado era tratto; la sua carriera era decisa. Sarebbe scappato di casaper darsi alla pirateria. Avrebbe
cominciato la mattina dopo. Per questoora doveva cominciare a prepararsi.Doveva radunare tutte le sue risorse. Si
accostò a un tronco fradiciolì vicinoe cominciò a scavare sotto unadelle sue estremità col temperino che gli avevano
regalato. Presto urtò un pezzo di legno che emise un suono cavo. Mise lamano lìe recitò solennemente questa formula
magica:
«Quel che non è venuto
vengaqui! Quello che c'èrestilì!»Poi grattò via la terra e mise allo scoperto una scandola di pino.Sollevandolascoperchiò una stanza del tesoro
piccola e ben fatta col fondo e con i lati di assicelle. Dentro c'era unabiglia. Lo stupore di Tom fu sconfinato! Si grattò
la testa con aria perplessae disse:
«Be'questo è il colmo!»
Stizzitogettò via la biglia e si mise a ponzare. Il fatto è che lì erafallita una sua superstizioneche lui e tutti i
suoi compagni avevano sempre ritenuto infallibile. Se seppellivi una bigliacon certe indispensabili formule magichee
per quindici giorni la lasciavi staree poi aprivi il nascondiglio con laformula che aveva appena recitato luitrovavi che
tutte le biglie che avevi perduto in vita tua si eranonel frattemporadunate lìper grande che fosse stato lo spazio che le
separava. Ma ora questa cosa non aveva assolutamente funzionato. L'interoedificio della fede di Tom venne scosso
dalle fondamenta. Parecchie volte aveva sentito dire che era successa unacosa come questama maiprima d'allorache
era fallita. Non pensò cheprima d'alloralui stesso ci aveva già provatodiverse voltesenza mai riuscire a rintracciare
in un secondo tempoil nascondiglio. Per qualche tempo meditò sullafaccendae finalmente decise che una strega
aveva interferito e rotto l'incantesimo. Volendo verificare questo puntocercò qua e là finché non trovò una minuscola
zona sabbiosa con in mezzo una piccola depressione a forma d'imbuto. Allorasi stese per terraaccostò la bocca a
quell'imbuto e gridò:
«Larva di formicaleonedimmi quello che voglio sapere!
Larva di formicaleonedimmi quello che voglio sapere!»
La sabbia cominciò a muoversie poco dopo un insettuccio nero comparve perun attimoper tornare
fulmineamente a seppellirsispaventato..23
«Non lo dice! Allora è stata una stregaa farlo. Lo sapevo.»
Ben conoscevaTomla futilità dei tentativi di opporsi alle stregheecosìscoraggiatovi rinunciò. Poi però
gli venne in mente che tanto valeva recuperare la biglia che aveva appenagettato viae perciò si mise a cercarla con
pazienza. Ma non riuscì a trovarla. Tornò allora alla stanza del tesororiprese la posizione nella quale si era messo
quando aveva gettato via la bigliatrasse di tasca un'altra biglia e lagettò nello stesso mododicendo:
«Sorellava' a cercare tua sorella!»
Localizzò il punto in cui era cadutapoi andò là e si guardò intorno. Madoveva essere caduta o troppo vicino o
troppo lontanoe allora Tom ci provò altre due volte. L'ultima ripetizionevenne coronata dal successo. Le due biglie
giacevano a meno di trenta centimetri l'una dall'altra.
In quel preciso momento lo squillo di una trombetta di latta si propagòdebolmente sotto le verdi navate della
foresta. Tom si liberò della giacca e dei calzonitrasformò una bretellain una cinturatolse un po' di sterpi da dietro il
tronco marcitosvelando un arco rudimentale con relativa frecciauna spadadi legno e una trombettae in un lampo
aveva afferrato queste cose ed era scappato via a grandi balzicon le gambenude e la camicia svolazzante. Poco dopo si
fermò sotto un grosso olmorispose con uno squillo di trombae poi si misea camminare in punta di piedi e a guardarsi
cautamente intorno. A un compagno immaginario disse piano:
«Fermimiei prodi! State nascosti fino al mio segnale.»
Allora comparve Joe Harpervestito ariosamente e armato fino ai denti comeTom. Tom gridò:
«Alt! Chi viene qui nella foresta di Sherwood senza il mio salvacondotto?»
«Guy di Guisborne non ha bisogno del salvacondotto di nessuno! Chi sei tuche... che...»
«Osi tenere un simile linguaggio»disse Tomsuggerendo perché parlavano«secondo le regole»a memoria.
«Chi sei tu che osi tenere un simile linguaggio?»
«In fede miaio sono Robin Hoodcome presto saprà la tua miserabilecarcassa.»
«Sei tu dunque davvero quel famoso fuorilegge? Di buon animo ti contenderòil passo in quest'amena foresta.
In guardia!»
Impugnarono le spade di legnomollando a terra tutto il resto del loroarsenaleassunsero una posa da
duellantipiede contro piedee dettero inizio a un combattimento grave eprudente«due passi avanti e due indietro».
Dopo un po' Tom disse:
«E ora dammi del filo da torcerese ti riesce!»
Così si dettero «del filo da torcere»ansimando e sudando dalla fatica.Ben presto Tom gridò:
«Cadi! Cadi! Perché non cadi?»
«No! Perché non cadi tu? Stai perdendo.»
«Ma va' làquesto è niente. Mica posso cadereio. Nel libro non ècosì. Il libro dice: "Alloracon un colpo di
rovescioammazzò il povero Guy di Guisborne!" Devi voltarti elasciarti colpire alla schiena.»
Il libro non poteva esser messo in discussioneperciò Joe si voltòricevette il colpo e cadde.
«Adesso»disse Joe alzandosi«devi lasciarti uccidere anche tu. Non tisembra giusto?»
«Come? Io non posso farlo. Non sta scritto nel libro.»
«Be'è uno schifoecco. Non ho altro da dire.»
«Di' un po'Joeperché non fai la parte di frate Tucko di Much ilfiglio del mugnaioe mi batti nel
combattimento con l'asta? Altrimenti io posso fare lo sceriffo di Nottinghamper un po'e tu Robin Hoodcosì sei tu
che mi ammazzi.»
La proposta era soddisfacentee in questo modo si svolsero le avventure. PoiTom ridivenne Robin Hoode la
suora traditrice gli fece perdere le forze insieme al sangue che usciva dallaferita non curata. E alla fine Joein
rappresentanza di un'intera tribù di piangenti fuorileggelo trascinòtristemente in mezzo al boscogli mise l'arco tra le
mani indebolitee Tom disse: «Dove cade questa freccialà seppellite ilpovero Robin Hood sotto le verdi fronde della
foresta». Poi scoccò la freccia e si rovesciò all'indietroe sarebbemorto; ma cadde su un'orticae saltò su fin troppo
vivacemente per un cadavere.
I ragazzi si vestirononascosero il loro equipaggiamento e si allontanaronodolendosi che non ci fossero più
fuorilegge: cosa pretendeva di aver fatto la civiltà moderna per compensarela loro perdita? E dicevano che avrebbero
preferito fare i fuorilegge nella foresta di Sherwood per un anno piuttostoche il presidente degli Stati Uniti per sempre.
CAPITOLO IX
Quella sera alle nove e mezzo Tom e Sid furono messi a letto come al solito.Recitarono le preghieree ben
presto Sid si addormentò. Tom restò sveglio e in attesa con un'impazienteirrequietezza. Quando gli parve che fosse
quasi l'albaudì la pendola battere le dieci! C'era da impazzire. Sisarebbe girato e rigiratocome pretendevano i suoi
nervima temeva di svegliare Sid. Allora giacque immobile con lo sguardofisso nelle tenebre. Un silenzio spaventoso
avvolgeva il mondo intero. Poi dal silenzioa poco a pococominciarono adaffiorare dei rumori appena percettibili. Il
ticchettio della pendola cominciò a imporsi all'attenzione. Vecchie travicominciarono a scricchiolare misteriosamente.
Le scale mandavano fiochi cigolii. Gli spiritievidentementeerano in giro.Un russare sommesso e misurato veniva
dalla stanza di zia Polly. E ora cominciava il noioso frinire di un grilloche nessun ingegno umano avrebbe potuto.24
individuare. Poidal muro dietro la testata del lettolo fece rabbrividirel'orrendo ticchettio di un orologio della morte:
segno che qualcuno aveva i giorni contati. Poi l'abbaiare di un cane lontanosi alzò nell'aria della notte provocando la
risposta di un latrato più fioco e più lontano. Tom soffriva le penedell'inferno. Finalmente si convinse che il tempo era
cessato ed era cominciata l'eternità; suo malgradocominciò asonnecchiare; la pendola batté le undicima lui non l'udì.
E poi arrivòmescolandosi ai suoi sogni ancora in formazioneuntristissimo miagolio. Lo scosse il sollevarsi del telaio
di una finestra vicina. Un grido - «Pussa viademonio!» - e lo schianto diuna bottiglia vuota che si rompeva contro il
retro della legnaia di sua zia lo svegliarono del tuttoe bastò un solominuto perché Tom fosse vestitofuori della
finestra e carponi sul tetto del pezzo della casa fatto a «elle».«Miagolò» con cautela una volta o duementre procedeva:
poi saltò sul tetto della legnaiae da lì a terra. Sotto c'era HuckleberryFinncol suo gatto morto. I ragazzi si
allontanarono e scomparvero nell'oscurità. Mezz'ora più tardi stavanocamminando in mezzo all'erba alta del cimitero.
Era uno di quei cimiteri all'antica che usavano nel West. Si trovava su unacollinaa due chilometri e mezzo
dal paese. Intorno aveva un irregolare steccato di legno che in certi puntisi piegava verso l'interno e per il resto verso
l'esternomentre non stava diritto in nessun posto. Cespugli ed erbacce loavevano invaso per intero. Tutte le vecchie
tombe erano sprofondate. Non c'era una sola lapide in tutto il cimitero: assilogore e tarlate traballavano sopra le fosse
piegandosi in cerca di sostegno e non trovandone alcuno. Una volta vi avevanodipinto sopra: «Consacrato alla
memoria» del taldeitalima la scritta non si sarebbe potuta più leggeresul maggior numero di esseormaianche se ci
fosse stato un po' di luce.
Un vento leggero gemeva tra gli alberie Tom temeva che fossero gli spiritidei defunti che si lagnavano di
essere disturbati. I ragazzi parlavano pocoe solo sottovoceperché l'orae il silenzio e la generale solennità del luogo ne
opprimevano lo spirito. Trovarono il tumulo fresco che stavano cercandoe simisero sotto la protezione di tre grandi
olmi che crescevano tutti insieme a pochi passi dalla tomba.
Quindi attesero in silenzio per quello che parve un lunghissimo tempo. Ilverso lontano di una civetta era
l'unico suono che turbasse l'assoluto silenzio. I pensieri di Tom diventavanoopprimenti. Bisognava a ogni costo
scambiare qualche parola. Disse allora Tom in un sussurro:
«Huckytu credi che ai morti non dispiaccia che noi siamo qui?»
Huckleberry mormorò:
«Vorrei saperlo. C'è un'atmosfera terribilmente solenneno?»
«Puoi ben dirlo.»
Seguì una lunga pausadurante la quale i ragazzi meditarono sull'argomento.Poi Tom bisbigliò:
«Di'Hucky: tu credi che Hoss Williams ci senta parlare?»
«Certo che ci sente. Il suo spiritoalmeno.»
Tomdopo una pausa:
«Vorrei averlo chiamato "signore". Ma non volevo mancargli dirispetto. Tutti lo chiamano Hoss.»
«Non si è mai troppo precisi quando si parla di questi mortiTom.»
Questa fu una doccia freddae la conversazione tornò a spegnersi. Poco dopoTom prese il suo compagno per
un braccio e disse:
«Ssst!»
«Cosa c'èTom?» E i due si strinsero l'uno all'altro col cuore in gola.
«Ssst! Eccolo di nuovo! Non hai sentito?»
«Io...»
«Ecco! Adesso si sente!»
«Dio mioTomarrivano! Stanno proprio arrivando. Che si fa?»
«Non so. Credi che ci vedranno?»
«OhTomloro ci vedono al buio come i gatti. Vorrei non essere venuto.»
«Ohnon aver paura. Non credo che ci daranno fastidio. Non stiamo facendoniente di male. Se stiamo fermi
forse non si accorgeranno neanche di noi.»
«Ci proveròTomma Dio buonotremo come una foglia.»
«Ascolta!»
I ragazzi chinarono la testa e trattennero il respiro. Dall'altro capo delcimitero veniva un suono soffocato di
voci.
«Guarda! Guarda là!» sussurrò Tom. «Che roba è?»
«È un fuoco fatuo. OhTomche cosa orribile.»
Alcune figure indistinte si approssimavano nel buiofacendo dondolareun'antiquata lanterna di latta che
punteggiava il suolo d'innumerevoli pagliuzze di luce. Poco dopo Huckleberrysussurrò con un brivido:
«Sono diavolicome no! Tre. DioTom siamo perduti! Sei capace dipregare?»
«Ci proveròma non devi aver paura. Non ci faranno niente. "Prima diprender sonnomio Signore..."»
«Ssst!»
«Cosa c'èHuck?»
«Sono esseri
umani!Unoalmeno. Una delle voci è quella del vecchio Muff Potter.»«Noimpossibile!»
«Vuoi scommettere? Non muoverti e non far rumore. Non è tanto sveglio daaccorgersi di noi. Ubriaco come
al solitoprobabilmente: quella vecchia spugna!».25
«D'accordostarò zitto. Mi sembrano confusi. Non riescono a trovarlo.Eccoli che vengono di nuovo. Fuoco.
Acqua. Fuochino. Fuoco! Sono sulla strada giustaquesta volta. Di'Huckhoriconosciuto un'altra voce: è Joe
l'indiano.»
«Giusto: quell'assassino d'un mezzosangue; Preferirei di gran lunga chefossero dei diavoli. Cosa cavolo
staranno architettando?»
I sussurria questo puntosi spensero del tuttoperché i tre uominiavevano raggiunto la tombafermandosi a
pochi passi dal nascondiglio dei ragazzi.
«Eccolo qui»disse la terza voce; e il suo proprietario sollevò lalanterna mostrando la faccia del giovane
dottor Robinson.
Potter e Joe l'indiano portavano una barella con sopra una corda e un paio dibadili. Deposto il loro carico
cominciarono ad aprire la tomba. Il dottore piazzò la lanterna aun'estremità della fossa e andò a sedersi con le spalle
contro uno degli olmi. Era così vicino che i ragazzi avrebbero potutotoccarlo.
«Sveltiragazzi!» disse a bassa voce. «La luna potrebbe spuntare da unmomento all'altro.»
I due risposero con un grugnito e continuarono a scavare. Per qualche temposi udì solo lo stridere dei badili
che si sbarazzavano del loro carico di terra e di ghiaia. Era assai monotono.Finalmente una vanga urtò la baracon un
accento ligneo e cavernosoe in un altro minutoo forse duegli uominil'avevano estratta dal suolo. Fecero saltare il
coperchio coi badiline tolsero il corpo e lo buttarono garbatamente perterra. La luna sbucò dalle nuvole e rischiarò
quella faccia pallida. Preparata la barellail cadavere vi fu messo sopracoperto da un telo e legato con la fune. Potter
estrasse un grosso coltello a serramanico per tagliare il capo penzolantedella cordapoi disse:
«Con questa schifezza noi abbiamo finitoSegaossa. Tirane fuori altricinqueo questo resta qui.»
«Ben detto!» disse Joe l'indiano.
«Un momentocome sarebbe?» disse il dottore. «Avete voluto essere pagatiin anticipo e vi ho pagato.»
«Sìe hai fatto di più»disse Joe l'indianoaccostandosi al dottoreche si era alzato in piedi. «Cinque anni fa tu
mi hai cacciato fuori dalla cucina di tuo padreuna sera che ero venuto achiedere qualcosa da mangiaree hai detto che
ero lì per fare qualcosa di male; e quando ho giurato che te l'avrei fattapagaremi fosse anche toccato di aspettare
cent'annituo padre mi ha fatto mettere in prigione per vagabondaggio.Credevi che me ne fossi dimenticato? Non per
niente mi scorre nelle vene sangue indiano. E ora tu sei in mano miaedobbiamo fare i contisai!»
Parlandominacciava il dottore agitandogli il pugno sotto il naso. Ma ildottore lo colpìsenza preavvisoe
mandò a gambe levate quel briccone. Potter allora lasciò cadere il coltelloed esclamò:
«Ehiun momentolascia stare il mio socio!» E in un lampo fu addosso aldottoree i due cominciarono a
lottare con tutta la loro forzacalpestando l'erba e arando il terreno con itacchi. Joe l'indiano balzò in piedicon gli
occhi fiammeggianti di odioafferrò il coltello di Potter e si avvicinòfurtivamentecome un gattogirando con le
gambe piegate intorno ai lottatoricercando l'occasione buona. Tutt'a untratto il dottore si liberòsvelse l'asse piantata
sulla tomba di Williams e con un colpo ben assestato atterrò Potter; e nellostesso istante il meticcio vide l'occasione
buonae piantò fino all'impugnatura il coltello nel petto del giovane. Ildottore barcollò e cadde in parte su Potter
inondandolo del proprio sanguee nello stesso momento le nuvole cancellaronol'orribile spettacoloe i due ragazzi
atterriti se la diedero a gambe nelle tenebre.
Poco dopoquando la luna emerse nuovamenteJoe l'indiano era ritto sopra ledue formee le stava
contemplando. Il dottore emise qualche suono inarticolatomandò un paio dilunghi sospiri e tacque. Il meticcio
borbottò:
«Il conto è saldatoche Dio ti maledica.»
Poi derubò il cadavere. Dopodiché mise il coltello fatale nella manodestraapertadi Potter e si sedette sulla
cassa scoperchiata. Passarono trequattrocinque minuti e Potter cominciòa muoversi e a gemere. La sua mano si
chiuse sul coltelloPotter lo sollevògli diede un'occhiata e lo lasciòcadere con un brivido. Poi si rizzò a sedere
spingendo via il cadaveresul quale posò gli occhi prima di guardarsiconfusamente intorno. Il suo sguardo incontrò
quello di Joe.
«Dio santocos'è questoJoe?» disse.
«È un brutt'affare»disse Joe senza muoversi. «Perché l'hai fatto?»
«Io? Io non ho fatto niente!»
«Sta' a sentire! Le chiacchiere non servono a niente.»
Potter cominciò a tremare e impallidì.
«Credevo che la sbronza mi sarebbe passata. Stasera era meglio se nonbevevo. Ce l'ho ancora nella testa:
peggio di quando ci siamo messi in marcia per venire qui. Sono tutto confuso;non ricordo quasi niente. DimmiJoe -
sincerament
evecchio mio -sono stato ioJoe? Non volevo; sul mio onore e sull'anima mianon ho maivolutoJoe.Dimmi com'è andataJoe. Ohè orribile... Così giovanecosìpromettente.»
«Be'vi stavate picchiandoe lui ti ha dato l'asse sulla testae tu seiandato giù lungo disteso; e poi ti sei
rialzatotraballandoe hai preso il coltello e gliel'hai piantato in corpoproprio mentre lui ti dava un'altra botta tremenda
e siete stati lì per terra fino adessocome se foste morti stecchiti tutt'edue.»
«Ohnon sapevo quello che facevo. Vorrei morire in questo momentose nonè vero. È stata tutta colpa del
whisky e dell'emozionecredo. Finora non avevo mai usato un'arma in vitamiaJoe. Ho attaccato brigamai però con le
armi. Te lo diranno tuttiJoe. Non fare la spia! Dimmi che non farai laspiaJoeda bravo. Io t'ho sempre voluto bene
Joee ho anche preso le tue parti. Non ricordi? Non farai la spiaehJoe?» E il povero infelice cadde in ginocchio.26
davanti all'impassibile assassinoe giunse le mani supplichevoli.
«Sìtu sei sempre stato onesto e leale con meMuff Pottere non titradirò. Eccoè tutto quello che posso
dire.»
«OhJoesei un angelo! Ti benedirò per questo fin che campo.» E Potterscoppiò in pianto.
«Suora basta. Non è il momento di mettersi a frignare. Tu prendi per dilàe io me la batto da questa parte.
Sveltoadessoe non lasciare tracce.»
Potter si allontanò al piccolo trottoun trotto che ben presto diventò unacorsa pazza. Il meticcio lo seguì con lo
sguardo. Borbottò:
«Se è frastornato dal colpo e stordito dall'alcool come sembrava che fossenon penserà al coltello finché non
sarà così lontano che avrà paura di tornare indietro a prenderloda soloin un posto come questo... quel vigliacco!»
Due o tre minuti dopo sull'uomo assassinatosul cadavere coperto dal telosulla bara scoperchiata e sulla
tomba aperta non vegliavano altri occhi che quelli della luna. E il silenzioera di nuovo assoluto.
CAPITOLO X
I due ragazzi corsero a precipizio verso il paesesenza fermarsiammutolitidall'orrore. Di tanto in tanto si
voltavano indietropreoccupaticome se temessero di poter essere seguiti.Ogni ceppo che sorgeva improvvisamente
davanti a loro sembrava un uomo e un nemicoe li costringeva a trattenere ilrespiro; e quando sfrecciarono davanti a
certe casette che si trovavano alla periferia del paesel'abbaiare dei canida guardia disturbati parve mettere le ali ai loro
piedi.
«Speriamo di arrivare almeno fino alla vecchia conceriaprima di mollare!»sussurrò Tom con la voce rotta tra
un respiro e l'altro. «Non ce la faccio più.»
Il respiro affannoso di Huckleberry fu la sua unica rispostae i ragazziappuntarono lo sguardo sulla meta delle
loro speranze e ce la misero tutta per raggiungerla. Piano piano guadagnaronoterrenoe alla finefianco a fianco
irruppero attraverso la porta aperta e si lasciarono caderegrati edesaustinell'ombra protettiva dell'interno. I cuoria
poco a pocorallentarono i loro battiti e Tom sussurrò:
«Huckleberrycome andrà a finiresecondo te?»
«Se il dottor Robinson ci lascia la pelleandrà a finire conun'impiccagione.»
«Lo credi davvero?»
«Se lo credo? Lo soTom.»
Tom rifletté un momento; poi disse:
«Chi lo denuncerà? Noi?»
«Sei matto? Metti che capiti qualcosa e che Joe l'indiano non finisca sullaforca; be'ci ammazzerebbeun
giorno o l'altroquant'è vero che siamo qui sdraiati.»
«È proprio quello che pensavo anch'ioHuck.»
«Se qualcuno deve parlarelo faccia Muff Potterse è abbastanza stupido.In genere è abbastanza sbronzo.»
Tom non disse nullama continuò a pensare. Poco dopo mormorò:
«HuckMuff Potter non lo sa. Come può parlare?»
«E perché Muff Potter non lo sa?»
«Perché aveva appena preso quella botta quando Joe l'indiano lo ha fatto.Credi che abbia potuto vedere
qualcosa? Credi che abbia capito qualcosa?»
«Porca miseriaTomè vero!»
«E poistammi a sentire: magari quella botta ha spacciato anche lui!»
«Noquesto è poco probabileTom. Era pieno d'alcool; ho visto benissimo;luipoiè sempre così. Be'quando
mio padre è sbronzo duropotresti fargli crollare una chiesa sulla testa enon se ne accorgerebbe. Lo dice lui. Con Muff
Potter è lo stessosi capisce. Mentre se uno fosse stato sobriopenso ioforse quella botta avrebbe anche potuto
conciarlo per le feste; non lo so.»
Dopo un altro silenzio meditabondoTom disse:
«Huckysei sicuro di poter tenere il becco chiuso?»
«Dobbiamo tenere il becco chiusoTom. Lo sai. Quell'indiano ci affogherebbecome un coppia di gatti se
spifferassimo quel che abbiamo visto e lui non finisse con la corda al collo.Ora stammi a sentireTomgiuriamoci -
ecco quello che dobbiamo fare - giuriamoci di tenere il becco chiuso.»
«D'accordoHuck. È la cosa migliore. Diamoci la mano e giuriamo chenoi...»
«Ohnocosì non va bene per una cosa come questa. Così va bene per lesolite cosele sciocchezze -
specialmente con le ragazzeperché quelle ti tradiscono comunquee se siarrabbiano spifferano tutto - ma per una
storia grossa come questa dovrebbe esserci qualcosa di scritto. E ilsangue.»
Tom approvò l'idea con tutto se stesso. Era grandemisteriosa e terribile;l'orale circostanzel'ambientetutto
armonizzava con essa. Raccolse una scandola pulita di pino che brillava sottola lunatrasse di tasca un pezzettino di
«matita rossa»cercò un po' di luce e scarabocchiò faticosamente questerighesottolineando ogni lento tratto all'ingiù
con lo stringere la lingua tra i denti e sfogando la pressione nei trattiall'insù:.27
"Huck Finn e
Tom Sawyer giurano
che terranno la bocca chiusa.
Possano crepare su due
piedi e marcire sottoterra
se mai parleranno."
Huckleberry era pieno di ammirazione per la facilità mostrata da Tom nelloscrivere e per la sublimità del suo
linguaggio. Si tolse subito uno spillo dal bavero e stava per pungersi lapelle quando Tom disse:
«Fermo! Non lo fare. Lo spillo è d'ottone. Potrebbe esserci delverderame.»
«Cos'è il verderame?»
«Veleno. Ecco che cos'è. Una volta mandane giù solo un po' e vedrai.»
Così Tom tolse il filo da uno dei suoi aghie ciascuno dei due ragazzi sipunse il polpastrello del pollice e ne
spremette una goccia di sangue.
Col tempodopo molte strizzateTom riuscì a firmare con le proprieinizialiusando come penna il polpastrello
del mignolo. Poi mostrò a Huckleberry come fare un'acca e un'effee ilgiuramento fu portato a termine. Seppellirono la
scandola vicino al murocon sinistre cerimonie e incantamentie i ferri chelegavano le loro lingue furono considerati
chiusi a chiavee la chiave buttata via.
Fu allora che una figura s'introdusse furtivamente nell'edificio attraversouna breccia che si apriva all'altro capo
dello stabile in rovina; ma i due ragazzi non se ne accorsero.
«Tom»mormorò Huckleberry«questo patto ci vincola al silenzio persempre?»
«Certamente. Qualunque cosa capitidovremo tenere la bocca chiusa.Altrimenti creperemo su due piedi: non
lo sai?»
«Sìcredo che sia proprio così.»
Continuarono a bisbigliare per qualche tempo. Poco dopoappena fuoriuncane mandò un lungolugubre
latrato: a meno di tre metri da loro. I ragazziterrorizzatisi strinseroin un abbraccio improvviso.
«Con chi ce l'ha?» boccheggiò Huckleberry.
«Non so: guarda dalla fessura. Presto!»
«NotuTom!»
«Non posso: non posso farloHuck!»
«Per favoreTom. Eccolo di nuovo!»
«OhSignoreti ringrazio!» bisbigliò Tom. «Riconosco la sua voce. ÈBull Harbison.»
«Ohmeno male: Tomti confesso che sono quasi morto di paura; avreiscommesso l'osso del collo che era un
cane randagio.»
Il cane tornò ad abbaiare. Ancora una volta i ragazzi ebbero un tuffo alcuore.
«OhDio! Quello non è Bull Harbison!» mormorò Huckleberry. «GuardaTom!»
Tomtremando di pauracedette e accostò l'occhio alla fessura. La sua voceera quasi impercettibile quando lui
disse:
«OhHuckè proprio un cane randagio!»
«PrestoTompresto! Con chi ce l'ha?»
«Huckcredo che ce l'abbia con tutt'e due: siamo insieme.»
«OhTomallora siamo spacciati. E non c'è da sbagliarsi su dove andrò afinire. Sono stato così cattivo!»
«Me la sono proprio cercata! Ecco cosa ci si guadagna a bigiare la scuola ea fare tutto quello che ti dicono di
non fare. Avrei potuto essere buono come Sidse mi fossi sforzato: macchénon ho volutonaturalmente. Peròse
stavolta me la cavogiuro che a scuolala domenicaci andrò di corsa!»
E Tom si mise a piagnucolare.
«Cattivo
tu?»E anche Huckleberry si mise a piagnucolare. «MaledizioneTom Sawyertu sei unsanto inconfronto a me! OhSignoreSignoreSignorevorrei avere solo la metàdelle probabilità che hai tu.»
Tom deglutì e bisbigliò:
«GuardaHuckyguarda! Ci volta le spalle!»
Hucky guardò con la gioia nel cuore.
«È veroaccidenti! Ce le voltava anche prima?»
«Sì che ce le voltava. Ma iocome uno scemonon ci avevo pensato. Ohquesta è magnificasai. Ma allora
con chi ce l'ha?»
I latrati cessarono. Tom drizzò le orecchie.
«Ssst! Cos'è?» mormorò.
«Si direbbero... dei maiali che grugniscono. No... È uno che russaTom.»
«Sì? Ma doveHuck?»
«Credo che sia là in fondoall'altro capo. A giudicare dal rumorealmeno.Mio padre ci dormivaqualche
voltacoi maialima quando russa lui sfonda il tettoche Dio lo benedica.Per giuntanon credo che tornerà mai più in
questo paese.».28
Lo spirito d'avventura sorse ancora una volta nell'anima dei ragazzi.«Huckyte la senti di venire se vado
avanti io?»
«Non è che ci tenga proprio tantoTom. E se fosse Joe l'indiano?»
Tom si perse d'animo. Ma dopo qualche tempo la tentazione risorse in tutta lasua forza e i ragazzi decisero di
fare un tentativocon l'intesa che se la sarebbero svignata se l'uomo avesseimprovvisamente smesso di russare. Così
s'avviarono in quella direzionefurtivamentein punta di piedil'unodietro l'altro. Erano arrivati a meno di cinque passi
dall'uomo che russava quando Tom mise il piede su uno steccoche si ruppecon uno schiocco sonoro. L'uomo gemette
si girò e la luna illuminò il suo viso. Era Muff Potter. Quando l'uomo siera mossoi cuori dei ragazzi si erano fermatie
anche i loro corpima poi la paura passò. Uscirono in punta di piediattraverso il rivestimento sfondatoe si fermarono
poco lontano per scambiarsi una parola di saluto. Quel latrato lungo elugubre tornò a innalzarsi nell'aria della notte! Si
voltarono e videro il cane sconosciuto fermo a pochi passi da dove giacevaPottergirato dalla sua parte col naso che
puntava verso il cielo.
«OhCristoè con lui che ce l'ha!» esclamarono all'unisono i dueragazzi.
«SaiTomdicono che un cane randagio è venuto ad abbaiare intorno allacasa di Johnny Millerverso
mezzanottecirca due settimane fa; e un succiacapre è entrato in casa e siè posato sulla ringhiera e ha cantatoquella
stessa sera; e non è ancora morto nessuno.»
«Be'lo so. Mettiamo pure che sia così. Forse che Gracie Miller non ècaduta sul focolare ustionandosi
terribilmente proprio il sabato successivo?»
«Sìma non è morta. E quel che più contasta anche migliorando.»
«Va bene; aspetta e vedrai. Quella è spacciatacom'è vero che èspacciato Muff Potter. Così dicono i negrie
loro sanno tutto di queste coseHuck.»
E si separaronocon aria meditabonda.
Quando Tom tornò a infilarsi nella finestra della sua camera da lettolanotte era quasi alla fine. Si svestì con
mille cautelee si addormentò congratulandosi con se stesso per il fattoche nessuno era al corrente della sua
scappatella. Ignorava che il russante Sid - russantesìma in modo assaisommesso - era sveglioe che lo era da un'ora.
Quando Tom si destòSid si era già vestito ed era sceso. Qualcosa nellalucenell'atmosferaalimentava il
sospetto che fosse tardi. Tom trasalì. Perché non lo avevano chiamato?Perché non lo avevano tormentato per farlo
alzarecome al solito? Il pensiero lo riempì di sinistri presentimenti. Inmeno di cinque minuti si vestì e scese le scale
sentendosi pesto e insonnolito. La famiglia era ancora a tavolama avevanofinito di fare colazione. Non ci furono
parole di rimprovero; ma c'erano occhi che guardavano altrove; c'era unsilenzioe un'aria di solennitàche agghiacciò il
cuore del colpevole. Tom sedette e assunse un'aria allegrama era faticasprecata; non provocò sorrisiné altre reazioni
perciò il ragazzo tacque e si lasciò sprofondare il cuore nei calcagni.
Dopo colazione la zia lo prese in dispartee Tom quasi si rallegrò nellasperanza di essere punito; ma non fu
così. La zia pianse e gli domandò come poteva continuare a spezzarle tantoil cuore; e alla fine gli disse di continuare
cosìe di rovinarsie di portare lei alla tombacon i suoi affanni e isuoi capelli grigiperché era inutile fare altri
tentativi. Questo fu peggio di mille frustatee ora il cuore di Tom era piùindolenzito del suo corpo. Piansechiese
perdonopromise ripetutamente di emendarsie poi fu congedatoconl'impressione di aver ottenuto solo un perdono
imperfetto e riscosso solo una scarsa fiducia.
Si congedò sentendosi troppo infelice anche solo per pensare di vendicarsisu Sid; per cui la pronta ritirata di
quest'ultimo attraverso il cancelletto posteriore risultò superflua. Andò ascuola cupo e imbronciatoe ricevette le sue
frustate con Joe Harper per aver marinato il giorno primacon l'aria di unapersona che ha il cuore afflitto da ben altre
pene ed è assolutamente impervia alle sciocchezze. Poi andò al suo postomise i gomiti sul banco e il mento tra le mani
e fissò il muro con lo sguardo vitreo del sofferente che ha raggiunto illimite e non può andare oltre. Il suo gomito
premeva contro qualcosa di duro. Dopo molto tempo Tom cambiò lentamente etristemente posizionee raccolse
quest'oggetto con un sospiro. Era avvolto in un pezzo di carta. Tom losvolse. Seguì un lungoprofondointerminabile
sospiroe il suo cuore si spezzò. Era il pomo d'ottone dell'alare!Quest'ultima goccia fece traboccare il vaso.
CAPITOLO XI
Verso mezzogiorno l'intero paese fu improvvisamente elettrizzatodall'orribile notizia. Non ci fu bisogno del
telegrafoche allora non era neppure nel regno dei sogni; la storia volò dibocca in boccadi capannello in capannello
di casa in casa con una velocità di poco inferiore a quella del telegrafo.Naturalmente il direttore della scuola quel
pomeriggio diede vacanza; la gente avrebbe pensato male di lui se non loavesse fatto. Un coltello insanguinato era stato
rinvenuto vicino all'uomo assassinatoed era stato riconosciuto da qualcunocome appartenente a Muff Potter: la storia
era questa. E si diceva che un abitante del paeserincasando molto tardiloaveva incontrato mentre si lavava nel
ruscello verso l'una o le due del mattinoe che Potter se l'era subitosvignata: circostanze sospetteil lavarsi soprattutto
che per Potter non era un'abitudine. Si diceva inoltre che il paese era statofrugato da cima a fondo per rintracciare
questo «assassino» (il pubblico è tutt'altro che lento quando si tratta divagliare le prove e giungere a un verdetto)ma
che non si era riusciti a trovarlo. Uomini a cavallo erano partiti lungo lestrade in ogni direzionee lo sceriffo contava di
catturarlo prima di notte..29
Tutta la cittadinanza andava al cimitero. Tom scordò gli affanni e si unìalla processionenon perché non
avrebbe preferito mille volte andare altrovema perché un fascinoinspiegabile e pauroso lo attirava in quel posto.
Arrivato in quell'orribile luogosi fece largo tra la folla e assistette almacabro spettacolo. Gli sembrava che fosse
passato un secolo da quando era stato lì. Qualcuno gli pizzicò un braccio.Si voltòe i suoi occhi incontrarono quelli di
Huckleberry. Entrambi distolsero immediatamente lo sguardochiedendosi sequalcuno avesse notato qualcosa nel loro
scambio di occhiate. Ma tutti parlavanoassorti dal lugubre spettacolo cheavevano davanti agli occhi.
«Povero diavolo!» «Povero ragazzo!» «Questo dovrebbe servire di lezioneagli sciacalli!» «Muff Potter sarà
impiccato per questose lo acchiapperanno!» Ecco qual era il senso deldiscorsoe il pastore disse: «È stato un castigo
di Dio; qui c'è la Sua mano.»
Allora Tom rabbrividì da capo a piedi; perché lo sguardo gli era caduto sulvolto impassibile di Joe l'indiano.
In quel momento la folla cominciò a ondeggiare e ad agitarsie delle vociurlarono: «È lui! È lui! Si presenta
spontaneamente!»
«Chi? Chi?»da venti voci.
«Muff Potter!»
«Eccos'è fermato! Guardasi sta voltando! Non fatelo scappare!»
La gente sui rami degli alberi sopra la testa di Tom disse che non stavatentando di scappare: aveva solo un'aria
dubbiosa e perplessa.
«Che diabolica impudenza!»disse uno spettatore; «voleva venire aguardare con comodo la sua opera: non si
aspettava compagnia.»
Poi la folla si divisee lo sceriffo passò con sussiegotenendo Potter perun braccio. Il poveretto aveva un'aria
smarritae negli occhi si leggeva la paura che si era impossessata di lui.Quando si trovò davanti all'assassinatosi mise
a tremare come l'avesse colto una paralisie si nascose il viso tra le manie scoppiò in lacrime.
«Amicinon sono stato io»disse tra i singhiozzi; «sulla mia parola esul mio onorenon sono stato io.»
«Chi ti ha accusato?» urlò una voce.
Il colpo sembrò andare a segno. Potter alzò il viso e si guardò intornocon una patetica disperazione negli
occhi. Vide Joe l'indiano ed esclamò:
«OhJoeJoemi avevi promesso che non avresti mai...»
«È tuo questo coltello?» E gli fu cacciato sotto il naso dallo sceriffo.
Potter sarebbe caduto se non lo avessero sorretto e aiutato a sedersi perterra. Poi disse:
«Qualcosa mi diceva che se non fossi tornato a prendere...» Rabbrividì;quindi mosse la mano fiacca col gesto
rassegnato di un vinto e disse: «DiglieloJoediglielo... Non servepiù».
Allora Huckleberry e Tom rimasero muti e con gli occhi sbarratia sentirequel bugiardo dal cuore di pietra che
snocciolava serenamente il suo raccontoaspettandosi che da un momentoall'altro il cielo terso gli scagliasse sulla testa
una delle folgori di Dioe stupendosi che la collera divina tardasse tanto amanifestarsi. E quando l'indiano ebbe finito
ed era sempre vivodritto e interoil loro impulso tentennante d'infrangereil giuramento per salvare la vita del povero
prigioniero tradito impallidì e scomparveperché era chiaro che quelbriccone si era venduto a Satanae sarebbe stato
fatale immischiarsi negli affari di un simile padrone.
«Perché non sei scappato? Cos'hai voluto tornare qui a fare?» dissequalcuno.
«Non potevo farne a meno... Non potevo farne a meno»gemette Potter.«Volevo scappar viama sembrava
che le gambe mi portassero solo da questa parte.» E riprese a singhiozzare.
Pochi minuti dopodurante l'inchiestaJoe l'indiano ripeté sottogiuramento la sua dichiarazionecon la stessa
calma di prima; e i ragazzivedendo che il cielo continuava a trattenere lesue folgorisi confermarono nell'opinione che
Joe avesse venduto l'anima al diavolo. Era ormai diventatoper lorol'oggetto più sinistramente interessante che
avessero mai contemplatoe non riuscivano a staccare gli occhi affascinatidal suo viso. Intimamente decisero di non
perderlo di vistala notteogni volta che se ne fosse presentatal'occasionenella speranza di poter vedereanche solo di
sfuggitail suo terribile padrone. Joe l'indiano aiutò gli altri asollevare il corpo dell'uomo assassinatoe a deporlo su un
carro per portarlo via; e tra la folla inorridita si mormorò che la feritabuttava un po' di sangue! I ragazzi pensarono che
tale fortunata circostanza avrebbe indirizzato i sospetti nella direzionegiusta; ma furono delusiperché più di un
paesano osservò:
«Era a meno di tre passi da Muff Potter quando ha sanguinato.»
Il terribile segreto e i rimorsi della coscienza di Tom turbarono i suoisonni per almeno una settimana dopo il
fatto; e un mattino a colazione Sid disse:
«Tomtu ti muovi e parli tanto nel sonno da tenermi sveglio metà deltempo.»
Tom sbiancò in viso e abbassò gli occhi.
«Brutto segno»disse zia Pollygravemente. «Cos'hai sulla coscienzaTom?»
«Niente. Nientech'io sappia.» Ma gli tremava tanto la mano che rovesciòil caffè.
«E dici delle cose!» disse Sid. «Stanotte hai detto: "sangueèsangueecco che cos'è!" L'hai detto un mucchio
di volte. E hai detto: "Non tormentatemi così... Confesserò".Confessare? Cos'è che devi confessare?»
A Tom si era annebbiata la vista. Impossibile dire cos'avrebbe potutosuccedereorama per fortuna ogni
preoccupazione si cancellò dal volto di zia Pollyche senza saperlo andòin aiuto di Tom. Disse:
«Vero! È quell'orribile delitto. Io stessa me lo sogno quasi ogni notte. Avolte sogno di averlo commesso io.»
Mary disse che anche lei era rimasta molto impressionata. E Sid parvesoddisfatto. Tom si tolse di mezzo più.30
in fretta che poté e dopo di alloraper una settimanasi lagnò di untremendo mal di dentilegandosi ogni sera una
benda sotto il mento. Non seppe mai che Sid vegliava per spiarlo durante lanotteche spesso gli toglieva quella benda e
poiappoggiandosi a un gomitorestava in ascolto per lunghi periodi ditempoprima di rimettergliela a posto.
L'inquietudine di Tom scomparve lentamente e il mal di dentidiventatoscomodofu scartato. Se Sid riuscì davvero a
capire qualcosa degli sconnessi brontolii di Tomlo tenne per sé. A Tomsembrava che i compagni di scuola non la
finissero mai di fare inchieste sui gatti mortiimpedendogli così discordare i suoi fastidi. Sid notò che Tom non faceva
mai il coroner in nessuna di queste istruttoriepur avendo avuto l'abitudinedi mettersi alla testa di ogni nuova impresa;
notò anche che Tom non fungeva mai da testimone: e questo era strano; e Sidnon trascurò il fatto che Tom mostrava
addirittura una grande avversione per tali inchiestee le evitava ogni voltache poteva. Sid si stupìma non disse nulla.
Comunqueanche le inchieste finalmente passarono di modae smisero ditormentare la coscienza di Tom.
Ogni due o tre giornidurante questo tempo di afflizioneTom coglieva ilmomento opportuno per accostarsi
alla finestrella del carcere e consegnare di soppiatto all'«assassino»attraverso l'inferriataquel po' di generi di conforto
sui quali era riuscito a mettere le mani. La prigione era una casupola dimattoni che sorgeva in una palude alla periferia
del paesee non poteva permettersi il lusso di avere dei secondini;veramenteera occupata assai di rado. Queste offerte
contribuirono grandemente ad alleviare la coscienza di Tom. Gli abitanti delvillaggio avevano una gran voglia di
prendere Joe l'indianocoprirlo di catrame e piumee cacciarlo dal paeseper sciacallaggioma così temibile era la sua
natura che non si trovò nessuno disposto a prendere in mano la faccendacheperciò fu dimenticata. Joe aveva badato a
cominciare entrambe le sue deposizioni con la rissasenza confessare laviolazione di tombe che l'aveva preceduta;
pertanto si ritenne più opportuno non portarloper il momentointribunale.
CAPITOLO XII
Una delle ragioni per cui l'animo di Tom si era distratto dalle sue penesegrete era che aveva trovato una
faccenda nuova e importante della quale interessarsi. Becky Thatcher avevasmesso di venire a scuola. Per qualche
giorno Tom aveva lottato col suo orgogliocercando di «buttarsela dietro lespalle»ma non c'era riuscito. Così
cominciò a ciondolare intorno alla casa di suo padreverso serae asentirsi molto infelice. Becky era malata. E se fosse
morta? Era un pensiero angoscioso. Tom non riusciva più a provare il minimointeresse per la guerrae nemmeno per la
pirateria. La vitaper luiaveva perso ogni attrattivanon restava che unmare di desolazione. Tom ripose
il cerchio e il bastone; non lo divertivano più. Sua zia era preoccupata;cominciò a sperimentare su di lui medicine di
ogni genere. Era una di quelle persone che hanno una vera e propriainfatuazione per i rimedi più ciarlataneschie per
tutti i sistemi più «moderni» per proteggere o ridare la salute. Erainqueste coseuna sperimentatrice inveterata.
Quandoin questo campousciva qualcosa di nuovonon vedeva l'ora diprovarlo; non su di séperché lei non stava mai
male; ma sul primo che le fosse capitato a tiro. Zia Polly era abbonata atutti i periodici che si occupavano della salute e
di altre frenologiche ciurmerie; e la solenne ignoranza di cui queste rivistetraboccavano era musicaper le sue orecchie.
Tutte le baggianate che contenevano sull'ossigenazione del sanguesu comeandare a lettoe come alzarsie cosa
mangiaree cosa beree quanta ginnastica faree in quale stato d'animotenersie cosa mettersiera tutto vangelo per
lei; e non si accorgeva mai che le pubblicazioni mediche del mese in corsodicevano abitualmente tutto il contrario di
quello che avevano raccomandato il mese prima. Zia Polly era un'anima candidae sincera come le giornate erano
lunghee perciò era facile preda di qualsiasi dulcamara. Raccoglieva i suoiperiodici e i suoi rimedi miracolosi earmata
di questi strumenti letalicavalcava il livido cavallo della mortecon«l'inferno alle calcagna»metaforicamente
parlando. Ma non ebbe mai il sospetto di non essereper i suoi vicinisofferentiun angelo risanatore e un toccasana
ambulante.
L'idroterapia era la nuova moda del momentoe il cattivo stato di Tom fu perlei una manna. Ogni mattina lo
faceva uscire all'albalo portava nella legnaia e lo affogava in un diluviod'acqua fredda; poi lo strofinava con un
asciugamano che pareva una raspafacendolo rinvenire; infine lo avvolgeva inun lenzuolo bagnato e lo metteva sotto
un mucchio di coperte fino a fargli sudare anche l'anima o megliocomediceva Tom«fino a quando le macchie gialle
non gli uscivano dai pori».
Eppurenonostante tutto questoil ragazzo diventava sempre piùmelanconicopallido e abbattuto. Lei
aggiunse bagni caldisemicupî e immersioni. Il ragazzo era sempre tristecome un funerale. Lei cominciò a integrare
l'idroterapia con una dieta leggera di pappine di farina d'avena e senapismi.Calcolava la sua capacità come avrebbe
fatto con quella di una giarae ogni giorno lo riempiva di miracolosepanacee.
A questo punto Tom era diventato indifferente alla persecuzione. Questa faseriempì di costernazione il cuore
della vecchia signora. Bisognava spezzare a ogni costo quella crostad'indifferenza. Fu allora che zia Polly sentì parlare
per la prima volta dell'Ammazzadolore. Ne ordinò subito in grande quantità.Lo assaggiò e si sentì piena di
riconoscenza. Era fuoco puroallo stato liquido. Abbandonò l'idroterapia eogni altra cosae concentrò le sue speranze
sull'Ammazzadolore. Ne diede a Tom un cucchiaio da tè e con l'ansia piùprofonda attese i risultati. Le sue
preoccupazioni svanirono di colpoil suo spirito si tranquillizzò;l'«indifferenza»infattiera spezzata. Il ragazzo non
avrebbe potuto mostrare un interesse più vivo e convincente nemmeno se lazia gli avesse acceso il fuoco sotto il sedere.
Tom capì che era venuto il momento di svegliarsi; quella vita poteva essereabbastanza romanticanella stato
di frustrazione e d'infelicità in cui si trovavama cominciava a prendereun indirizzo assai poco sentimentale e troppo.31
fastidioso. Perciò Tom ideò vari progetti destinati a dargli un po' disollievoe alla fine scelse quello che l'obbligava a
dichiararsi entusiasta dell'Ammazzadolore. Dopodiché lo chiese tanto spessoda diventare un autentico seccatoree sua
zia finì per dirgli di servirsi da solo e di smetterla d'importunarla. Sefosse stato Sidnessun dubbio avrebbe potuto
turbare la sua gioia; ma poiché si trattava di Tomsorvegliava di nascostola bottiglia. Trovò che la medicina diminuiva
veramentema non le venne il sospetto che il ragazzo se ne servisse percurare la salute di una crepa nel pavimento del
soggiorno.
Un giorno Tom stava appunto somministrando il medicinale a quella crepaquando arrivò il gatto giallo di sua
ziafacendo le fusaguardando avidamente il cucchiaino e miagolando peraverne un po'. Tom disse:
«Non chiederlo se non lo vuoiPeter.»
Ma Peter gli fece capire che lo voleva.
«Sei sicuro?»
Peter era sicuro.
«Tu me l'hai chiesto e io te lo daròperché ho il cuore tenero; ma sescoprirai che non ti piacela colpa sarà
soltanto tua.»
Peter ne convennee Tom allora gli aprì la bocca e gli versòl'Ammazzadolore in gola. Peter fece un balzo in
aria di due metripoi lanciò un grido di guerra e si mise a girare incerchio nella stanzaurtando i mobilirovesciando
vasi di fiori e mettendo a soqquadro la casa. Poi si drizzò sulle zampeposteriori e si mise a ballare qua e làin una
frenesia di gioiacon la testa piegata sulla spalla e la voce che proclamavaai quattro venti la sua inappagabile felicità.
Quindi riprese a correre come un fulmine nella casaseminando caos edistruzione nella sua scia. Zia Polly entrò in
tempo per vedergli fare alcuni doppi salti mortaliseguiti da un ultimopotentissimo urrà e da un volo attraverso la
finestra aperta che trascinò nella caduta i vasi di fiori superstiti. Lavecchia signora rimase pietrificata dallo stupore
contemplando lo spettacolo sopra gli occhiali abbassati; disteso sulpavimentoTom stava morendo dal ridere.
«Tomche diavolo gli ha preso a quel gatto?»
«Non sozia»disse il ragazzo con voce rotta.
«Ma comenon ho mai visto nulla di simile. Perché si comportava così?»
«Non lo so davverozia Polly; i gatti si comportano sempre cosìquando sidivertono.»
«Ah sì?» C'era qualcosanel tono della ziache diede a Tom una fitta diapprensione.
«Sìzia. Cioècredo.»
«Credi?»
«Sìzia.»
La vecchia signora si stava chinandomentre Tom l'osservava con un interessereso più vivo dall'ansia. Troppo
tardi indovinò le sue intenzioni. Il manico del cucchiaio rivelatore eravisibile sotto la balza del copriletto. Zia Polly lo
raccolselo tenne in mano. Tom trasalì e abbassò gli occhi. Zia Pollyallora lo sollevò per il solito manico - l'orecchio -
e gli diede un sonoro scappellotto col ditale.
«E ora dimmiperché hai voluto trattare così quella povera bestia cuimanca la favella?»
«L'ho fatto perché mi faceva compassione... Perché non aveva una zia.»
«Non aveva una zia!... Stupido. Che c'entraquesto?»
«C'entra sì. Perché se ne avesse avuta unaci avrebbe pensato lei abruciargli le budella! Gli avrebbe arrostito
le frattaglie senza rimpiantimanco fosse un essere umano!»
Zia Polly provò una fitta improvvisa di rimorso. Questo metteva le cose inuna nuova luce: ciò che era crudele
per un gatto poteva esserlo anche per un ragazzo. Cominciò a intenerirsi: ledispiaceva. Gli occhi le s'inumidironoe
allora mise la mano sulla testa di Tom e disse dolcemente:
«Io lo facevo per il tuo beneTom. ETomti ha fatto bene.»
Tom la guardò in faccia mentre un lampo d'ironia rischiaravaquasiimpercettibilmentela gravità della sua
espressione:
«Lo so che facevi per il mio beneziettae anch'io l'ho fatto per il benedi Peter. Avrai notato che ha fatto bene
anche a lui. Non l'ho mai visto così vispo...»
«OhfilaTomprima che io perda di nuovo la pazienza. E cerca di vederese ti riesce di fare il bravouna
volta tantocosì non dovrai prendere altre medicine.»
Tom arrivò a scuola in anticipo. Qualcuno non mancò di notare che questastrana cosa era successa tutti i
giorninegli ultimi tempi. Anche oracome sempre ultimamentesi trattennevicino al cancello del cortile invece di
giocare con i compagni. Era malatodisse; e ne aveva tutta l'aria. Sisforzava di far credere di guardare dappertutto
tranne che nella direzione in cui guardava veramente: verso il fondo dellastrada. Finalmente comparve Jeff Thatcher e
il viso di Tom s'illuminò; guardò da quella parte ancora per un attimopoivoltò tristemente le spalle. Quando Jeff
Thatcher arrivòTom lo abbordò e «buttò lì» qualche frase guardingaatta a farlo parlare di Beckyma quello sciocco
non vide neanche l'esca. Tom rimase di vedettapalpitando di speranza ognivolta che avvistava un allegro vestitino e
detestandone la proprietaria appena si accorgeva che non era quella giusta.Alla fine i vestitini cessarono di compariree
lui cadde nella disperazione più nera; entrò nell'aula deserta e si accinsea trascorrere un mattino di tormenti. Allora un
ultimo vestitino varcò il cancelloe il cuore di Tom fece un gran balzo. Unistante dopo era già fuorie «faceva il
diavolo a quattro» come un vero indiano; gridandoridendoinseguendo icompagnisaltando lo steccato a rischio della
vitao di un braccio o di una gambaeseguendo salti mortalistando rittosulla testa: facendo insomma tutti gli eroismi
che poteva concepiree tenendo bene apertoin tutto questo tempoun occhiofurtivo per vedere se Becky Thatcher lo.32
aveva notato. Ma lei sembrava ignara di tutto; non guardò mai dalla suaparte. Possibile che non si fosse accorta della
sua presenza? Tom compì allora le sue prodezze nelle immediate vicinanzedella bambina; arrivò lanciando grida di
guerrastrappò il berretto a un ragazzolo scaraventò sul tetto dellascuolapiombò in mezzo a un gruppo di ragazzi
facendoli cadere da ogni partee finì lui stesso lungo disteso sotto ilnaso di Beckyche per poco non andò a gambe
levate; dopodiché la bambina si voltòcol naso per ariae lui la sentìdire: «Uffa! Certa gente si crede tanto in gamba...
che deve sempre mettersi in mostra!»
Le guance di Tom s'imporporarono. Il ragazzo si alzò da terra e se lasvignòa testa bassa come un cane
bastonato.
CAPITOLO XIII
Ormai Tom aveva deciso. Era triste e disperato. Eradicevaun ragazzoabbandonato e senz'amici; nessuno gli
voleva bene; quando avessero scoperto cosa lo avevano spinto a fareforse sene sarebbero pentiti; lui aveva cercato di
far bene e migliorarsima non glielo avevano permesso; visto chedesideravano soltanto disfarsi di luisi
accomodassero; e dessero pure a lui la colpa delle conseguenze; perché nonavrebbero dovuto farlo? Che diritto ha il
reietto di lagnarsi? Sìfinalmente ve lo avevano costretto: avrebbecondotto una vita di delitti. Non c'era altra scelta. A
questo punto era in fondo a Meadow Lande la campana della scuola chesuonava per «chiamare a raccolta» gli alunni
gli rintoccava debolmente all'orecchio. Frenò a stento un singhiozzooraall'idea che mai piùmai più avrebbe udito
quell'antico suono familiare: era durama lo avevano costretto; scacciatonel mondo crudeledoveva rassegnarsi: ma li
perdonava. Allora sì che i singhiozzi si moltiplicarono.
In quel preciso momento incontrò il suo amico più fedeleJoe Harper: conuno sguardo gelido e
evidentementeun grande e cupo proposito nel cuore. Ecco dunque «due animecon una sola volontà». Tom
asciugandosi gli occhi con la manicacominciò a farfugliare qualcosa circauna decisione di sfuggire ai maltrattamenti e
alle incomprensioni domestiche girando il mondoper non tornare più; econcluse con la speranza che Joe non l'avrebbe
dimenticato.
Ma risultò che questa era proprio la domanda che Joe pensava di fare a Tomin cerca del quale era venuto a
tale scopo. Sua madre lo aveva frustato per aver bevuto della panna che luinon aveva mai toccato e della quale non
sapeva nulla; era chiaro che sua madre era stanca di lui e desiderava che sene andasse; se lei la pensava cosìa lui non
restava altro da fare che soccomb ere; le augurava di essere felicee di nondoversi mai pentire di avere mandato il suo
povero ragazzo a penare e a morire nel mondo crudele.
Mentre camminavano tristemente l'uno accanto all'altroi due ragazzistrinsero un nuovo patto: di aiutarsi e di
essere fratellie di non separarsi mai finché la morte non li avessealleggeriti delle loro pene. Poi cominciarono a fare i
loro piani. Joe proponeva di fare l'eremitae di vivere di croste di pane inuna remota cavernae di morireprima o poi
di freddodi miseria e di dolore; madopo aver ascoltato Tomriconobbe cheuna vita di delitti presentava notevoli
vantaggie così accettò di fare il pirata.
Tre miglia a valle di St. Petersburgin un punto dove il fiume Mississippiera largo poco più di un miglioc'era
un'isola boscosalunga e strettacon una barra di sabbia a un capochesembrava il posto ideale. Era disabitata; si
trovava molto lontano dalla rivaverso quella oppostadavanti a una forestadensa e quasi totalmente spopolata. Così
venne scelta Jackson's Island. Chi dovesse cader vittima delle loropiraterieera un problema che non gli si affacciò alla
mente. Andarono poi a cercare Huckleberry Finnche accettò subito di unirsia loroperché tutte le carriereper lui
erano uguali; la cosa gli riusciva indifferente. Poco dopo si separaronopertrovarsi in un luogo solitario sulla riva del
fiume due miglia a monte del paeseall'ora preferitache era mezzanotte.Là c'era una piccola zattera di tronchi che
intendevano catturare. Ognuno avrebbe portato ami e lenzee tutte leprovviste che poteva rubare nel modo più oscuro e
misterioso: come si addice ai fuorilegge; e prima che fosse passato ilpomeriggio erano tutti riusciti a godere la gioia
ineffabile di spargere la voce che presto il paese avrebbe «sentitoqualcosa». Tutti quelli che ricevettero questa vaga
informazione furono pregati di «tenere il becco chiuso» e di aspettare.
Verso mezzanotte Tom arrivò con un prosciutto cotto e qualche utensile dipeltroe si fermò nel folto dei
cespugli su un piccolo dirupo che dominava il luogo del convegno. C'erano lestellee un grande silenzio. Il fiume
maestoso si stendeva davanti a lui come un oceano calmissimo. Per qualcheattimo Tom tese l'orecchioma nessun
suono turbò il silenzio. Poi emise un fischio chiaro e sommesso. Dai piedidel dirupo qualcuno rispose. Tom fischiò
altre due volte; questi segnali ricevettero un'identica risposta. Poi unavoce disse cautamente: «Chi va là?»
«Tom Sawyeril Vendicatore Nero del Mar dei Caraibi. Dite i vostri nomi.»
«Huck Finn la Mano Insanguinata e Joe Harper il Terrore dei Mari.»
Tom aveva tratto questi titoli dai suoi libri preferiti.
«Bene. Parola d'ordine?»
Due rochi sussurri formularono la stessa terribile parola simultaneamentenella notte che incombeva:
«Sangue!»
Tom allora fece ruzzolare il prosciutto giù dal promontorio e lo seguìstracciandosi pelle e abiti nell'impresa.
C'era un sentiero facile e comodo lungo la riva sotto il promontoriomamancava dei vantaggi del pericolo e della
difficoltà tanto apprezzati da un pirata..33
Il Terrore dei Mari aveva portato mezza pancettae si era quasi ammazzato difatica per farla arrivare fin là.
Finn la Mano Insanguinata aveva rubato una padella e un gran numero di fogliedi tabacco conciate a metàe aveva
portato anche dei tutoli per farci delle pipe. Ma nessuno dei pirati fumava o«ciccava» tranne lui. Il Vendicatore Nero
del Mar dei Caraibi disse che sarebbe stato un errore partire senza fuoco.Era un'idea saggia; a quei tempi i fiammiferi
erano ancora quasi sconosciuti. Videro un fuoco che covava sotto la ceneresopra uno zatterone cento metri a monte e si
avvicinarono di soppiatto per impadronirsi di un tizzone. Trasformaronoquell'operazione in una grande avventura
dicendo ogni tanto: «Zitti!» e fermandosi di colpo con un dito sullelabbra; sfiorando con le mani immaginarie cocce di
stiletti; e ordinandoin sussurri tenebrosiche se «il nemico» avessefatto un movimento si sarebbe dovuto
«piantarglielo nella pancia fino all'elsa»perché «i morti nonparlano». Sapevano benissimo che i barcaioli erano tutti
giù in paese a far provviste o a prendersi una sbronzama non era motivosufficiente per sbrigare la faccenda in un
modo poco piratesco.
Salparonofinalmente: Tom al comandoHuck al remo sinistro e Joe a quellodi prua. Tom stava al centro
della zatteracon la fronte aggrottata e le braccia consertee dava gliordini con voce bassa e severa.
«Orzae stringi il vento!»
«Sissignore!»
«Via così!»
«Via cosìsignore!»
«Poggia di una quarta!»
«Fattosignore!»
Mentre i ragazzi dirigevano fermamente e monotonamente la zattera verso ilcentro del fiumeera sottinteso
che questi ordini venivano impartiti solo «per bellezza»e che nonmiravano a nulla di particolare.
«Che vele porta?»
«Maestragabbia e controfioccosignore!»
«Issa gli stralli! Sei coltellacci di trinchettoforza! Muoversimuoversi!»
«Sissignore!»
«Spiega quel velaccio di maestra! Bracci e scotte! Avantimiei prodi!»
«Sissignore!»
«Barra sottovento... Vira a babordo! Pronti alla virata! Viravira! Forzaragazzi! Di buona lena! Via così!»
«Via cosìsignore!»
La zattera superò il centro del fiume; i ragazzi l'orientarono secondo lacorrente e poi tirarono su i remi. Il
fiume non era in pienaperciò la corrente non superava le due o tre miglia.Nei tre quarti d'ora successivi nessuno parlò
o quasi. Poi la zattera cominciò a passare davanti al paese lontano. Due otre luci baluginanti indicavano il luogo dove
esso si trovavaserenamente addormentatooltre l'ampia e cupa distesad'acqua ingemmata dalle stelleignaro
dell'eccezionale avvenimento che si stava svolgendo. Il Vendicatore Nerostava immobile con le braccia conserte
«contemplando per l'ultima volta» il teatro delle sue antiche gioie e deisuoi più recenti dolorie desiderando che «lei»
potesse vederloin quel momentoin balia del mare tempestosopronto adaffrontare con cuore indomito il pericolo e la
mortepronto a incontrare il suo destino con un amaro sorriso sulle labbra.Occorreva solo un piccolo sforzo
d'immaginazione per spostare Jackson's Island in un luogo dove l'isola fosseinvisibile dal paesee così Tom
«contemplò per l'ultima volta» la terra dei suoi avi col cuore spezzato macontento. Anche gli altri pirati guardavano
quella terra per l'ultima volta; e la guardarono anzi così a lungo darischiare che la corrente li portasse lontano dall'isola.
Ma si accorsero in tempo del pericolo e s'ingegnarono di eluderlo. Verso ledue del mattino la zattera si arenò sulla
barra dell'isoladuecento metri a montee i ragazzi fecero la spolanell'acqua bassa finché non ebbero sbarcato il loro
carico. Tra il materiale in dotazione alla piccola zattera c'era una vecchiavelache essi stesero come una tenda sopra un
cantuccio tra i cespugli per riparare le provvigioni; quanto a lorocoltempo bello avrebbero dormito all'aria aperta
come si addiceva ai fuorilegge.
Accesero un fuoco contro un grosso tronco nel buio della forestadopoesservisi inoltrati per venti o trenta
passie poi fecero friggere in padella un po' di pancetta per cenaemangiarono metà del pane di granturco che avevano
portato. Era una cosa magnifica banchettare cosìliberamentenella forestavergine di un'isola deserta e inesplorata
lontano dalle dimore degli uominie i tre giurarono di non tornare più allaciviltà. Le fiamme sempre più alte li
illuminavano in viso e proiettavano la loro luce rossastra sui tronchid'albero che erano le colonne del loro tempio nella
forestae sulle foglie lucide e sui festoni delle piante rampicanti. Quandol'ultima croccante fettina di pancetta fu
sparitae l'ultima razione di pane divoratai ragazzi si stesero sull'erbasoddisfatti. Avrebbero potuto trovare un posto
più frescoma non volevano privarsi di un elemento così romantico comequel cocente fuoco di bivacco.
«Non è bello?» disse Joe.
«È fantastico»disse Tom.
«Cosa direbbero i ragazzi se potessero vederci?»
«Cosa direbbero? Be'darebbero l'anima per essere quiehHucky?»
«Credo anch'io»disse Huckleberry; «in ogni caso sta bene a me. Io nonchiedo di più. Non riesco mai neanche
ad avere abbastanza da mangiaredi solito: e qui non possono venire arompere le scatole e a fare tanto gli smargiassi.»
«È proprio la vita che fa per me»disse Tom. «Non devi alzarti lamattinae non devi andare a scuolae lavarti
e tutto il resto. VediJoeun pirata non ha niente da farequando è aterrama un eremita deve pregaree tantoe poi
non credo che se la spassi moltocosìsempre da solo.».34
«Oh sìquesto è vero»disse Joe«ma non ci avevo pensato moltosai.Preferisco di gran lunga fare il pirata
ora che ho provato.»
«Vedi»disse Tom«la genteoggigiornonon ha simpatia per gli eremiticome un tempomentre un pirata è
sempre rispettato. E l'eremita deve dormire nel posto più scomodo che gliriesce di trovaree vestirsi di tela di sacco e
cospargersi il capo di ceneree star fuori sotto la pioggiae...»
«Perché si veste di tela di sacco e si mette la cenere in testa?» chieseHuck.
«Non so. Ma devono fare così. Gli eremiti lo fanno sempre. Anche tudovresti farlose fossi un eremita.»
«Mi venisse un accidente se lo farei»disse Huck.
«Allora che faresti?»
«Non lo so. Questoperònon lo farei.»
«Ma Huckdovresti farlo. Come potresti evitarlo?»
«Be'non lo sopporterei. Scapperei via.»
«Scappare! Bella schiappa d'eremita che saresti. Faresti scandalo.»
La Mano Insanguinata non risposeavendo altro di meglio da fare. Avevafinito di svuotare un tutoloe poi vi
fissò il gambo cavo di una piantalo riempì di tabaccopremette untizzone sul fornello ed emise una nube di fumo
fragrante; era al colmo della felicità. Gli altri due pirati gli invidiavanoquesto vizio sontuosoe nel segreto del loro
animo decisero di prenderlo al più presto. Poco dopo Huck disse:
«I pirati cosa devono fare?»
Tom disse:
«Ohsi divertono un mondoloro: catturano vascelli e li danno alle fiammeprendono i soldi e li seppelliscono
nel posto più spaventoso della loro isoladove ci sono spettri e robasimile per tenerli d'occhioe ammazzano tutti i
passeggeri: li fanno camminare su un'asse.»
«E si portano le donne sull'isola»disse Joe; «non le ammazzano micaledonne.»
«No»assentì Tom«le donne non le ammazzano: sono troppo nobili perfarlo. E poi le donne sono sempre
molto belle.»
«E i vestiti che indossano? Accidenti! Tutti d'oro e d'argento e didiamanti»disse Joe con entusiasmo.
«Chi?» disse Huck.
«Come? I pirati.»
Huck abbassò tristemente lo sguardo alla roba che indossava lui.
«Non credo di essere vestito da pirata»dissecon un certo rimpiantonella voce; «ma non ho altro che questi.»
Ma gli altri ragazzi gli spiegarono che i bei vestiti sarebbero arrivatiappena avessero dato inizio alle loro
avventure. Gli fecero capire che i suoi poveri stracci andavano benissimotanto per cominciareanche se i pirati
benestanti avevano l'abitudine di presentarsifin dal primo momentocon unguardaroba adeguato.
A poco a poco la conversazione si spense e la sonnolenza cominciò adappesantire le palpebre dei tre piccoli
derelitti. La pipa cadde dalle dita della Mano Insanguinatache dormì ilsonno dei giusti e degli stanchi. Il Terrore dei
Mari e il Vendicatore Nero del Mar dei Caraibi fecero più fatica adaddormentarsi. Recitarono le preghiere
mentalmentee coricatipoiché non c'era nessunolìtanto autorevole dacostringerli a inginocchiarsi e a recitarle ad
alta voce; veramente loro avevano pensato di non recitarle affattomaesitavano a spingersi fino a quel puntoper paura
di tirarsi sulla testaall'improvvisouna speciale folgore dal cielo. Poisi trovarono tutto in una volta sull'orlo del sonno
incombente: ma a un tratto arrivò un'intrusa che non voleva «togliersi daipiedi». Era la coscienza. Cominciarono a
provare un vago timore di aver fatto male a scappar via; e subito dopopensarono alla carne rubatae allora cominciò il
vero tormento. Cercarono di tacitare la coscienza ricordandole tutte le volteche avevano rubato mele e dolciumi; ma la
coscienza non aveva nessuna intenzione di lasciarsi placare da così esiliscuse. Parve loroalla fineche fosse
impossibile eludere questa dura realtà: prendere dei dolci era solo«grattare»mentre prendere il prosciuttola pancetta e
altra merce di valore come questa era puro e semplice rubare; e nella Bibbiac'era un comandamento contro il furto.
Perciò decisero mentalmente chefinché fossero rimasti nel ramole lorogesta piratesche avrebbero escluso il reato
rappresentato dal furto. Solo allora la coscienza accordò loro una treguaequesti pirati così stranamente incoerenti
scivolarono serenamente nel sonno.
CAPITOLO XIV
La mattina dopoquando si svegliòTom non capì subito dov'era. Si mise asederesi fregò gli occhi e si
guardò intorno; allora comprese. Era l'albafresca e grigiae nella grandecalma e nel profondo silenzio dei boschi c'era
un senso delizioso di pace e di tranquillità. Non si muoveva una foglia; nonun suono turbava le solenni meditazioni
della Natura. Gocce di rugiada imperlavano l'erba e il fogliame. Il fuoco eracoperto da uno strato di cenere biancae un
fil di fumo azzurro e sottile saliva dritto in aria. Joe e Huck dormivanoancora. Poilontanonei boschiun uccello
emise il suo richiamo; un altro rispose; e poco dopo si udì il martellare diun picchio. A poco a poco il fresco e vago
grigiore del mattino sbiancòe altrettanto gradualmente si moltiplicarono isuoni e la vita si manifestò. La meraviglia
della Natura che si scuote il sonno di dosso e riprende il suo lavoro sispiegò davanti agli occhi del ragazzo pensieroso.
Un piccolo bruco verde cominciò ad arrampicarsi su una foglia coperta dirugiadasollevando nell'aria ogni tanto due.35
terzi del suo corpoper «fiutare il vento»e poi riprendendo ad avanzareperché «stava misurando»diceva Tom; e
quando il bruco gli si avvicinò spontaneamentelui rimase immobile come unsassoe le sue speranze crescevano e
calavano a seconda che la creaturina continuasse a procedere nella suadirezione o paresse propensa a recarsi altrove; e
quando finalmente riflettéper un tempo interminabilecol corpiccioloinarcato nell'ariae poi puntò deciso verso la
gamba di Tom e cominciò a viaggiare sul suo corpoil suo cuore esultò;perché questo voleva dire che avrebbe avuto un
vestito nuovo: senz'ombra di dubbiouna sgargiante uniforme da pirata. Poicomparve una processione di formiche
sbucate da chissà doveche cominciarono subito a darsi un gran daffare; unapassò lottando eroicamente con un ragno
morto cinque volte più grosso di leie riuscì addirittura a trascinarselosu per un tronco d'albero. Una coccinella coperta
di macchie brune raggiunse l'altezza vertiginosa di un filo d'erbae Tom sichinò su di lei e disse:
Coccinellacoccinellacorrivola
La casa brucia e la tua nidiata è sola
al che lei spiccò il volo e andò a vedere cosa stava succedendo: decisioneche non sorprese il ragazzoperché Tom
sapeva da un pezzo che quest'insetto è un sempliciottoe più di una voltasi era approfittato della sua credulità. Venne
poi uno scarabeospingendo energicamente la sua pallae Tom toccòl'insetto per vederlo stringere al corpo le zampine
e fingersi morto. Ormai gli uccelli facevano un baccano infernale. Un uccellogattoil motteggiatore del nordsi posò su
un albero sopra la testa di Tom e in un'estasi di gioia fece con i suoitrilli l'imitazione dei vicini; poi una stridula
ghiandaia scese in picchiatain un lampo di fiamme bluastree si fermò suun ramoscello quasi a portata di mano del
ragazzoinclinò la testa da un lato e studiò quegli intrusi con unacuriosità divorante; uno scoiattolo grigio e un grosso
animale che sembrava una volpe arrivarono insiemedi corsafermandosi atratti per esaminare i ragazzi con uno
squittioperché quelle selvatiche bestiole non avevano probabilmente maivisto prima un essere umanoe a stento
sapevano se aver paura o no. Ormai tutta la Natura era completamente svegliae si stava alzandolunghe lance di sole
perforavano il bosco attraverso il fitto fogliamevicino e lontanoedentrarono in scena svolazzando anche delle
farfalle.
Tom svegliò gli altri pirati e tutti corsero viarumorosamentecon unurloe in pochi istanti erano già svestiti e
si stavano inseguendo e rotolavano l'uno addosso all'altro nell'acqua limpidae poco profonda della barra di sabbia
bianca. Non provavano alcuna nostalgia per il piccolo villaggio che dormivain lontananza oltre il maestoso deserto
d'acqua. Una corrente vagante o un leggero innalzamento del livello del fiumeaveva portato via la loro zatterama
questo gli fece soltanto piacereperché la scomparsa dell'imbarcazioneequivaleva all'aver bruciato il ponte che ancora
li univa alla civiltà.
Tornarono al campo magnificamente rinfrescatifelici e affamati come lupi; epresto fecero di nuovo
divampare il fuoco del bivacco. Huck trovòlì vicinouna sorgente d'acqualimpida e frescae i ragazzi si fecero delle
tazze con larghe foglie di quercia o di noce e scoprirono che l'acquaaddolcita dall'incanto di quel boscoera un valido
surrogato del caffè. Mentre Joe affettava la pancetta per la colazioneTome Huck gli chiesero di aspettare un momento;
si diressero verso un cantuccio promettente lungo la riva del fiume egettarono la lenza; la loro fatica fu ricompensata
quasi subito. Joe non aveva ancora avuto il tempo di spazientirsi che eranodi ritorno con qualche pesce persicoun paio
di persici sole e un piccolo pesce gatto: provviste sufficienti per unafamiglia numerosa. Fecero friggere il pesce con la
pancetta e rimasero sbalorditi; perché non avevano mai mangiato un pescecosì delizioso. Non sapevano che un pesce
d'acqua dolce è tanto migliore quanto più rapidamente viene cotto dopo lacattura; e non avevano pensato molto al
condimento che rappresentano il dormire all'aria apertail fare del motosempre all'aria apertail bagnarsi nel fiumee
quell'altro importante ingrediente che è la fame.
Dopo colazione si distesero all'ombraqua e làmentre Huck faceva unafumatinae poi andarono nei boschi
per una spedizione esplorativa. Procedevano allegramentesopra tronchimarcititra cespugli aggrovigliatisotto solenni
re della foresta ammantati dalla cupola alle radici di splendidi festoni dipiante rampicanti. Ogni tanto sbucavano in
qualche piccola radura tappezzata d'erba e ingioiellata di fiori.
Trovarono un mucchio di cose di cui dilettarsima nessuna che li lasciasse abocca aperta. Scoprirono che
l'isola era lunga quasi cinque chilometri e larga meno di cinquecento metrie che tra l'isola e la riva più vicina c'era solo
uno stretto canale largo appena duecento metri. Ogni orao quasifacevanoil bagnoper cui non tornarono al campo
che verso la metà del pomeriggio. Erano troppo affamati per mettersi apescarema fecero una gran mangiata di
prosciuttoe poi si distesero all'ombra a chiacchierare. Presto però lechiacchiere cominciarono a diradarsie poi si
spensero. Il silenzio e la solennità che regnavano nel boscoe il senso disolitudinecominciavano a pesare sullo spirito
dei ragazzi. Si misero a pensare. S'insinuò dentro di loro una sorta di vaganostalgia che di lì a poco prese una forma più
precisa: erano i primi sintomi della nostalgia di casa. Persino Finn la ManoInsanguinata pensava ai suoi gradini e alle
sue botti vuote. Ma si vergognavano tutti della loro debolezzae nessuno eratanto coraggioso da dire quello che gli
passava per la testa.
I ragazzigià da qualche tempoavevano notato vagamente un suono singolarein lontananzaproprio come si
avvertecerte volteil ticchettio di un orologio cui non s'è fatto caso.Ma ora questo suono misterioso diventava più
distintoed esigeva di farsi riconoscere. I ragazzi trasalironosiscambiarono un'occhiatae poi ciascuno prese
l'atteggiamento di chi ascolta intensamente. Vi fu un lungo silenzioprofondo e ininterrotto; poi da lontano planò fino a
loro un rombo cupo e imbronciato.
«Cos'è?» esclamò Joesottovoce..36
«Non so»disse Tom in un sussurro.
«Non è il tuono»disse Huckleberryintimidito«perché il tuono...»
«Ascolta!» disse Tom; «senti: non parlare.»
Attesero per un tempo che sembrava un secoloe poi lo stesso rombo soffocatotornò a turbare il silenzio
solenne.
«Andiamo a vedere.»
Scattarono in piedi e corsero alla riva da cui era visibile il paese.Divisero i cespugli sulla duna e aguzzarono lo
sguardo in quella direzione. Il traghetto a vapore era un paio di chilometria valle del villaggio e procedeva col favore
della corrente. L'ampia coperta sembrava gremita di gente. C'erano tantissimebarche a remi che passavanoo che si
lasciavano trasportare dalla correntenei pressi del traghettoma i ragazzinon riuscivano a determinare cosa stesse
facendo la gente che c'era sopra. Poco dopo un grosso getto di fumo biancoscaturì dalla fiancata del traghettoe mentre
si allargava e saliva formando una nuvola pigraall'orecchio dei ragazzi inascolto giunse la stessa cupa pulsazione
sonora di prima.
«Ci sono!» esclamò Tom; «è annegato qualcuno!»
«Giusto»disse Huck; «hanno fatto la stessa cosa l'estate scorsaquandoè annegato Bill Turner; sparano un
cannone sopra l'acquacosì lui viene a galla. Sìe poi pigliano dellepagnotte e ci mettono dell'argento vivo e le fanno
galleggiaree dove c'è qualcuno che è affogatoquelle galleggiano fin lìe si fermano.»
«Sìne ho sentito parlare»disse Joe. «Chissà perché il pane facosì.»
«Ohnon è tanto il pane»disse Tom; «io credo che dipenda soprattuttodalle parole che dicono sul pane prima
di buttarlo in acqua.»
«Ma non dicono nientesul pane»disse Huck. «Io li ho vistie nondicono niente.»
«Tohquesta è bella»disse Tom. «Ma forse lo dicono tra loro. Ènaturale che sia così. Altrimenti lo
saprebbero tutti.»
Gli altri ammisero che c'era del vero in quello che diceva Tomperché da untozzo di pane ignoranteprivo
delle istruzioni contenute in un incantesimonon si poteva pretendere cheagisse con molta intelligenzauna volta
ricevuto un incarico di tale gravità.
«Acciderbavorrei essere là»disse Joe.
«Anch'io»disse Huck. «Cosa non darei per sapere chi è.»
I ragazzi continuarono a guardare e a tendere l'orecchio. Finalmente unpensiero rivelatore balenò nella mente
di Tomche disse:
«Ragazziho capito chi è annegato: noi!»
In un lampo si sentirono degli eroi. Ecco un magnifico trionfo; sentivano laloro mancanza; piangevano la loro
perdita; c'erano dei cuori che si spezzavano per causa loro; lacrime chevenivano versate; tornavano ricordi accusatori di
sgarberie commesse ai danni di quei poveri ragazzi scomparsie rimorsi einutili rimpianti; eciò che più contavagli
scomparsi erano sulla bocca di tuttie non c'era ragazzo che non liinvidiassenella notorietà alla quale erano
improvvisamente assurti. Bello. Valeva la pena di fare il piratadopo tutto.
Quando venne il tramontoil traghetto tornò al solito lavoro e le barche sene andarono. I pirati tornarono al
campo. La loro nuova fama e le noie che con la loro scomparsa stavano dando atutti li avevano resi più spacconi e
smargiassi di prima. Pescaronoprepararono la cena e la consumaronoe poisi misero a fare congetture su quello che la
gente poteva pensare e dire di loro in paese; e le scene che evocavanod'angoscia e di doloreerano molto gradevolidal
loro punto di vista. Ma quando le ombre della notte calarono su di loroapoco a poco smisero di parlare e rimasero là
seduti con lo sguardo fisso al fuocoe con la mente che se ne andava chissàdove. L'entusiasmoormaiera sparitoe
Tom e Joe non potevano far a meno di pensare a certe persone chea casanonsi stavano godendo come loro questa
magnifica monelleria. Nascevano le prime apprensioni; i due ragazzicominciavano a sentirsi turbati e infelici;
inavvertitamentesfuggì loro qualche sospiro. Di lì a poco Joe azzardòuna timida domanda: cosa pensavanogli altridi
un eventuale ritorno alla civiltà? Non subitoma...
Tom lo gelò col suo disprezzo. Huckche era ancora indipendenteprese leparti di Tome il dubbioso
prontamente «si spiegò» e fu ben lieto di potersela cavare con lareputazione quasi intatta; la macchiava solo un'ombra
piccolissima di sospetto: il sospetto che la nostalgia di casa avesse fattodi lui un pusillanime. Intantotuttavia
l'ammutinamento era stato domato.
Via via che s'infittivano le tenebreHuck cominciò a ciondolare la testaepoco dopo a russare; Joe lo seguì
quasi subito. Tom giacque immobile per un certo tempoappoggiandosi a ungomito e guardando intensamente i due.
Alla fine si rizzò cautamente sulle ginocchia e andò a frugare tra l'erba ei baluginanti raggi di luce proiettati dal fuoco
di bivacco. Raccolse e ispezionò diversi pezzi di scorza di sicomorocheformavano dei mezzi cilindri bianchi e sottili
e finalmente ne scelse due che sembravano fare al caso suo. Alloras'inginocchiò davanti al fuoco e scrisse
faticosamente qualche cosa su ciascuno dei due pezzi di corteccia col suomozzicone di matita rossa; uno lo arrotolò e
se lo mise nella tasca della giaccae l'altro lo depose nel cappello di Joeche piazzò a breve distanza dal suo
proprietario. Mise nel cappello anche certi tesori infantili di quasiinestimabile valoretra i quali un pezzo di gessouna
palla di caucciùtre ami da pesca e una di quelle biglie che venivanochiamate dai bambini «boccino di sassetto». Poi
in punta di piedisi allontanò cautamente tra gli alberi finché non ebbela certezza che nessuno potesse più udirloe
allora si mise a correre di buona lena in linea retta verso la barra disabbia..37
CAPITOLO XV
Pochi minuti dopo Tom era nell'acqua bassa della seccae procedevaa guadoverso la costa dell'Illinois.
Prima che l'acqua gli arrivasse alla vita era già oltre la metà: lì lacorrente non gli permetteva più di camminaree allora
Tom si accinse fiducioso a coprire gli ultimi cento metri a nuoto. Nuotavacontrocorrentein diagonaleeppure venne
trascinato a valle molto più in fretta di quanto avesse immaginato.Comunquealla fine raggiunse la rivae si lasciò
portare dalla corrente fino a quando toccò terra e uscì dall'acqua. Si misela mano sulla tasca della giaccatrovò che il
pezzo di corteccia era sano e salvoe poi prese per i boschiseguendo lariva coi vestiti gocciolanti. Poco prima delle
dieci sbucò in uno spiazzo di fronte al paese e vide il traghetto fermoall'ombra degli alberi e dell'argine. Sotto le stelle
ammiccanti tutto taceva. Tom scese dall'arginebadando a dove metteva ipiedisi lasciò scivolare in acquafece tre o
quattro bracciate a nuoto e salì sulla barca che fungeva da «scialuppa» apoppa del battello. Si distese sotto i banchi e
aspettòcol fiato grosso. Poco dopo la campana incrinata squillòe unavoce diede l'ordine di «mollare». Ancora un paio
di minutie la prua della barca s'impennò nella scia del traghetto che laprecedeva: il viaggio era cominciato. Tom era
felice del suo successoperché sapeva che quella era l'ultima traversatadel battello prima di notte. Dopo quattordici o
quindici minuti - un tempo che gli parve molto lungo - le ruote si fermaronoe Tom si lasciò scivolare fuoribordo e
nuotò fino a rivanell'ombratoccando terra cinquanta metri a valledovenon correva il rischio d'imbattersi in qualche
ritardatario. Corse per stradine poco frequentatee in breve si trovòdavanti allo steccato posteriore della casa di sua zia.
Lo scavalcòsi avvicinò alla «elle» e guardò dentro dalla finestra delsoggiornoperché vi splendeva una luce. Vi
sedevano zia PollySidMary e la madre di Joe Harperin gruppoaconversare. Erano accanto al lettoe il letto si
trovava tra loro e la porta. Tom andò alla porta e cominciò a sollevaredolcemente il chiavistello; poi spinse piano piano
e la porta cedette; continuò a spingere cautamentetremando ogni volta chemandava un cigoliofinché non gli parve di
potervi passareginocchioni; allora mise dentro la testa e cominciò astrisciarecon prudenza.
«Cos'è che fa oscillare la fiamma della candela?» disse zia Polly. Tomaffrettò l'andatura. «Diaminequella
porta è apertacredo. Ma certo. Le stranezze non finiscono mai. Valla achiudereSid.»
Tom sparì sotto il letto appena in tempo. Rimase là disteso per un po'ariprender fiatoe poi sempre
strisciando si avvicinò fin quasi a toccare il piede di sua zia.
«Ma come stavamo dicendo»disse zia Polly«non era
cattivoper così diresolo birichino. Solo sventatoeimprudentecapisce? Non era più responsabile di un puledro. Non ha maiavuto cattive intenzionied era il ragazzo più
generoso che fosse mai esistito...» E scoppiò in pianto.
«Era proprio la stessa cosa col mio Joe: sempre pieno delle sue diavoleriee pronto a fare qualunque
birichinatama buono e generoso come se ne trovano pochi; e pensare - ilSignore mi perdoni - che l'ho picchiato per
aver preso quella pannasenza ricordarmi una sola volta che l'avevo buttatavia perché era acida; e non vederlo mai più
a questo mondomaimaimaipovero bambino maltrattato!» E la signoraHarper singhiozzava come se le si volesse
spezzare il cuore.
«Spero che Tom stia meglio dov'è adesso»disse Sid; «ma se a volte fossestato più obbediente...»
«Si
d!» Tom sentì il pesodell'occhiata della vecchia signoraanche se non poteva vederla. «Non unaparolacontro il mio Tomora che se n'è andato! Dio avrà cura di
lui:non è il caso che te ne preoccupi tubel tomo. Ohsignora Harpernon so come rassegnarmi alla sua perditanon so comerassegnarmi! Era un tale confortoper meanche
se certe volte mi faceva scoppiare il cuorequasi.»
«Il Signore dàil Signore toglie. Sia benedetto il nome del Signore! Macom'è duraohcom'è dura! Solo
sabato scorso il mio Joe mi ha fatto esplodere un petardo sotto il nasoe iocon una sberla l'ho mandato a gambe levate.
Mica sapevoallorache presto... Ohse dovesse rifarlolo abbraccerei elo ringrazierei per questo.»
«Sìsìsìcapisco bene ciò che provasignora Harpercapisco moltobene ciò che prova. Non più tardi di ieri
pomeriggio il mio Tom ha riempito il gatto di Ammazzadoloree io credevo chequella bestia mi buttasse giù la casa. E
Dio mi perdoniho dato a Tom uno scappellotto col ditalepovero ragazzopovera creatura che non c'è più. Ma ormai
ha finito di soffrire. E le ultime parole che gli ho sentito dire erano dibiasimo...»
Ma questo ricordo era troppo penoso per la vecchia signorache si accasciò.Anche Tom si era messo a tirare
su col naso: più per autocommiserazione che per altro. Sentiva Mary chepiangevae che di tanto in tanto intercalava
una parola buona su di lui. Tom cominciava ad avere di se stesso un'opinionepiù elevata di prima. Tuttavia era
abbastanza commosso dal dolore di sua zia per provare il desiderio di saltarfuori da sotto il letto e farla morire di gioia:
e la teatralità del gesto ben si confaceva alla sua naturama il ragazzoresistette e restò immobile. Continuando ad
ascoltaredai brandelli della conversazione riuscì a capire che inprincipio si era congetturato che i ragazzi fossero morti
annegati mentre facevano il bagno; poi qualcuno si era accorto che mancava lapiccola zattera; poi certi monelli
avevano detto che i ragazzi scomparsi avevano promesso che presto in paese sene sarebbero sentite «delle belle»; e i
più dritti avevano «fatto due più due» e deciso che i ragazzi se l'eranosvignata con la zatterae che dopo un po' di
tempo sarebbero riemersi in qualche cittadina lungo il corso del fiumepiùa valle; ma verso mezzogiorno la zattera era
stata rintracciataarenata sulla sponda del Missouri otto o dieci chilometria vallee allora ogni speranza era venuta
meno; dovevano essere annegatialtrimenti la fame li avrebbe fatti tornare acasa al cader della nottese non prima. Si
riteneva che la ricerca dei corpi fosse stata un tentativo infruttuoso soloperché l'annegamento doveva essere avvenuto
in mezzo al fiumedal momento che i ragazziessendo dei buoni nuotatoriavrebbero altrimenti raggiunto la riva..38
Questo era stato mercoledì sera. Se i corpi non fossero saltati fuori entrola domenicasi sarebbe abbandonata ogni
speranzae quel mattino avrebbe avuto luogo il servizio funebre. Tomrabbrividì.
La signora Harper augurò agli altri una singhiozzante buonanotte e voltò lespalle per andarsene. Alloramosse
da un reciproco impulsole due donne afflitte si gettarono l'una nellebraccia dell'altra per farsi un bel pianto
consolatorioe si divisero. Zia Polly fu molto più tenera del solito neldare la buonanotte a Sid e a Mary. Sid tirava un
pochino su col nasoe Mary se ne andò piangendo come una fontana.
Zia Polly si mise in ginocchio e pregò per Tom in un modo così fervido etoccantee con un amore così
smisurato nelle parole e nella vecchia voce tremulache il ragazzo piangevanuovamente a calde lacrime molto prima
che lei avesse finito.
Dovette starsene immobile per un pezzodopo che zia Polly se ne fu andata alettoperché la donna continuava
di tanto in tanto a lanciare esclamazioni di sconfortoe a girarsi erigirarsi nel letto. Ma finalmente restò immobile
anche leigemendo appena sommessamente nel sonno. Allora il ragazzo uscìfurtivamentesi drizzò a poco a poco
accanto al lettoschermò la candela con la mano e si fermò a guardarla. Ilsuo cuore era pieno di compassione per lei.
Estrasse il suo papiro di sicomoro e lo depose vicino alla candela. Ma a untratto ebbe un'ideae rimase lì a pensarci. La
brillante soluzione ispiratagli da quell'idea lo illuminò in viso; Tom misein fretta la corteccia in tascapoi si chinò a
baciare quelle labbra scolorite e fece subito la sua uscita furtivachiudendosi la porta alle spalle.
Tornò all'imbarcaderonon vi trovò nessunoe salì audacemente sulbattelloperché sapeva che a bordo c'era
solo un guardiano che a una cert'ora se ne andava a letto e dormiva come unghiro. Slegò la barca a poppavi si lasciò
scivolare dentroe poco dopo stava remando cautamente controcorrente. Quandofu quasi due chilometri a monte del
paesecominciò la traversatain diagonaleremando con tutta la sua forza.Toccò terra giusto giusto all'altezza
dell'imbarcadero sull'altra spondaperché quello era un lavoro checonosceva bene. Per un attimo provò la tentazione
d'impadronirsi della barcadicendosi che poteva essere considerato unvascello e perciò una preda legittima per un
pirata; ma sapeva che l'avrebbero cercata dappertuttoe che una battuta delgenere avrebbe potuto concludersi con altre
rivelazioni. Allora saltò sulla riva e si addentrò nel bosco. Si sedette eriposò a lungosforzandosi in tutti i modi di star
sveglioe poi iniziò stancamente l'ultimo tratto del viaggio. La notte eraquasi alla fine. Quando si trovò alla stessa
altezza del banco di sabbia dell'isola era giorno fatto. Si riposò di nuovofinché non spuntò il soleindorando il grande
fiume col suo splendoree poi si tuffò nella corrente. Poco dopo sifermavagocciolantealle soglie dell'accampamento
e sentì Joe che diceva:
«NoTom è lealeHucke tornerà. Non diserterà. Sa che sarebbe un'ontaper un piratae Tom è troppo
orgoglioso per fare una cosa simile. Starà macchinando qualcosa. Ma cosa?mi domando.»
«Be'ad ogni modo la roba è nostrano?»
«Quasima non ancora Huck. Il messaggio dice che lo diventerà se non saràtornato prima di colazione.»
«Cosa che ho fatto!» esclamò Tomcon uno splendido effetto teatralefacendo il suo solenne ingresso
nell'accampamento.
Di lì a poco s'imbandì una sontuosa colazione a base di pesce e pancettaementre i ragazzi si accingevano a
divorarla Tom raccontò (con tutti gli abbellimenti necessari) le sueavventure. Quando la storia finìerano un pugno di
eroi vanesi e tracotanti. Poi Tom si nascose in un cantuccioall'ombraperdormire fino a mezzogiornoe gli altri pirati
si prepararono a pescare e a proseguire le loro esplorazioni.
CAPITOLO XVI
Dopo pranzo tutta la banda andò a caccia di uova di tartaruga sulla barra.Giravano qua e là conficcando uno
stecco nella sabbiae quando scoprivano che affondava facilmente simettevano in ginocchio e scavavano con le mani.
A volteda un solo bucotoglievano anche cinquanta o sessanta uova. Eranodegli oggetti bianchiperfettamente
rotondiun po' più piccoli di una noce. Quella sera banchettarono con unagrandiosa frittatae ne fecero un'altra il
venerdì mattina. Dopo colazione raggiunsero la barraurlando e saltandoesi rincorsero spogliandosi via viafinché
non rimasero nudie poi continuarono a giocare nell'acqua bassa della barrapiù lontanocontro la gagliardia della
correnteche ogni tanto gli faceva lo sgambettoaumentando notevolmente lospasso. E ogni tanto si raggruppavano per
spruzzarsi l'acqua in faccia col palmo delle maniaccostandosi a poco a pococon la faccia girataper schivare gli
schizzie venendo infine alle mani e lottando finché il più forte nonriusciva a cacciare sott'acqua il suo vicinoe poi
s'immergevano tuttiin un groviglio di gambe e braccia bianchee venivano agallacontemporaneamentesoffiando
tossendoridendo e boccheggiando per riprender fiato.
Quando si sentivano spompatiuscivano di corsa e si gettavano sulla spiaggiacalda e asciuttae restavano là
distesi a coprirsi di sabbiae ogni tanto si alzavano per fare un altrotuffo e tornare alle solite prodezze. Finalmente
qualcuno trovò che la loro pelle nuda somigliava moltissimo a unacalzamaglia color carne; allora tracciarono un
cerchio nella sabbia ed ecco il circo: con tre pagliacci in pistaperchénessuno voleva cedere all'altro questo posto
gloriosissimo.
Presero poi le biglie e giocarono a «pista»a «buca» e a «cicca»finché il divertimento perse la sua attrattiva.
Allora Joe e Huck fecero un altro bagnoma Tom non volle rischiareperchéaveva scoperto che togliendosi i calzoni si
era sfilato dalla caviglia il suo braccialetto di sonagli di crotaloe sichiedeva come avesse fatto a sfuggire per tanto.39
tempo ai crampi senza la protezione di quel misterioso amuleto. Non osòentrare in acqua finché non l'ebbe trovatoe
allora gli altri erano stanchi e pronti al riposo. Piano piano s'isolaronosi «buttarono giù»e si misero a contemplare
nostalgicamentesull'altra riva del larghissimo fiumela zona in cui ilvillaggio sonnecchiava al sole. Tom si sorprese a
scrivere «Becky» con l'alluce nella sabbia; lo cancellò e se la prese conse stesso per la propria debolezza. Mamalgrado
questolo scrisse di nuovo; non poteva farne a meno. Lo cancellò ancora unavoltae poi si sottrasse alla tentazione
radunando gli altri ragazzi e unendosi a loro.
Ma l'allegria di Joe pareva morta e sepolta. La nostalgia di casa eradiventata così forte che il ragazzo
sembrava incapace di sopportarne l'infelicità. Aveva le lacrime agli occhi.Anche Huck era malinconico. Tom era giù di
cordama faceva di tutto per non darlo a vedere. Aveva un segreto che nonera ancora pronto a confidarema se non si
fosse fatto subito qualcosa per vincere questa sediziosa depressioneavrebbedovuto ricorrervi. Fingendosi allegrissimo
disse:
«Ragazziscommetto che su quest'isola ci sono già stati dei pirati. Laesploreremo di nuovo. Hanno nascosto
dei tesoriquichissà dove. Come vi sentireste a inciampare in uno scrignotarlato pieno d'oro e d'argentoeh?»
Ma la proposta suscitò pochi entusiasmiche svanirono senza commenti. Tomtentò qualche altra seduzione;
ma anche questo fallì. Era un lavoro scoraggiante. Joesedutopunzecchiavala sabbia con uno steccoe aveva un'aria
molto cupa. Finalmente disse:
«Ohragazzilasciamo perdere. Io voglio andare a casa. È così solitarioquesto posto.»
«OhnoJoetra poco ti sentirai meglio»disse Tom. «Pensa solo alpesce che c'è qui.»
«Me ne infischiodel pesce. Voglio andare a casa.»
«MaJoenon c'è un altro posto per nuotare come questo.»
«Non ho più voglia di nuotare; non mi piacequando non c'è nessuno ingiro a dirmi che non devo fare il
bagno. Voglio andare a casa.»
«Ohuffa! Moccioso! Avrai voglia di vedere tua madreimmagino.»
«Sìho voglia di vedere mia madree anche tu ce l'avrestise l'avessi. Enon sono più moccioso di te.» E Joe
tirò un po' su col naso.
«Be'lasciamo che il piagnucolone vada a casa dalla mammaehHuck?Poverino: vuol vedere sua madre? E
così sia. A te piace questo postoveroHuck? Noi restiamono?»
Huck disse: «Sssì...»senza il minimo entusiasmo.
«Non ti rivolgerò più la parola finché campo»disse Joealzandosi inpiedi. «Ecco!» Eimbronciatosi
allontanò e cominciò a vestirsi.
«Chi se ne frega?» disse Tom. «Nessuno ci tiene. Va' pure a casa a fartirider dietro. Ohbel pirata che sei.
Huck e io non siamo dei piagnucoloni. Noi resteremo quiveroHuck?Lasciamolo andarese vuole. Credo che
riusciremo a tirare avanti senza di lui. No?»
Ciò nonostante Tom era un po' inquietoe notava con una certapreoccupazione che Joe continuava cupamente
a vestirsi. E poi era sconfortante vedere con quale invidia Huck assistesseai preparativi di Joein un silenzio così
minaccioso. Finalmentesenza una parola di salutoJoe cominciò a guadareil canale che li separava dalla costa
dell'Illinois. Tom aveva il cuore nei calcagni. Lanciò un'occhiata a Huck.Huck non la sostenne e abbassò lo sguardo.
Poi disse:
«Anch'io voglio andar viaTom; già cominciavo a sentire la solitudineeora sarà peggio. Andiamo via anche
noiTom.»
«Io no; voi due potete andarvenese volete. Io voglio restare.»
«Sarà meglio che io me ne vadaTom.»
«Be'allora vattene: chi te lo impedisce?»
Huck cominciò a raccattare i suoi indumenti sparsi qua e là. Disse: «Tomvorrei che venissi anche tu.
Pensaci. Ti aspetteremoquando saremo di là.»
«Be'aspetterete un pezzotutto qui.»
Huck cominciò ad allontanarsiaddoloratoe Tom lo seguì con lo sguardomentre il cuore gli si apriva a un
forte desiderio di vincere il proprio orgoglio e andare con loro. Sperava chei ragazzi si fermasseroma loro
continuavano a guadare lentamente il canale. Tutt'a un tratto Tom si accorseche l'isola era diventata solitaria e
silenziosa. Ingaggiò un'ultima lotta col suo orgoglioe poi partìall'inseguimento dei compagniurlando:
«Aspettate! Aspettate! Devo dirvi una cosa!»
Quelli allora si fermarono e si voltarono indietro. Quando li ebbe raggiuntiTom cominciò a svelare il suo
segretoe loro lo ascoltarono imbronciati finché non videro dove volevaandare a pararee allora sbottarono in un grido
di guerra di entusiasmo e di approvazione e dissero che era «splendido» echese Tom gliel'avesse detto primanon
sarebbero andati via. Lui trovò una scusa plausibile; ma il suo vero motivoera stato il timore che nemmeno quel segreto
avrebbe impedito loro di andarsene; per questo lo aveva tenuto di riservacome estrema risorsa.
I ragazzi tornarono indietro allegramente e ripresero di buona lena i lorogiochichiacchierando senza posa del
fantastico piano di Tom e ammirandone la genialità. Dopo una cena squisitadi uova e di pesceTom disse che ora
voleva imparare a fumare. Joe gradì l'ideae disse che anche a lui sarebbepiaciuto provare. Così Huck fece delle pipe e
le riempì. Questi novizi non avevano mai fumato altro che sigari di fogliedi viteche «mordevano» la lingua e
comunquenon erano considerati roba da uomini.
Poi si sdraiaronoappoggiandosi ai gomitie cominciarono ad aspirare conprudenzae con poca fiducia. Il.40
fumo aveva un sapore sgradevoleche provocò qualche conato di vomitomaTom disse:
«Accipicchiaè facilissimo! Se avessi saputo che era tutto quiavreiimparato da un pezzo.»
«Anch'io»disse Joe. «È una cosa da niente.»
«Cavoloquante volte ho guardato la gente che fumava e mi son detto: be'vorrei saperlo fare anch'io; ma non
avrei mai pensato di esserne capace»disse Tom. «Io sono proprio fattocosìnoHuck? Tu mi hai sentito parlare così
noHuck? Dillo tuHuckse non è vero.»
«Sìun mucchio di volte»disse Huck.
«Be'anch'io»disse Tom; «ohcentinaia di volte. Una volta laggiùvicino al mattatoio. Non ti ricordiHuck?
C'era Bob Tannere Johnny Millere Jeff Thatcherquando l'ho detto. Non tiricordiHuckquando l'ho detto?»
«Sìè vero»disse Huck. «È stato il giorno dopo che persi una bigliasuper bianca... Noè stato il giorno
prima!»
«Eccote l'avevo detto»disse Tom. «Huck se lo ricorda.»
«Io credo che potrei fumare questa pipa tutto il giorno» disse Joe. «Nonho mica la nausea.»
«Neanch'io»disse Tom. «Io potrei fumarla tutto il giornoma sono prontoa scommettere con voi che Jeff
Thatcher non ce la farebbe.»
«Jeff Thatcher! Ma comeandrebbe a gambe levate dopo due boccate. Che ciprovi una volta solae vedrà!»
«Sicuroe anche Johnny Miller... Vorrei vedere Johnny Miller che ci provauna volta sola.»
«E io no?» disse Joe. «Cavoloscommetto che Johnny Miller non ce lafarebbe mai. Solo una boccata e
andrebbe in coma.»
«Proprio cosìJoe. Di'... Vorrei che i ragazzi ci vedessero in questomomento.»
«Anch'io!»
«Sentiteragazzinon dite niente a nessunoe una voltaquando verrannolì a dirti: "Joehai una pipa? Ho
voglia di fumare!"tu gli diraicon aria indifferentecome se fosseuna cosa da nullagli dirai: "Sì. Ho la mia
vecchiapipae ne ho anche un'altrama è il tabacco che non è tanto buono."E io dirò: "Ohquello va benese è abbastanza
fort
e." E allora tutirerai fuori le pipee noi le accenderemocalmi calmie poi vedremo chefaccia faranno!»«Accidentisarà un bello spassoTom; vorrei poterlo fare
subito!»«Anch'io! E quando gli diremo che abbiamo imparato facendo i piraticomevorranno essere stati con noi!»
«Ohaltroché! Ci scommetto l'osso del collo!»
Così proseguiva la conversazione; ma dopo un certo tempo cominciò aristagnare un tantinoe a diventare
sempre più sconnessa. I silenzi si allungarono; le espettorazioni crebbero adismisura. Ogni poro nella bocca dei ragazzi
divenne una fonte zampillante; non riuscivano a svuotare le cantine sotto lalingua abbastanza in fretta per impedire
un'inondazione; qualcosaogni tantogli tracimava in golaper quantisforzi facesseroe ogni volta ne seguivano
improvvisi conati di vomito. Ormai i due ragazzi erano pallidissimi eabbattuti. La pipa di Joe cadde dalle sue dita
inerti. Quella di Tom fece la stessa fine. Le due fontane andavano a tuttospianoimitate dalle pompe. Joe disse con
voce flebile:
«Ho perso il coltello. Sarà meglio che vada a cercarlo.»
Tom dissecon labbra tremanti e favella esitante:
«Ti aiuto. Tu va' da quella partee io cerco intorno alla sorgente. Nononoccorre che tu vengaHuck... Lo
troviamo da soli.»
Così Huck tornò a sedersi e attese un'ora. Poi si sentì un po' solo eandò a cercarli. Erano nel boscoben
distanti l'uno dall'altropallidissimi entrambientrambi addormentati. Maqualcosa gli disse chese avevano avuto dei
fastidise n'erano liberati.
A cenaquella seranon furono molto loquaci; avevano un'aria mogia; equando Huck preparò la sua pipa dopo
il pastoe stava per preparare le lorodissero di noche non si sentivanotanto bene: qualcosa che avevano mangiato a
cena gli era rimasto sullo stomaco.
CAPITOLO XVII
Verso mezzanotte Joe si svegliò e chiamò i ragazzi. Nell'aria c'era unsenso di oppressione che non sembrava
promettere nulla di buono. I ragazzi si strinsero l'un l'altro e cercaronol'amichevole compagnia del fuocoanche se il
caldo umido e fastidioso dell'atmosfera senza un alito di vento erasoffocante. Rimasero là sedutiimmobiliassorti e in
attesa. Oltre il cerchio di luce del falòogni cosa veniva inghiottitadall'inchiostro delle tenebre. Poco dopo brillò un
tremulo chiarore che per un attimo rivelò vagamente il fogliame e scomparve.Ancora un attimo e se ne mostrò un altro
un po' più forte. Poi un altro. Poi un fievole lamento passò come unsospiro tra i rami della forestae i ragazzi sentirono
un respiro fugace sulle gote e rabbrividirono all'idea che lo Spirito dellaNotte fosse passato di lì. Ci fu una pausa. Poi
uno strano lampo mutò la notte in giorno e mostròseparato e distintoanche il più esile filo dell'erba che cresceva ai
loro piedi. E mostrò anche tre facce pallide e smarrite. Un cupo rombo dituono scosse la volta celeste e si perse in
lontananza tra ingrugnati brontolii. Passò un soffio d'aria gelidafacendostormire tutte le foglie e sollevando la cenere
fioccosa sparsa intorno al fuoco. Un altro bagliore accecante rischiarò laforestaseguito istantaneamente da uno
schianto che parve stracciare le chiome degli alberi proprio sopra la testadei ragazzi. Nella tenebra che pronta.41
sopraggiunsei tre si strinsero in un abbraccio terrorizzato. Alcune grossegocce di pioggia caddero ticchettando sulle
foglie.
«Prestoragazzisotto la tenda!» esclamò Tom.
Corsero viainciampando nelle radici e tra le piante rampicantinel buiosparpagliandosi in tutte le direzioni.
Un vento furioso mugghiava tra gli alberifacendo fischiare ogni cosa al suopassaggio. Il cielo era illuminato da un
lampo accecante dopo l'altroe percorso da un rombo dopo l'altro di tuoniassordanti. Poi cominciò a cadere una pioggia
scroscianteche l'uraganonella sua corsaspingeva davanti a sé in fittecortine che spazzavano il suolo. I ragazzi si
chiamavano ad alta vocema il rumore del vento e i boati del tuono coprivanototalmente le loro voci. Finalmente
tuttaviaa uno a uno riuscirono a trovare la stradae a rifugiarsi sotto latendainfreddolitipieni di spavento e bagnati
fino al midollo; ma essere insieme nell'infelicità sembrava pur sempre unacosa di cui ringraziare il cielo. Non potevano
parlaretanto furiosamente sbatteva la vecchia velaanche se gli altrirumori gliel'avrebbero permesso. La tempesta
infuriava sempre piùe poco dopo la vela si strappò dai suoi legacci esvolazzantefu portata via dal vento. I ragazzi si
presero per mano e corserocon molti ruzzoloni e altrettante ammaccaturealriparo di una grossa quercia che sorgeva
sulla riva del fiume. A questo punto la battaglia era al colmo. Sotto leincessanti conflagrazioni di lampi che
incendiavano i cieliogni cosa si stagliava in tutta la sua nitida e solareprecisione: gli alberi incurvatiil fiume ondoso
bianco di schiumala spuma che il vento staccava dalla cresta dei marosiivaghi contorni degli alti promontori sull'altra
rivaintravisti tra le nuvole basse e sfilacciate e le oblique cortine dipioggia. Ogni tanto qualche albero gigantesco
cedeva alla furia degli elementi e si abbatteva con uno schianto tra icespugli; e i continui scoppi di tuono ora
giungevano in raffiche esplosive e assordantiforti e nettieindicibilmente spaventosi. La bufera culminò in uno sforzo
ineguagliabile che per un attimo parve sul punto di mandare l'isola infrantumibruciarlasommergerla fino alle cime
degli alberispazzarla via e assordare ogni creatura che vi si trovavailtutto nell'identicomedesimo momento. Fu una
notte di tregenda per gli scavezzacolli che non avevano un tetto sopra latesta.
Ma finalmente la battaglia terminò e le forze si ritiraronocon sempre piùtenuianche se minacciosibrontolii
e la pace riprese a regnare. I ragazzi tornarono al campo spaventatissimi; mascoprirono che c'era ancora qualcosa di cui
ringraziare il cieloperché il grande sicomoro ai piedi del quale avevanofatto il lettocolpito dai fulminiera tutto una
rovina; e loro non si trovavano là sotto quando era avvenuta la catastrofe.
Tuttoal campoera zuppo d'acquacompreso il falò; perché non erano chedegli sventaticome tutti i ragazzi
della loro generazionee non avevano preso nessuna precauzione contro lapioggia. C'era di che disperarsiperché erano
bagnati fradici e infreddoliti. Furono eloquenti nella loro angoscia: ma poiscoprirono che il fuoco aveva scavato così a
fondo sotto il grosso tronco contro il quale era stato acceso (nel punto incui faceva una curva verso l'alto e si staccava
dal suolo) che una spanna di braceo giù di lìera sfuggita al diluvio;allora i tre ragazzi lavorarono pazientementecon
frammenti di legno e di corteccia raccolti sotto tronchi riparatifinchénon riuscirono a riaccendere il fuoco. Poi vi
ammucchiarono grandi rami secchi fino ad avere una fornace crepitanteecosì il cuore tornò ad allargarglisi.
Asciugarono il prosciutto cotto e mangiarono a quattro palmentie alla finedel pasto si sedettero intorno al fuoco e
cianciaronoesaltatidella loro avventura notturna fino al mattinoperchénon c'era un angolo asciutto dove stendersi a
dormire.
Quando il sole cominciò a filtrare tra le piantei ragazzi furono presi dauna forte sonnolenza e andarono a
dormire sulla spiaggia. Di lì a poco cominciarono a sentirsi scottare lapellee allora stancamente si misero a preparare
la colazione. Dopo il pasto si sentivano rigidi e arrugginitimentre tornavala nostalgia di casa. Tom notò i sintomie si
fece in quattro per tener su di morale i suoi pirati. Ma Joe e Huck nonavevano voglia di giocare né a palline né al circo
né di fare il bagnoné d'altro. Tom rammentò ai compagni il loro grandesegretoe provocò un momento di allegria.
Approfittandoneriuscì a interessarli a un nuovo gioco. Si trattava diquesto: perché non smetterla di fare i piratiper un
po'e giocare invece agli indianitanto per cambiare? Joe e Huck furonoattratti dall'idea; così non passò molto prima
che si fossero svestiti e rigati da capo a piedi di melma neracome tantezebretutti capinaturalmentee poi se ne
andarono a rotta di collo per i boschi ad attaccare una colonia inglese.
Di lì a poco si divisero in tre tribù ostili e si scagliarono l'uno addossoall'altro dai luoghi donde si tendevano
imboscate con terribili gridi di guerrae si uccisero e scotennarono amigliaia. Fu una giornata cruenta. Di conseguenza
fu soddisfacente.
Tornarono al campo verso l'ora di cenaaffamati e contenti. Ma ora sorgevauna difficoltà: indiani ostili non
potevano spezzare insieme il pane dell'ospitalità senza prima fare la pacee questo era semplicemente impossibile senza
fumare la pipa della pace. Che a loro risultassenon c'erano altri sistemi.Quasi quasi due di quei selvaggi avrebbero
voluto essere rimasti pirati. Ma non c'era niente da faree cosìostentando tutta l'allegria cui poterono fare appello
chiesero la pipa e trassero la loro boccatamentre essa faceva il girosecondo l'etichetta.
E guarda un po': si rallegrarono di aver fatto i pellerossaperché ciavevano guadagnato qualcosa; scoprirono
infatti di poter fumare un po'adessosenza dover correre a cercare uncoltello smarrito; non si sentivano abbastanza
nauseati da star male sul serio. Non erano certo i tipi da sprecareun'occasione così promettente per mancanza di
applicazione. Nodopo cena si allenarono cautamentecon discreto successoe trascorsero qualche ora giubilante.
Erano più fieri e più felici della loro nuova arte di quanto lo sarebberostati scotennando e spellando vivi tutti i membri
delle Sei Nazioni. E noi li lasceremo lì a fumarea ciarlare e a darsidelle ariegiacché per il momento non abbiamo più
bisogno di loro.
CAPITOLO XVIII.
42Ma non c'era nessuna ilaritàin paesequel tranquillo sabato pomeriggio.Gli Harper e la famiglia di zia Polly
prendevano il lutto con molte lacrime e grande dolore. Un insolito silenzioregnava nel villaggiodi per sé già
abbastanza silenzioso. Gli abitanti attendevano ai loro affari con ariapreoccupatae parlavano poco; ma sospiravano
spesso. Ai bambini il sabato festivo sembrava un peso. Non mettevanoentusiasmo nei loro giochie a poco a poco vi
rinunciarono.
Nel pomeriggio Becky Thatcher si sorprese a gironzolare con aria depressa nelcortile deserto della scuola
sentendosi molto malinconica. Ma non vi trovò nulla che le fosse diconforto. Diceva tra sé e sé:
«Ohse avessi ancora il suo pomo di alare d'ottone! Ma ora non ho nienteche me lo ricordi»e soffocò un
piccolo singhiozzo.
Poco dopo si fermò e disse tra sé:
«È successo proprio qui. Ohse dovesse succedere ancoranon direi quelloche ho detto... non lo direi per tutto
l'oro del mondo. Ma ormai lui se n'è andato; non lo rivedrò maimaimaipiù.»
Questo pensiero l'accasciòe Becky si allontanò con le lacrime che lerigavano le gote. Allora passò un folto
gruppo di bambini e di bambine - compagni di giochi di Tom e di Joe - che sifermarono a guardare oltre lo steccato
scolorito parlando in tono reverente di come Tom avesse fatto questo e quellol'ultima volta che lo avevano vistoe di
come Joe avesse detto così e cosà (parole gravide di orribili presagicomepotevano vedere facilmente adesso!); e ogni
oratore indicava il punto esatto dove allora si trovavano i ragazzi dispersie poi aggiungeva qualcosa come: «E io stavo
proprio così... Proprio come sto adessoe come se tu fossi lui... Ero cosìvicino... E lui sorridevaproprio così... E allora
mi sono sentito qualcosa dentrodappertuttocome... Terribilesai... E nonavevo capito di cosa si trattasse
naturalmentema ora lo capisco!»
Poi ci fu una discussione su chi avesse visto viviper l'ultima voltai dueragazzi mortie molti reclamarono
quella macabra distinzionee presentarono prove più o meno inquinate daltestimone; e quando finalmente si decise chi
aveva visto per l'ultima volta i defuntie scambiato con loro le ultimeparolei fortunati assunsero una sorta di sacra
importanzae furono guardati a bocca aperta e invidiati da tutti gli altri.Un povero ragazzo che non aveva altro da
rivendicare dissemostrando nel ricordo un orgoglio piuttosto evidente:
«Be'Tom Sawyer una volta me le ha date.»
Ma questo tentativo di raggiungere la gloria fu un fiasco. Quasi tutti iragazzi potevano vantarsi di aver avuto
qualcosa del generee ciò sviliva troppo la pretesa. La comitiva siallontanòsenza frettacontinuando a evocare con
voci intimidite ricordi di quei perduti eroi.
La mattina dopofinita l'ora del catechismola campanainvece didiffondere nell'aria i soliti rintocchi
cominciò a suonare a morto. Era una domenica molto silenziosae quel suonofunebre sembrava in armonia col pensoso
silenzio che gravava sopra la natura. I paesani cominciarono a radunarsiattardandosi un momento nel vestibolo per
conversare sottovoce del triste avvenimento. Ma in chiesa non si udì alcunmormorio; solo il funereo frusciare dei
vestitimentre le donne raggiungevano i loro postiturbava il silenziodell'interno. Nessuno poteva ricordare un'altra
occasione in cui la chiesetta fosse stata così piena. Ci fu infine un'ultimapausa d'attesaun silenzio pieno d'ansiae poi
entrò zia Pollyseguita da Sid e Marye poi dalla famiglia Harpertuttiin nero dalla testa ai piedi; e l'intera
congregazionecompreso il vecchio pastoresi alzò rispettosamente e restòin piedi fino a quando i parenti dei defunti
non si furono seduti nel primo banco. Ci fu un'altra pausa di raccoglimentorotta a tratti da singhiozzi soffocatie poi il
pastore aprì le mani e pregò. Venne cantato un inno commoventee letto iltesto della predica: «Io sono la resurrezione
e la vita».
Mentre si svolgeva la funzioneil sacerdote tracciò un tale quadro dellevirtùdei pregi e delle grandi speranze
stroncate dei ragazzi dispersi che tutti i presentipersuasi dellaverosimiglianza di questi ritrattiprovarono una fitta di
rimorso ricordando comein passatoavessero ostinatamente chiuso gli occhidavanti alla realtàvedendo semprein
quelle povere creaturesolo imperfezioni e difetti. Il pastoreinoltreriferì molti episodi commoventi nella vita degli
scomparsiche ne illustravano la natura dolce e generosae la gente orapoteva vedere facilmente la bellezza e la nobiltà
di questi fattie ricordare con profondo rammarico che quando avevano avutoluogo erano parsi a tutti bricconate della
più bell'acquaben degne della frusta. Man mano che il patetico raccontoprocedevai fedeli erano sempre più
commossie infine tutti cedettero alla commozione e si unirono ai parenti inlacrime in un coro di singhiozzi angosciati
mentre lo stesso predicatore dava sfogo ai suoi sentimenti inondando ilpulpito di lacrime.
Dalla galleria venne un fruscio al quale nessuno fece caso; dopo un attimo laporta della chiesa cigolò; il
pastore sollevò dal fazzoletto gli occhi lacrimosie rimase di stucco!Prima un paio d'occhipoi un altroseguirono
quelli del pastoree poiquasi obbedendo a un solo impulsotutti i fedelisi alzarono in piedi sgranando gli occhi mentre
i tre morticini avanzavano lungo la navataTom in testaseguito da JoeeHuck chetirandosi dietro i suoi stracci
cascantichiudeva con aria impacciata la retroguardia. Si erano nascostinella galleriache nessuno usava maiper
ascoltare il loro elogio funebre!
Zia PollyMary e gli Harper si gettarono sui risuscitatisoffocandoli dibaci e profondendosi in ringraziamenti
a Diomentre il povero Huck se ne stava impacciato e confusonon sapendocon precisione cosa fare o dove
nascondersi a tanti occhi importuni. Esitòe stava per filarselaquandoTom lo prese per un braccio e disse:
«Zia Pollynon è giusto. Qualcuno dev'essere contento di vedere Huck.».43
«E così sia! Io sono contenta di vederlopovero orfanello!» E leaffettuose attenzioni prodigategli da zia Polly
erano l'unica cosa capace di metterlo più a disagio di prima.
A un tratto il pastore gridò con quanto fiato aveva in gola:
«"Sia lodato Iddio da cui provengono tutte le benedizioni":cantate! E metteteci un po' di entusiasmo!»
Così fu. L'inno si alzò in un boato trionfalee mentre faceva tremare letravi della chiesa Tom Sawyer il Pirata
volse lo sguardo sui giovani invidiosi che lo attorniavano e confessòincuor suoche quello era il momento più bello
della sua vita.
Quando i fedeli uscironoin una folla compattaquasi quasi si dichiararonopronti a farsi prendere in giro
un'altra volta pur di sentire nuovamente quell'inno cantato con tantotrasporto.
Quel giorno Tom ricevette più baci e scapaccioni - a seconda dei vari statid'animo di zia Polly - di quanti se ne
fosse meritati in un anno; e non sapeva quali dei due meglio esprimessero lariconoscenza di zia Polly verso Dio e il suo
affetto per lui.
CAPITOLO XIX
Quello era il gran segreto di Tom: il disegno di tornare a casa con i piratisuoi confratelli e di assistere ai propri
funerali. Avevano raggiunto la sponda del Missouri su un tronco d'alberosabato al tramontotoccando terra otto o dieci
chilometri a valle del paese; avevano dormito nei boschi alla periferiadell'abitato fin quasi all'albae poi erano passati
di nascosto per vicoli e stradine e avevano finito i loro sonni nellagalleria della chiesain mezzo a un caos di panche
mutilate.
A colazionelunedì mattinazia Polly e Mary furono molto affettuose conTome molto attente ai suoi
desideri. La conversazione fu insolitamente animata. Nel corso di essa ziaPolly disse:
«Be'non dico che non è stato un bello scherzoTomfarci soffrire tuttiper quasi una settimana perché voi
ragazzi ve la poteste spassarema è un peccato che tu abbia potuto esseretanto crudele da farmi soffrire così. Se hai
potuto attraversare il fiume su un tronco d'albero per assistere al tuofuneralepotevi anche venire a farmi capire in
qualche modo che non eri mortoma solo scappato di casa.»
«Sìquesto avresti potuto farloTom»disse Mary; «e io credo che tu loavresti fattose ci avessi pensato.»
«SìTom?» disse zia Pollycol viso illuminato da un malinconico sorriso.«Dimmioralo avresti fattose ci
avessi pensato?»
«Io... Be'non so. Avrebbe rovinato tutto.»
«Tomio speravo che tu mi amassi abbastanza per farlo»disse zia Pollyin un tono addolorato che mise il
ragazzo a disagio. «Sarebbe stato già qualcosa se ti fosse importatoabbastanza per pensarcianche se non l'hai fatto.»
«Viaziettanon c'è niente di male»intercedette Mary; «è solo ilmodo sventato che ha Tom di fare le cose: ha
sempre tanta fretta che non pensa mai a nulla.»
«Peggio ancora. Sid ci avrebbe pensato. E sarebbe venuto e l'avrebbe fatto.Tomti volterai indietroun giorno
quando sarà troppo tardie vorrai avermi voluto un poco più di bene quandoti sarebbe costato così poco.»
«Suzialo sai che ti voglio bene»disse Tom.
«Ne sarei più sicura se tu me lo dimostrassi.»
«Ora vorrei averci pensato»disse Tomin tono contrito; «ma ti hosognatoin ogni caso. È qualcosano?»
«Non è molto - anche i gatti sognano - ma è meglio che niente. Cos'haisognato?»
«Be'mercoledì sera ho sognato che eri seduta là vicino al lettoe Sidera seduto vicino alla cassetta della
legnae Mary accanto a lui.»
«Be'era vero. Ci mettiamo sempre così. Sono lieta che nei tuoi sogni cisia stato un posticino anche per noi.»
«E ho sognato che la madre di Joe Harper era qui.»
«Ma c'era! Che altro hai sognato?»
«Ohtante cose. Ma è così confusoadesso.»
«Be'cerca di ricordare; non ci riesci?»
«Mi sembrain qualche modoche il vento... che il vento soffiasse sulla...sulla...»
«SforzatiTom! Il vento ha soffiato su qualcosasu!»
Tom si premette le dita sulla fronte per un minuto d'ansiae poi disse:
«Ci sono! Ci sono! Ha soffiato sulla candela!»
«Misericordia! ContinuaTomva' avanti!»
«E mi sembra che tu abbia detto: "Diaminequella porta..."»
«ContinuaTom!»
«Fammi pensare un momento... Un momento solo. Ohsì: hai detto che credeviche la porta fosse aperta.»
«Com'è vero che sto seduta qui! NoMary? Continua!»
«E poi... E poi... Be'non ne sono sicuroma mi pare che tu abbia detto aSid di andare a... a...»
«Allora? Allora? Cosa gli ho detto di fareTom? Cosa gli ho detto difare?»
«Gli hai detto... Tu... Ohgliel'hai fatta chiudere!»
«Be'per tutti i santi del paradiso! Non ho mai sentito una cosa simile daquando sono nata! Non venitemi più a.44
dire che i sogni non significano qualcosa. Prima che sia passata un'oraSereny Harper saprà tutto. Vorrei proprio vedere
come lo spiegacon le sue ciance sulla superstizione. ContinuaTom!»
«Ohadesso sta facendosi tutto chiaro come il giorno. Poi tu hai detto chenon ero cattivoma solo sventato e
birichinoe non più responsabile di... di... credo fosse un puledrooqualcosa del genere.»
«Ed è stato così! Toh! Dio buono! ContinuaTom!»
«E poi ti sei messa a piangere.»
«È vero. Proprio così. Non per la prima voltase è per questo. Epoi...»
«Poi si è messa a piangere anche la signora Harpere ha detto che Joe eralo stessoe che le dispiaceva di
averlo picchiato per aver preso la panna quando invece l'aveva buttata vialei...»
«Tom! Lo spirito era su di te! Profezie: ecco quello che stavi facendo!Signore Iddio!... ContinuaTom!»
«Poi Sid ha detto... ha detto...»
«Io non credo di aver detto niente»disse Sid.
«Sì che l'hai dettoSid»disse Mary.
«Chiudete la bocca e fatelo continuare! Cos'ha dettoTom?»
«Ha detto... Credo che abbia detto che sperava che io stessi meglio dov'erofinitoma che se certe volte fossi
stato più buono...»
«Eccosenti? Proprio le parole che ha detto!»
«E tu l'hai fatto tacere.»
«Puoi ben dirlo! Doveva esserci un angelo. C'era un angeloda qualcheparte!»
«E la signora Harper ha parlato di Joe che l'aveva spaventata con unpetardoe tu hai accennato a Peter e
all'Ammazzadolore...»
«Quant'è vero che sono al mondo!»
«E poi s'è fatto un gran parlare di come si era dragato il fiume percercarcie del funerale fissato per la
domenicae poi tu e la vecchia signora Harper vi siete abbracciatepiangendoe lei se n'è andata.»
«È successo proprio così! Proprio così è successocom'è vero che sonoqui seduta. Tomnon avresti potuto
fare un racconto più preciso se fossi stato presente! E poi cosa? ContinuaTom.»
«Poi ho pensato che pregavi per me... e potevo vederti e sentire ogni parolache dicevi. E sei andata a lettoe io
ero così afflitto che ho preso un pezzo di scorza di sicomoro e ci hoscritto sopra: "Non siamo morti: siamo solo andati a
fare i pirati"e l'ho messo sul tavolo vicino alla candela; e poi tusembravi così buonamentre dormivilà distesache
credo di essermi chinato su di te e di averti baciato sulle labbra.»
«DavveroTomdavvero? Solo per questo ti perdono tutto!» E strinse ilragazzo in un vigoroso abbraccio che
lo fece sentire il più ribaldo dei mascalzoni.
«È stato molto gentileanche se era soltanto un... sogno»disse Sidtrasécon una voce appena percettibile.
«SilenzioSid! Uno fa in sogno esattamente le stesse cose che farebbe dasveglio. Ecco una bella mela Milum
che avevo tenuto per teTomse ti avessero ritrovato... E ora corri ascuola. Io ringrazio il buon Dio e Padre di tutti noi
per averti restituito alla nostra famigliaquel Dio che è tanto paziente emisericordioso verso quelli che credono in Lui e
obbediscono ai Suoi comandamentianche se Dio sa quanto ne sono indegna; mase solo i meritevoli potessero contare
sulle Sue benedizioni e sull'aiuto della Sua mano per superare ledifficoltàci sarebbe poca gentea questo mondo
capace di sorridereo anche di trovare l'eterno riposo nel Suo seno quandocalerà la notte eterna. AndateSidMary
Tom... Toglietevi dai piedi... Mi avete fatto perdere già abbastanzatempo.»
I bambini uscirono per andare a scuola e la vecchia signora per far visitaalla signora Harper e sconfiggere il
suo realismo col fantastico sogno di Tom. C'era un'idea che frullava nellatesta di Sid quando i ragazzi uscirono di casa
ma il ragazzo preferì tenerla per sé. L'idea era questa:
«Che storia incredibile... Un sogno così lungosenza un solo errore!»
Ma che eroe Tom era ormai diventato! Non si permetteva neanche più disaltare e fare il buffone per la strada
e si muoveva invece con un'aria arrogante e dignitosal'aria che si addicevaa un pirata consapevole di trovarsi sotto gli
occhi di tutti. E in effetti era proprio così; Tom cercava di mostrarsiindifferente agli sguardi e alle battute che la gente
pronunciava al suo passaggioma al suo orecchio era una musica ineffabile. Ibambini più piccoli di lui lo seguivano a
frottefieri di farsi vedere con lui e da lui tollerati quasi fosse iltamburino alla testa di un corteoo l'elefante che
guidava uno zoo in paese. I ragazzi della stessa età fingevano d'ignorare lasua scappatellama erano egualmente rosi
dall'invidia. Avrebbero dato qualunque cosa per avere quella sua pelle brunaabbronzata dal solee la sua brillante
notorietà; e Tom non avrebbe rinunciato a nessuna delle due per tutto l'orodel mondo.
A scuola i bambini diedero a lui e a Joe tanta importanzae dimostrarono laloro ammirazione con occhiate
così eloquenti che i due eroi non tardarono a diventare degli insopportabili«boriosi». Cominciarono a narrare le loro
avventure a un avido uditorio: ma era solo l'inizio; era poco probabile chela storia avesse anche una finecon delle
fantasie come le loro sempre pronte a sfornare nuovo materiale. E finalmentequando estrassero le loro pipe e si misero
serenamente a tirare boccate di fumo qua e làfu raggiunto il colmo dellagloria.
Tom decise allora che poteva fare a meno di Becky Thatcher. La gloria erapiù che sufficiente. Sarebbe vissuto
per la gloria. Ora che era diventato famosoforse lei avrebbe voluto «farpace». Be'facesse pure: doveva capire anche
lei che Tom poteva essere indifferente come certe altre persone. FinalmenteBecky arrivò. Tom finse di non vederla. Si
allontanò per unirsi a un crocchio di bambini e bambinee cominciò aparlare. Ben presto egli notò che la bimba
saltellava allegramente avanti e indietro con le guance rosse e gli occhisaettantifingendo di essere intenta a inseguire.45
le compagnee strillando di gioia quando ne catturava unama notò ancheche catturava sempre le sue prede nelle sue
vicinanzee che in tali occasioni pareva anche scoccare nella sua direzioneuno sguardo significativo. La cosa appagò
tutta la dispettosa vanità che era in lui; e così anziché conquistarloottenne il solo scopo di renderlo ancora più
«borioso»e di fargli evitare con più attenzione di mostrarle di essersiaccorto della sua presenza. Alla fine Becky smise
di ruzzare e si aggirò qua e là con aria irresolutasospirando una volta odue e lanciando sguardi furtivi e assorti verso
Tom. Poi Becky notò che ora Tom stava parlando più specificamente con AmyLawrence che con tutti gli altri. Provò
una fitta di dolore e fu presa di colpo da inquietudine e turbamento. Provòad allontanarsima i suoi piedi erano
traditorie la portavano invece verso il gruppo. Disse - con finta vivacità- a una bambina che era quasi accanto a Tom:
«Ma comeMary Austin! Cattivacciaperché non sei venuta al catechis mo?»
«Ci sono venuta: non mi hai visto?»
«Noaccidenti! C'eri? E dov'eri seduta?»
«Ero nell'aula della signorina Peterdove vado sempre. Io ti ho vista.»
«Sì? Be'è strano che io non ti abbia vista. Volevo parlarti delpicnic.»
«Ohche bello. Chi l'organizzerà?»
«La mamma mi dà il permesso di farne uno.»
«Ohche gioia; spero che inviti anche me.»
«Ma certo. Il picnic è per me. Inviterà tutti quelli che voglio ioe iovoglio che tu ci venga.»
«È un'idea proprio carina. Quando sarà?»
«Tra poco. Forse durante le vacanze.»
«Ohcome ci divertiremo! Inviterai tutti i compagni e le compagne?»
«Sìtutti quelli che sono amici miei.. o che vogliono esserlo»disseguardando di sottecchi Tomche però
continuò imperterrito a parlare con Amy Lawrence della terribile buferasull'isolae di come il fulmine avesse «mandato
in frantumi» il grande sicomoro mentre lui si trovava «a meno di tre passidi distanza».
«Ohposso venire anch'io?» disse Gracie Miller.
«Sì.»
«E io?» disse Sally Rogers.
«Sì.»
«E anch'io?» disse Susy Harper. «E Joe?»
«Sì.»
E così viatra gioiosi battimanifinché tutti i membri del gruppo nonebbero chiesto di essere invitatitutti
tranne Amy e Tom. Poi Tom le voltò freddamente le spallesemprechiacchierandoe portò Amy con sé. A Becky
tremarono le labbramentre gli occhi le si empivano di lacrime; nascosequesti segni sotto un'allegria forzata e riprese a
chiacchierarema il picnic aveva ormai perduto ogni interesseper leicometutte le altre cose della terra; se ne andò più
presto che potétrovò un nascondiglio e si fece quello che il suo sessochiama «un bel pianto». Poi restò seduta
tristemente nel suo bancopensando al suo orgoglio feritofino allo squillodella campana. Allora si alzò in piedicon
un lampo di vendetta nell'occhiodiede una scossa alle trecce e si disse chesapeva lei cosa fare.
Durante l'intervallo Tomtronfio e giubilantecontinuò a civettare conAmy. E non smise un istante di
gironzolare qua e là per trovare Becky e straziarla con la sua esibizione.Finalmente la scovòma tutto il suo entusiasmo
sbollì di colpo. Becky sedeva comodamente su una panchina dietro la scuolasfogliando un libro illustrato con Alfred
Temple; e tanto assorti eranoe tanto vicine le loro teste sopra il libroda sembrare ignari di ogni altra cosa al mondo.
La gelosia corseincandescentenelle vene di Tomche cominciò arimproverarsi per avere sprecato l'occasione
offertagli da Becky per una riconciliazione. Si diede dello stupidoe tuttele insolenze che riuscì a farsi venire in mente.
Avrebbe pianto di rabbia. Amy continuava a ciarlare allegramentementreandavano a passeggioperché il suo cuore
cantavama la lingua di Tom aveva perso la sua funzione. Il ragazzo nonudiva ciò che Amy stava dicendoe ogni volta
che lei s'interrompevain attesa di una rispostariusciva solo a balbettareun goffo assensoche il più delle volteoltre
tuttoera fuori luogo. I suoi piedi continuavano a portarlo dietro lascuoladove l'odioso spettacolo dei due sulla
panchina gli pungeva la vista. Non poteva farne a meno. E lo faceva usciredai gangheri vederecome gli sembrava di
vedereche mai una volta Becky Thatcher nutrisse anche solo il sospetto chelui era nel mondo dei vivi. Lei invece se
n'era accorta benissimo; e sapeva di stare vincendo la sua battagliaed eralieta di vederlo soffrire come aveva sofferto
lei. L'allegro chiacchiericcio di Amy diventava insopportabile. Tom accennòa cose di cui doveva occuparsi; cose che
bisognava fare; e il tempo fuggiva. Ma invano: la bambina continuava acinguettare. Tom pensò: «Ohaccidentinon
riuscirò mai a liberarmene?» Infine dovette occuparsi di quelle cose; leidisse ingenuamente che sarebbe stata «in giro»
finite le lezioni. E lui si affrettò ad allontanarsiodiandola per questo.
«Chiunque altro!» pensava Tomdigrignando i denti. «Qualunque altroragazzo del paese tranne quel damerino
di Saint Louische crede di vestirsi così bene e di essere tantoaristocratico! Ohbenissimo. Te le ho date la prima volta
che hai messo il naso in questo paesebello mioe te le darò ancora!Aspetta solo di capitarmi a tiro! Ti darò una
lezione tale che...»
E fece l'atto di suonarle a un ragazzo immaginarioprendendo a pugni e calcil'aria e ficcandogli le dita negli
occhi.
«Ahsìeh? Di': "Basta"va bene? Eccoallora ti serva dilezione!»
E cosìcon sua soddisfazionesi concluse il pestaggio immaginario.
A mezzogiorno Tom corse a casa. La sua coscienza non riusciva a sopportarealtre manifestazioni della.46
riconoscente felicità di Amye la sua gelosia non tollerava nuovi morsidell'altro dolore. Becky riprese a guardare le
figure con Alfredma vedendo che i minuti passavano e Tom non veniva aincassare la sua razione di sofferenzeil suo
trionfo cominciò ad appannarsi e il suo interesse si spense; seguironomomenti di serietà e svagatezzapoi di
melanconia; due o tre volte la bambina tese l'orecchio al suono di un passoma fu una speranza vana: non arrivò alcun
Tom. Alla fine si sentì molto infelicee avrebbe voluto non aver tiratotanto la corda. Quando il povero Alfredvedendo
che la stava perdendo senza saper comesi mise a esclamare: «Oheccone unabella! Guarda questa!»lei perse
finalmente la pazienza e disse: «Ohnon seccarmi! Non me ne importaniente!»e scoppiò in lacrimealzandosi per
allontanarsi.
Alfred le fu subito al fiancoe voleva provare a consolarlama lei disse:
«Vattene e lasciami in paceper piacere! Ti odio!»
Allora il ragazzo si fermòchiedendosi cosa potesse aver fatto - perchéBecky aveva detto di voler guardare le
figure per tutto l'intervallo di mezzogiorno - e lei continuò a camminarepiangendo. Poi Alfredpensierosoentrò nella
scuola deserta. Si sentiva umiliato e furente. Non tardò a scoprire lachiave del mistero: la bamb inasemplicementesi
era servita di lui per sfogare il suo rancore su Tom Sawyer. Quest'ideaquando gli vennenon contribuì certamente ad
attenuare la sua antipatia per Tom. Avrebbe voluto che ci fosse un sistemaper metterlo nei guai senza correre
personalmentetroppi rischi. Proprio allora gli cadde sotto gli occhil'abbecedario di Tom. Ecco l'occasione buona. Con
animo riconoscente lo aprì alla lezione del pomeriggio e versòdell'inchiostro sulla pagina. Beckysbirciando in quel
momento nell'interno dalla finestra alle sue spallevide il gesto e tiròdritto senza farsi scorgere. Poi si avviò verso casa
nell'intento di trovare Tom e riferirglielo: Tom l'avrebbe ringraziata e iloro guai sarebbero finiti. Prima d'essere a metà
stradaperòaveva cambiato idea. Il ricordo di come Tom l'aveva trattataquando stava parlando del picnic tornò ad
assalirlabruciantee la riempì di vergogna. Decise di lasciare che lofrustassero per il sillabario danneggiatoe in più di
odiarlo per sempre.
CAPITOLO XX
Tom arrivò a casa di pessimo umoree la prima cosa che gli disse la zia glimostrò che aveva portato le sue
pene a un mercato poco promettente:
«Tomho idea di spellarti vivo.»
«Ziettacos'ho fatto?»
«Be'hai fatto abbastanza. Ecco che vado da Sereny Harper come una vecchiarimbambitaconvinta di riuscire
a farle bere tutte quelle corbellerie su quel sognoquand'ecco chebadabenelei ha saputo da Joe che tu eri stato qui e
avevi sentito tutti i discorsi che abbiamo fatto quella sera. Tomnon soproprio cosa può diventare un ragazzo che si
comporta così. Mi sento proprio a terra quando penso che hai potutolasciarmi andare da Sereny Harpera farmi
prendere per un'imbecillesenza dire una parola.»
Questo era un nuovo aspetto della cosa. Primal'astuzia del mattino a Tomera sembrata un bello scherzoe
anche molto ingegnoso. Ora sembrava solo meschino e di cattivo gusto. Chinòla testa e per un attimo non trovò niente
da dire; poi disse: «Ziettavorrei non averlo fatto... Ma non ci hopensato.»
«Ohfigliolotu non pensi mai. Non pensi mai ad altro che al tuo egoismo.Hai potuto pensare di venire fin qui
da Jackson's Islanddi nottea ridere dei nostri affannie hai potutopensare d'ingannarmi con una frottola su un sogno;
ma non hai mai potuto pensare a compatirci e a preservarci dal dolore.»
«Ziettaora capisco che è stata una cattiva azionema non volevo esserecattivo; l'ho fatta in buona fede. E poi
quella seranon sono venuto qui a ridere di te.»
«Perché sei venutoallora?»
«Era per dirti di non stare in pensiero per noiperché non eravamoannegati.»
«TomTomsarei la donna più felice di questo mondo se potessi credere chehai avuto un pensiero gentile
come questoma sai benissimo che non l'hai mai avuto... E lo so anch'ioTom.»
«L'ho proprio avutoinvecezietta: mi venga un accidente se non è vero.»
«OhTomnon dire bugie... Non lo fare. Serve solo a peggiorare cento voltela situazione.»
«Non è una bugiazietta; è la verità. Volevo che tu non soffrissi: eccol'unica ragione per cui sono venuto.»
«Darei il mondo intero per poterci credere: ti farebbe perdonare un sacco dimonellerieTom. Sarei quasi
contenta che tu fossi scappato e che ti fossi comportato così male. Ma nonè ragionevole; perché non me l'hai detto
figliolo?»
«Ma accidentivediziettaquando tu ti sei messa a parlare del funeraleio mi sono entusiasmato all'idea di
venire a nasconderci in chiesae non riuscivoin un certo sensoaconvinceremo a rinunciarvi. Per questo mi sono
rimesso in tasca la corteccia e ho tenuto la bocca chiusa.»
«Quale corteccia?»
«La corteccia sulla quale avevo scritto per dirti che eravamo andati a farei pirati. Ora vorrei che tu ti fossi
svegliata quando ti ho dato un bacio: davverosono sincero.»
Le linee dure nel viso di sua zia si addolcironoe negli occhi le brillòun'improvvisa tenerezza.
«Mi hai proprio dato un bacioTom?».47
«Ma sìcerto.»
«Sei sicuro di averlo fattoTom?»
«Ma sìziettal'ho fatto: ne sono sicurissimo.»
«Perché mi hai dato un bacioTom?»
«Perché ti volevo tanto benee tu eri lì sul letto che ti lamentavie ioero tanto pentito.»
Quelle parole suonavano sincere. La vecchia signora non poté nascondere untremito nella voce quando disse:
«Dammi un altro bacioTom!... E fila a scuolaadessoe non mi seccarepiù.»
Appena il ragazzo fu uscitocorse a un armadio e ne trasse la giaccasbrindellata con la quale Tom era andato a
fare il pirata. Poi si fermò con l'indumento in mano e disse tra sé:
«Nonon me la sento. Povero ragazzosarà stata un'altra bugia: ma è unabugia benedettabenedettatanta
consolazione mi ha dato. Spero che il Signore... So che il Signore loperdoneràperché ha dimostrato di avere il cuore
buono a raccontarmi una cosa simile. Ma non voglio saperlose è stata unabugia. Non ci guarderò.»
Ripose la giacca nell'armadio e per un minuto rimase lì a pensare. Due voltealzò la mano per riprendere
l'indumentoe due volte se ne astenne. Si arrischiò ancora una voltafortificandosi col pensiero: «È una pietosa bugia...
È una pietosa bugia... Non permetterò che mi rattristi.» Dopodiché frugònella tasca della giacca. Ancora un attimo e
stava leggendotra le lacrime che le scorrevano dagli occhiil pezzo dicorteccia di Tom; e diceva:
«Ora potrei perdonare quel ragazzo anche se avesse commesso un milione dipeccati!»
CAPITOLO XXI
C'era qualcosa nell'atteggiamento di zia Pollyquando baciò Tomche fecedileguare la sua tristezza e tornò a
renderlo allegro e spensierato. Il ragazzo s'incamminò verso la scuolaeall'inizio di Meadow Lane ebbe la fortuna
d'incontrare Becky Thatcher. I suoi atteggiamenti erano sempre determinatidall'umore. Senza un attimo di esitazione
corse da lei e disse:
«Mi sono comportato molto male oggiBeckye mi dispiace tanto. Non faròpiùmai piùcosì finché campo:
facciamo la paceper piacereeh?»
La bambina si fermò e lo guardò in faccia con aria sprezzante:
«Vi sarò grata se baderete agli affari vostrisignor Thomas Sawyer. Non virivolgerò mai più la parola.»
Alzò il mento in aria e tirò via. Tom rimase così sbalordito che non ebbenemmeno la presenza di spirito per
dire: «E chi se ne infischiasignorina Smorfiosa?» finché il momentogiusto fu passato. Così non disse nulla. Ciò
nonostanteera arrabbiato forte. Ciondolò nel cortile della scuolaaugurandosi che Becky fosse un maschioe pensando
alle botte che le avrebbe dato in questo caso. Finalmente l'incontrò ementre passavale scoccò una frecciata. Lei
rispose per le rimee la rottura fu completa. A Beckynel calore del suorisentimentosembrava di non poter quasi
aspettare che la scuola «li chiamasse dentro»tanto era impaziente diveder frustare Tom per l'abbecedario rovinato. Se
per un attimo aveva avuto l'intenzione di denunciare Alfred Templelabattuta offensiva di Tom gliel'aveva fatta passare
completamente.
Povera bambinanon sapeva quali neri nuvoloni stavano frettolosamenteradunandosi sopra la sua testa. Il
maestroil signor Dobbinsaveva raggiunto la mezza età con un'ambizioneinsoddisfatta. Il più vivo dei suoi desideri
era sempre stato quello di fare il medicoma la miseria aveva decretato chenon dovesse diventare nulla di più eminente
di un maestro di scuola di campagna. Ogni giorno il signor Dobbins prendevadalla cattedra un libro misterioso e
quando non doveva interrogareogni tanto si sprofondava nella lettura.Teneva questo libro chiuso a chiave. Non c'era
un solo bricconcello nella scuola che non morisse dalla voglia di dargliun'occhiatama l'occasione non si presentava
mai. Ogni bambinomaschio o femmina che fosseaveva una sua teoria sullanatura di questo libro; ma non ce n'erano
due che coincidesseroe sembrava impossibile arrivare ad accertare laverità dei fatti. Orapassando davanti alla
cattedrache si trovava vicino alla portaBecky notò la chiave nellatoppa! Era un'occasione unica. Si guardò intorno
scoprì di essere solae dopo un attimo aveva il libro in mano. Ilfrontespizio - l
'Anatomia diun professor qualche cosa -non le disse nulla; allora Becky cominciò a sfogliarlo. Arrivò subito aun'illustrazioneincisa e colorata con cura: una
figura umana. In quel momento un'ombra cadde sulla paginae Tom Sawyerentrò dalla porta e vide di sfuggita la
figura. Becky afferrò il libro per chiuderloed ebbe la sfortuna distrappare a metàproprio in mezzola pagina con
l'illustrazione. Ficcò il volume nella cattedragirò la chiave e scoppiòin lacrime di vergogna e di collera:
«Tom Sawyernon potresti essere più cattivo di cosìad avvicinarti a unapersona di nascosto per vedere cosa
sta guardando.»
«Come potevo sapere che stavi guardando qualcosa?»
«Tom Sawyerdovresti vergognarti; sai benissimo che farai la spia; eohcome faròcome farò? Mi
frusterannoe non sono mai stata frustata a scuola.»
Poi batté il piedino per terra e disse:
«Sii pure cattivo quanto vuoi! Io so una cosa che succederà. Aspetta evedrai! Ti odioti odioti odio!» E uscì
di corsa dall'aula con un nuovo scoppio di pianto.
Tom rimase immobilepiuttosto turbato da questo attacco furibondo.Finalmente si disse:
«Che strano! Come sono stupide le ragazze. A scuola non l'hanno maipicchiata? E con questo? Cos'è una.48
bastonatura? Tipicotipico delle ragazze: pelle delicata e cuore di pulcino.Be'ma è naturale che non farò la spia al
vecchio Dobbinssu quel che ha fatto questa stupidellaperché ci sonoaltri modimeno meschinidi fare i conti con lei;
ma che importa? Il vecchio Dobbins chiederà chi è stato a stracciare il suolibro. Nessuno risponderà. Allora lui farà
quello che fa sempre: chiederà prima all'uno e poi all'altroe quandoarriva alla ragazza giusta lo sapràsenza bisogno
che qualcuno faccia la spia. Le ragazze hanno la faccia che fa la spia perloro. Sono
senza spina dorsale. Le buscherà. Be'è un brutto impiccio perBeckyThatcherperché non c'è via di scampo.» Tom
studiò la cosa ancora per qualche istantee poi aggiunse: «Ma le sta bene;a lei piacerebbe vedermi in un guaio simile: si
arrangi!»
Si unì al gruppo di scolari che giocavano nel cortile. Di lì a poco arrivòil maestro e la scuola «li chiamò
dentro». Tom non provava un grande interesse per i suoi studi. Ogni voltache guardava di soppiatto dalla parte delle
bambineil viso di Becky lo turbava. Tutto consideratonon volevacompatirlaeppure non poteva farne a meno. In
quello che stava per succedere non trovava alcun motivo di esultanza.Finalmente venne fatta la scoperta
dell'abbecedarioe da alloraper un po'la mente di Tom fu tutta presa daicasi suoi. Becky uscì dal letargo della sua
disperazione e mostrò un discreto interesse per gli sviluppi dellasituazione. Non si aspettava che Tom potesse cavarsi
d'impiccio negando di essere stato lui a versare l'inchiostro sul libro; eaveva ragione. Il diniego parve solo peggiorare le
cose per Tom. Becky pensava che ne sarebbe stata lietae si sforzò dicredere che era proprio cosìma scoprì di non
esserne certa. Quando le cose volsero al peggioebbe l'impulso di alzarsiper denunciare Alfred Templema fece uno
sforzo e si costrinse a tacere perchési disse«lui farà la spia sullafigura che ho strappatoquesto è certo. Non direi una
parola nemmeno se si trattasse di salvargli la vita!»
Tom si prese le frustate e tornò al posto senza fare tragedieperchépensava che poteva anche darsi che fosse
stato lui a rovesciare inavvertitamente l'inchiostro sull'abbecedariomentregiocava con i compagni: aveva negato per
salvare la forma e rispettare la tradizionee aveva insistito nel diniegoper principio.
Lentamente passò un'ora intera; il maestro sedeva sul suo tronocol mentosul pettol'atmosfera era resa
sonnolenta dal brusio dei ragazzi che studiavano. Dopo un po' il signorDobbins raddrizzò le spallesbadigliòpoi aprì il
cassetto della cattedra e tese la mano verso il suo libroma sembravaincerto se prenderlo o lasciarlo. Quasi tutti gli
alunni alzarono distrattamente lo sguardoma tra loro ce n'erano due cheseguivano con occhio vigile i suoi movimenti.
Il signor Dobbins toccò per qualche tempo il suo libro con aria assentepoilo tolse dal cassetto e cercò sulla seggiola la
posizione migliore per mettersi a leggere.
Tom scoccò un'occhiata a Becky. Aveva visto la sua stessa espressione sulmuso di un coniglio raggiunto dai
cacciatoricon un fucile puntato alla testa. Di colpo dimenticò la lite cheaveva avuto con lei. Prestobisognava far
qualcosae farla subitoanche! Ma proprio l'imminenza del pericoloparalizzava la sua inventiva. Bene! Aveva
un'ispirazione! Sarebbe corso a prendere il librosi sarebbe gettato fuoridalla porta e sarebbe
fuggito! Ma ebbe appena un attimo di esitazionee l'occasione
andò perduta: il maestro aveva aperto il volume. Ahse Tom avesse potutotornare indietro! Troppo tardi; ormai non
c'era più nessuna possibilità di aiutare Becky. Ancora un attimoe ilmaestro squadrò la scolaresca. Tutti gli occhi si
abbassarono sotto il peso del suo sguardo; c'era qualcosa in quello sguardoche faceva tremare di paura anche gli
innocenti. Nell'aula cadde un silenzio durante il quale si sarebbe potutocontare fino a dieci; il maestro stava gonfiandosi
di rabbia. Poi parlò:
«Chi ha strappato questo libro?»
Non un suono. Si sarebbe sentito cadere uno spillo. Il silenzio perdurò; ilmaestro scrutava un viso dopo l'altro
cercandovi i segni della colpa.
«Benjamin Rogershai strappato tu questo libro?»
Un diniego. Un'altra pausa.
«Joseph Harpersei stato tu?»
Altro diniego. L'inquietudine di Tom cresceva sempre più sotto la lentatortura di questo modo d'agire. Il
maestro studiò le file dei maschirifletté un momentopoi si rivolse allefemmine:
«Amy Lawrence?»
Una scossa del capo.
«Gracie Miller?»
Lo stesso segno.
«Susan Harpersei stata tu?»
Un altro no. La bambina successiva era Becky Thatcher. Tom tremava da capo apiedi per l'emozionee aveva
ormai l'impressione che la situazione fosse disperata.
«Rebecca Thatcher...» (Tom guardò il suo viso: era sbiancata dal terrore)«... hai strappato tu... Noguardami
in faccia...» (le sue mani si alzarono in un gesto supplichevole) «... haistrappato tu questo libro?»
Un'idea passò come un fulmine nel cervello di Tom. Il ragazzo scattò inpiedi e gridò:
«Sono stato io!»
L'intera scolaresca rimase a bocca aperta davanti a quest'incredibile follia.Tom attese qualche istante per
riprendere il controllo delle sue facoltà; e quando si fece avanti perricevere il castigola sorpresala gratitudine e
l'adorazione per lui che brillavano negli occhi della povera Becky gliparvero un compenso sufficiente per cento
fustigazioni. Ispirato dallo splendore del suo gestoricevette senza ungrido la più spietata fustigazione che il signor
Dobbins avesse mai somministrato; e con pari indifferenza ricevette lacrudeltà supplementare rappresentata dall'ordine.49
di restare a scuola per due ore dopo la fine delle lezioni: perché sapevachi lo avrebbe atteso fuori fino alla fine della sua
cattivitàsenza considerare quel monotono indugio una perdita di tempo.
Quella sera Tom andò a letto pensando a come vendicarsi di Alfred Temple;perchévergognosa e contrita
Becky gli aveva confessato tuttosenza dimenticare il proprio tradimento; maanche il desiderio di vendicarsi doveva
presto dar luogo a più gradevoli fantasticheriee Tom infine si addormentòcon le ultime parole di Becky che come in
sogno gli suonavano all'orecchio:
«Tomcome hai potuto essere così nobile?»
CAPITOLO XXII
Le vacanze si avvicinavano. Il maestrosempre severodivenne più severo epiù esigente che maiperché
voleva che la scuola facesse una bella figura il giorno degli «esami». Lasua canna e la sua ferula non avevano più un
momento di requie: almeno tra gli scolari più piccini. Solo i ragazzi piùgrandie le signorine dai diciotto ai vent'anni
sfuggivano alle vergate. E le vergate del signor Dobbins erano moltoenergiche; perché anche se avevasotto la
parruccauna testa perfettamente calva e lucenteil signor Dobbins eraarrivato solo alla mezza etàe i suoi muscoli non
davano alcun segno d'indebolimento. Mentre il gran giorno si approssimavavenne a galla tutta la tirannia che c'era in
lui; il quale sembrava provare un piacere vendicativo nel punire anche lepiù piccole mancanze. La conseguenza era che
i ragazzi più piccini passavano i giorni nel terrore e nella sofferenza e lenotti a meditare la vendetta. Non perdevano
un'occasione per fare una birbonata al maestro. Ma lui era sempre invantaggio. Il castigo che seguiva ogni vendetta
riuscita era così grandioso e solenne che i ragazzi lasciavano sempre ilcampo malconci. Finalmente organizzarono un
complotto e idearono un piano che prometteva una splendida vittoria.Ingaggiarono il figlio del pittore d'insegnegli
esposero il progetto e chiesero il suo aiuto. Il ragazzo aveva le sue ragioniper gioire dell'iniziativaperché il maestro era
a pensione presso la famiglia di suo padre e gli aveva offerto più di unmotivo per odiarlo. Di lì a qualche giorno la
moglie del maestro doveva fare una visita a certi amici che stavano incampagnae così nulla avrebbe interferito con i
loro piani; il maestro si preparava per le grandi occasioni lubrificandosibene di whisky le budellae il figlio del pittore
d'insegne disse che quando il signor Dobbinsla sera dell'«esame»avesseraggiunto il giusto punto di cotturalui
avrebbe potuto «sistemare la cosa» mentre il maestro sonnecchiava nella suapoltrona; poi lo avrebbe svegliato al
momento giusto e spedito in fretta a scuola.
A tempo debito arrivò l'importante occasione. Alle otto di sera la scuolaera vivamente illuminata e adorna di
corone e di festoni di foglie e di fiori. Il maestro sedeva come un re nellasua poltrona su una pedana sopraelevatacon
la lavagna alle spalle. Sembrava passabilmente alticcio. Tre file di banchida ambo i lati e sei file davanti a lui erano
occupate dai notabili del paese e dai genitori degli alunni. Alla suasinistradietro le file dei compaesanic'era una
spaziosa pedana provvisoria sulla quale stavano seduti gli scolari chedovevano prender parte agli esercizi della sera;
file di ragazzinilavati e vestiti in modo tale da metterli in uno statod'intollerabile disagio; file di goffi ragazzi grandi;
banchi di neve di bambine e signorine fasciate di batista e mussolinaenotevolmente imbarazzate dalle loro braccia
nudedagli antichi ciondoli delle loro nonnedai loro nastrini rosa eazzurrie dai fiori nei capelli. Tutto il resto della
sala era pieno degli scolari che non partecipavano.
Cominciarono gli esercizi. Un ragazzo piccolissimo si alzò in piedi erecitò timidamente: «Chi si aspetterebbe
che uno alla mia età / si mettesse a parlare in società?»ecceteraaccompagnandosi con i gesti spasmodici e
penosamente precisi che avrebbe potuto fare una macchinaposto che lamacchina fosse un po' in disordine. Ma arrivò
alla fine sano e salvoanche se spaventato da moriree si guadagnò unabella salva di applausi quando fece il suo
inchino abborracciato e batté in ritirata.
Una bambina dall'aria confusa balbettò «"Maria aveva unagnellino"»ecceteraeseguì una pietosa riverenza
ricevette la sua razione di applausi e tornò a sedersirossa in faccia efelice.
Tom Sawyer si avanzò con presuntuosa sicurezza e si librònell'inestinguibile e indistruttibile discorso «Datemi
la libertà o datemi la morte»con bello slancio e freneticagesticolazionema s'interruppe a metà. Lo prese una terribile
paura del pubblicole gambe gli fecere giacomo giacomo e gli sembrava disoffocare. Veroaveva la palese
comprensione della platea: ma aveva anche il silenzio della plateache erapeggio ancora della comprensione. Il maestro
aggrottò la frontee questo completò il disastro. Tom lottò un poco e poisi ritiròtotalmente sconfitto. Ci fu un debole
tentativo di applaudirema si esaurì presto.
Seguirono «Il ragazzo stava sul ponte in fiamme»«Calarono gli assiri» ealtre gemme dell'arte declamatoria.
Poi ci furono i saggi di letturae una gara di ortografia. L'esigua schieradei latinisti si produsse con onore. Toccò poi al
clou della serata: i «componimenti» originali delle signorine. Una allavolta si avanzarono fino all'orlo della pedanasi
schiarirono la vocespiegarono davanti a sé il loro manoscritto (legato conun bel nastro) e procedettero alla letturacon
particolare attenzione all'«espressione» e alla punteggiatura. I temi eranogli stessi che erano stati svolti in analoghe
occasioni dalle loro madri prima di lorodalle loro nonnee senza dubbio datutti i loro avi in linea femminile fino alle
Crociate. Uno era «Amicizia»; un altro «Ricordi del tempo che fu»; poi«La religione nella storia»; «Terra di sogno»;
«Avventure della cultura»; «Affinità e divergenze tra le varie forme digoverno»; «La melanconia»; «Amore filiale»;
«Le brame del cuore»ecceteraeccetera.
Una delle caratteristiche prevalenti in queste composizioni era unamelanconia vezzeggiata e coltivata con.50
cura; un'altra era un'effusione prodiga e opulenta di «bello scrivere»;un'altra era la tendenza a ficcarci dentro a tutti i
costi parole e frasi particolarmente apprezzate finché non erano totalmenteconsumate; e una peculiarità che
cospicuamente le caratterizzavae le rovinavaera l'inveterato eintollerabile sermone che agitava la sua coda mozza
alla fine di ciascuna di esse. Di qualunque argomento potesse trattarsisifaceva uno sforzo sovrumano per presentarlo
sotto questo o quell'aspetto che la morale e la religione potesserocontemplare con edificazione. L'evidente insincerità di
queste prediche non bastava a far decaderenelle scuolequest'uso perversocosì come non basta al giorno d'oggi; e
forse non basterà mai finché il mondo continuerà a girare. Non c'èscuolain tutto il nostro paesedove le signorine non
si sentano obbligate a concludere i loro componimenti con un predicozzo; etroverete che la predica della ragazza più
frivola e meno religiosa della scuola è sempre la più lunga e la piùinflessibilmente pia. Ma basta così. Le verità
sgradevoli sono difficili da mandar giù. Torniamo all'«esame». Il primocomponimento di cui fu data lettura era un tema
intitolato: «È questadunquela Vita?» Forse il lettore riuscirà asopportarne uno stralcio:
«Nelle ordinarie condizioni della vitacon quali incantevoli emozioni lospirito delle giovinette pregusta
qualche sognata occasione festiva! La fantasia è occupata a schizzare roseeimmagini di gaiezza. Con gli occhi
dell'immaginazionela voluttuosa ammiratrice della moda già si vede tra lafolla festosa"l'osservata di ogni
osservatore". Le sue forme aggraziateadorne di candide vestivolteggiano nei labirinti della danza gioiosa; il suo
occhio è il più vivoil suo passo è il più lieve nell'allegrotrattenimento. In così deliziose fantasie rapido passa il tempo
e viene l'ora tanto attesa del suo ingresso in quel mondo paradisiaco di cuiha fatto così splendidi sogni. Come tutto
appare fatato al suo sguardo rapito! Ogni nuova scena è più affascinantedell'ultima. Ma dopo un po' ella scopre che
sotto questo bell'aspetto tutto è vanità; l'adulazione che un tempoincantava la sua animaora suona stridula al suo
orecchio; la sala da ballo ha perduto il suo fascino; e con la salute inpezzi e il cuore amareggiato essa le volta le spalle
con la convinzione che i piaceri mondani non potranno mai soddisfare le bramedello spirito!»
Eccetera eccetera. Di tanto in tantodurante la letturasi sentiva unbrusio di approvazioneaccompagnato da
sommesse esclamazioni: «Che carino!» «Com'è eloquente!» «Quant'èvero!»ecceterae quando la storia si concludeva
con un predicozzo particolarmente insopportabilegli applausi eranoaddirittura entusiastici.
Si alzò allora una fanciulla esile e malinconicail cui volto presentavaquel pallore «interessante» che deriva
dalle pillole e dalla cattiva digestionee lesse una «poesia». Due strofebasteranno.
L'addio all'Alabama di una donzella del Missouri
Addiodolce Alabama! Io t'amo tanto!
Ma per poco lasciarti ora dovrò!
In petto il cuore è gonfio di pianto
E nei ricordi sprofondata sto!
Perché ho percorso le tue valli in fiore;
Sognato dei tuoi fiumi sulla riva;
Dei torrenti sentito il gran romore
E mirato la luna che saliva.
Non è vergogna se col cuore greve
Io m'allontano da questa terra antica;
Se con pena non agile e non lieve
Saluto questa gente che mi è amica.
Tu m'eri patria e asiloStato mio
Che da lungi la mia voce ancora chiama;
Quando la
tête inun rimescolioA te volgo le spallemia Alabama!
Pochissimi dei presenti sapevano cosa volesse dire
têtema la poesia ebbe comunque un grandissimo successo.Fece poi la sua comparsa una signorina dalla carnagione scuracon gli occhineri e i capelli neriche tacque per
un momento di grande effettoprese un'espressione tragica e cominciò aleggere in tono misurato:
Una visione
Scura e tempestosa era la notte. Sotto l'altissima volta del cielo non unasola stella palpitava; ma le profonde intonazioni
di un tuono minaccioso vibravano continuamente all'orecchio; mentre lampiterribili sfogavano il loro malumore nelle
nebbiose sfere celesticon l'aria di spregiare il dominio esercitato suiterrori che incutevano dall'illustre Benjamin
Franklin! Anche i venti impetuosi uscivano in frotta dalle loro mistichedimore e impazzavano qua e là come per
aumentare col loro aiuto la sfrenatezza della scena. In un momento similecosì cupocosì spaventosoil mio spirito
anelava a un briciolo di umana comprensione; quand'ecco che.51
L'amica più caramio confortomia guida e mio vanto
Gioia nel doloreestasi nella gioiami fu accanto.
Si muoveva come uno di quegli esseri splendenti raffigurati nei solarisentieri dell'Eden dalla fantasia dei romantici e
dei giovaniregina di bellezza di null'altro adorna che della propriatrascendente venustà. Così lieve era il suo passo da
non produrre alcun suonoe se non fosse stato per il magico brividoimpartito dal suo tocco benignocome altre
bellezze non appariscenti sarebbe scivolata via senza farsi notare: senzafarsi cercare. Una strana tristezza improntava i
suoi lineamenticome lacrime di ghiaccio sulla cappa decembrinamentreindicava gli elementi in lotta fra di loro e
m'invitava a contemplare i due esseri che intendeva presentarmi.
Questo incubo formava un manoscritto di circa dieci paginee finiva con unapredica così micidiale per le
speranze di salvezza dei non-presbiteriani che vinse il primo premio. Questocomponimento venne giudicato il migliore
della serata. Il sindaco del paeseconsegnando il premio all'autricetenneun discorso appassionato in cui disse che quel
tema era «la cosa di gran lunga più eloquente che gli fosse mai capitato diascoltaree che lo stesso Daniel Webster
avrebbe ben potuto esserne fiero».
Sarà il caso di osservaredi sfuggitache il numero dei componimenti incui si faceva un uso massiccio della
parola «vezzoso»e dove ci si riferiva all'esperienza umana come a una«pagina di vita»era superiore alla media.
A questo punto il maestrotanto alticcio da rasentare la giovialitàscostò la poltronavolse le spalle al pubblico
e prese a disegnare alla lavagna una carta dell'Americasulla qualeintendeva far svolgere l'esame di geografia. Ma le
mani gli tremavano tanto che il risultato fu davvero pietosoe dalla plateasi levarono piccoli scrosci di risa soffocate.
Sapendo di cosa si trattavail signor Dobbins cercò di rimediare. Cancellòalcune linee e le rifece; ma riuscì solo a
tracciarle ancora più stortedando sfogo a risate più sonore. Dedicòallora tutta la sua attenzione a quel lavorocome se
fosse ben deciso a non farsi smontare dall'ilarità del pubblico. Si sentivatutti gli occhi addosso; gli sembrava di andar
meglioeppure le risate continuavano; aumentavano addirittura nel modo piùsfacciato. E il pubblico ne aveva ben
donde. C'era una botolasopra la sua testache dava nel solaio; giù daquesta botola venne una gatta appesa a una corda
per i fianchi; aveva uno straccio legato intorno alla testa e alle mascelleper impedirle di miagolare; scendeva
lentamentecercando di raddrizzarsi per artigliare la corda e poi ricadendoper annaspare con le zampe in aria. Le risate
si fecero sempre più fortila gatta era a meno di quindici centimetri dallatesta dell'insegnantetutto preso dal suo
lavoro; giùgiùun po' più in bassoe la gatta con i suoi artiglidisperati afferrò la parruccavi si tenne stretta e in un
lampo fu issata nuovamente nel solaio col trofeo sempre in suo possesso! Ecome si specchiavala lucesulla pelata del
maestroperché il figlio del pittore d'insegne gliel'aveva
dorata!Questo episodio pose fine alla serata. I ragazzi erano stati vendicati.Cominciavano le vacanze.
NOTA. I «componimenti» citati in questo capitolo sono presisenzamodificheda un volume intitolato
Prosee poesie di una signora del Wes
tma corrispondono esattissimamente ai temi svolti dalle studentessee diconseguenzasono molto più riusciti di quanto potrebbero esserlo delle sempliciimitazioni.
CAPITOLO XXIII
Attratto dal carattere vistoso delle loro «insegne»Tom s'iscrisse alnuovo ordine dei Cadetti della
Temperanza. Promise di astenersi dal fumaredal masticare tabacco e dalbestemmiare fino a quando fosse rimasto
nell'ordine. In questo modo scoprì una cosa nuova: e cioè che promettere dinon fare una cosa è il sistema più sicuro del
mondo per far sì che uno voglia andare subito a fare proprio quella cosa.Tom scoprì subito di essere tormentato dal
desiderio di bere e di bestemmiare; il desiderio divenne così intenso chesolo la speranza di potersi mostrare in pubblico
con la sua fusciacca rossa lo trattenne dal dimettersi dall'ordine. IlQuattro Luglio si avvicinava; ma Tom vi rinunciò
subito - vi rinunciò prima di aver portato i suoi ceppi per più diquarantott'ore - e concentrò le sue speranze sul vecchio
Frazeril giudice di paceche a quanto si
diceva era sul letto di morte eessendo un funzionario di grado cosìelevatoavrebbe avuto un solenne funerale. Per tre
giorni Tom mostrò un profondo interesse per le condizioni di salute delgiudicee chiedeva ansiosamente sue notizie. A
volte le sue speranze erano grandicosì grandi che Tom si azzardava a tirarfuori le sue decorazioni e a far le prove
davanti allo specchio. Ma il giudice aveva un modo di fluttuare scoraggiantequanto mai. Finalmente fu dichiarato in via
di guarigionee poi in convalescenza. Tom era disgustato; e gli sembrava diaver subìto un torto. Diede
immediatamente le dimissionie quella notte il giudice ebbe una ricaduta emorì. Tom decise che non si sarebbe mai più
fidato di un uomo simile. Il funerale fu una cosa bellissima. I Cadettisfilarono con uno stile inteso a far crepare
d'invidia l'ex iscritto.
Tom era di nuovo liberoperò; questo era già molto. Ora poteva bere ebestemmiarema scoprì con sorpresa di
non averne voglia. Il semplice fatto di poterlo fare gliene aveva tolto ildesiderioprivando quell'azione di ogni fascino.
Ben presto Tom scoprì che i giorni di quelle vacanze tanto ambite nonpassavano mai.
Provò a tenere un diarioma in tre giorni non accadde nullae allora loabbandonò.
Il primo di tutti i
minstrelshow negri arrivò in paeseefece scalpore. Tom e Joe Harper radunarono una.52compagnia di attori e furono felici per due giorni.
Persino il glorioso Quattro Luglio fuin un certo sensoun insuccessoperché piovve a dirotto; di conseguenza
non si tenne la sfilatae l'uomo più grande della terra (come credeva Tom)il signor Bentonun autentico senatore degli
Stati Unitifu una tremenda delusioneperché non solo non era alto settemetrima non vi si avvicinava nemmeno.
Arrivò un circo. Dopodiché i ragazzi giocarono al circo per tre giorni intende fatte di tappeti di stracci - prezzo
di ammissione: tre spilli per i maschidue per le bambine - e poi anche ilcirco venne abbandonato.
Arrivarono un frenologo e un mesmerizzatore: e se ne andarono com'eranovenutilasciando il paese più triste
e noioso che mai.
Ci furono due o tre feste organizzate dai genitori di qualche ragazzomaerano così poche e così divertenti che
riuscivano solo a rendere ancora più dolorosi i dolorosi vuoti tra l'una el'altra.
Becky Thatcher era andata a passare le vacanze con i genitori nella sua casadi Constantinople: così la vita
aveva perso ogni attrattiva.
Il terribile segreto del delitto era una cronica tortura. Era un vero eproprio cancroinguaribile e doloroso.
Poi venne il morbillo.
Per due lunghe settimane Tom giacque prigionierosordo al mondo e a ciò chevi accadeva. Stava malissimo
non gl'importava di nulla. Quando alla fine si rimise in piedi e si diressefiaccamente verso il centro del paeseogni
essere viventegrande o piccoloaveva subìto un ingrato cambiamento. C'erastato un «revival»e tutti avevano
«scoperto la religione»; non soltanto gli adultima anche i ragazzi e lebambine. Tom andò in girosperando
nell'impossibilesperando cioè di vedere almeno il muso di un santopeccatorema non ebbe che delusioni. Trovò Joe
Harper che studiava il Testamentoe gli voltò tristemente le spalle per nonvedere quello spettacolo penoso. Cercò Ben
Rogerse lo sorprese a visitare i poveri con una borsa di opuscolireligiosi. Scovò Jim Hollische richiamò la sua
attenzione sul prezioso avvertimento che il Signore gli aveva datomandandogli il morbillo. Ogni ragazzo che
incontrava aggiungeva un'altra tonnellata al peso della sua depressione; equandodisperatocorse finalmente a
rifugiarsi tra le braccia di Huckleberry Finn e fu accolto con la citazionedi un versetto della Scritturail suo cuore si
spezzòe Tom arrancò faticosamente fino a casa e si mise a lettorendendosi conto chedi tutti gli abitanti del paeselui
solo era perdutoe perduto per sempre.
E quella notte venne un tremendo temporalecon pioggia scroscianteorridicolpi di tuono e accecanti cortine
di lampi. Tom mise la testa sotto le coperte e attese in un orrored'incertezza che si compisse la sua sorte; perché non
aveva ombra di dubbio che tutta quella baraonda fosse per lui. Credeva diaver forzato la pazienza della divinità oltre
ogni limite di sopportazionee che questo fosse il risultato. Avrebbe potutosembrargli uno spreco di mezzi e munizioni
uccidere un insetto con una batteria di cannonima non trovava nullad'incongruo nel mettere in piedi un temporale
costoso come quello per togliere il tappeto sotto i piedi a un insetto comelui.
Poco dopo la tempesta si calmò e scomparve senza raggiungere il suo scopo.Il primo impulso del ragazzo fu
quello di ringraziare il cielo e promettere di cambiar vita. Il secondo fu diattendere: quel temporale poteva essere
l'ultimo.
L'indomani i medici tornarono; Tom aveva avuto una ricaduta. Le tre settimaneche passò coricato sulla
schiena questa volta gli parvero un secolo. Quando uscì di casafinalmentequasi quasi non gl'importava nemmeno di
essere stato risparmiatoricordando la solitudine della sua vitalo statodi abbandono nel quale si trovava. Vagò
svogliatamente per le strade e trovò Jim Hollis che faceva il giudice in untribunale minorile che stava processando una
gatta per assassinioalla presenza della sua vittimaun uccello. Trovò JoeHarper e Huck Finn in fondo a un vicolo che
mangiavano un melone rubato. Poveri ragazzi. Anche lorocome Tomavevanoavuto una ricaduta.
CAPITOLO XXIV
Finalmente l'atmosfera sonnolenta venne turbatae vigorosamente.
In tribunale cominciò il processo per l'omicidio nel cimitero. Diventòsubito il principale argomento di tutte le
chiacchiere del villaggio. Tom non riusciva a staccarsene un istante. Ogniaccenno al delitto gli faceva balzare il cuore
in golaperché la sua coscienza sporca e i suoi timori riuscivano quasi apersuaderlo che quelle osservazioni venivano
fatte a portata del suo udito per «metterlo alla prova»; non vedeva comequalcuno potesse sospettarlo di sapere qualcosa
del delittoe tuttavia non riusciva a stare tranquillo in mezzo a quelturbine di pettegolezzi. Continuava a sudar freddo
ogni volta che ne sentiva parlare. Un giorno portò Huck in un posto fuorimano per fare quattro chiacchiere con lui.
Sarebbe stato un sollievo sciogliere la lingua per un po'spartire ilfardello delle sue angosce con un altro sofferente
come lui. Inoltrevoleva assicurarsi che Huck avesse tenuto il becco chiuso.
«Huckne hai mai parlato con nessuno?»
«Di che?»
«Lo sai.»
«Oh. Certo che non ne ho parlato.»
«Neanche una parola?»
«Neanche mezzaDio mi è testimone. Perché me lo domandi?»
«Be'avevo paura.».53
«Ma scusaTom Sawyertu non vivresti due giorni se questa cosa saltassefuori. Lo sai.»
Tom si sentiva più tranquillo. Dopo una pausa:
«Huck»disse«nessuno potrebbe costringerti a parlareeh?»
«Costringermi a parlare? Be'se volessi che quel demonio di un meticcio miannegasse come un gatto
potrebbero costringermi a parlare. Non c'è altro modo.»
«Be'allora è tutto a posto. Credo che siamo al sicurofino a quandoterremo il becco chiuso. Ma giuriamo di
nuovoin ogni caso. È più sicuro!»
«D'accordo.»
Così tornarono a giurare con sinistra solennità.
«Cos'hai sentito direHuck? Non parlano d'altro.»
«Cos'ho sentito? Be'Muff PotterMuff Pottersempre Muff Potter. Ho unatale fifa che vorrei poter andare a
nascondermi in qualche posto.»
«Sono le stesse cose che dicono in casa mia. Secondo me è spacciato.Qualche volta non ti dispiace per lui?»
«Quasi sempre... Quasi sempre. È un buono a nulla; ma non ha mai fatto malea una mosca. Va un po' a pesca
per racimolare i soldi per potersi ubriacare... e il più del tempo se ne stain ozio; maDio buonolo facciamo tutti: quasi
tuttialmeno... i predicatori e gente simile. Ma non è cattivo: un giornomi ha dato mezzo pescequando non era
abbastanza per due; e un mucchio di volte mi ha come dato una mano quando eroparticolarmente scalognato.»
«Be'a me aggiustava gli aquiloniHucke mi attaccava gli ami alla lenza.Vorrei che potessimo farlo uscire di
là.»
«Dio! Non ce la faremmo maiTom. E non servirebbe a niente; loriprenderebbero.»
«Sì... È vero. Ma mi scoccia sentir parlare tanto male di lui quandoaccidentilui non ha mai fatto... quella
cosa.»
«Anche a me Tom. Cristoli sento dire che è il peggior criminale delpaesee si meravigliano che non sia stato
già impiccato.»
«Sì; parlano sempre così. Li ho sentiti dire chese fosse evasoloavrebbero linciato.»
«E lo farebberoanche.»
I ragazzi fecero una lunga chiacchieratache però fu per loro di limitataconsolazione. Mentre calava la notte
si sorpresero a gironzolare nelle vicinanze della prigione piccola e isolataforse con la vaga speranza che capitasse
qualcosa che potesse trarli dalle difficoltà in cui si trovavano. Ma nonaccadde nulla; sembrava che non ci fossero né
angeli né fate interessati a questo sventurato prigioniero.
I ragazzi fecero quello che spesso avevano fatto prima: si accostaronoall'inferriata della cella e diedero a
Potter un po' di tabacco e dei fiammiferi. Era al pianterrenoe non c'eranoguardie.
La gratitudine che mostrava per questi doni aveva sempre turbato la lorocoscienza: questa volta la ferita fu più
profonda che mai. Si sentirono dei vigliacchi e dei traditori in sommo gradoquando Potter disse:
«Voi siete sempre stati mo lto buoni con meragazzi... più buoni dichiunque altro in questo paese. E io non lo
dimenticonossignore. Spesso dico tra medico: "Una volta aggiustavotutti gli aquiloni e i giocattoli dei ragazzie gli
mostravo dov'erano i posti migliori per pescaree li aiutavoquando potevoe ora che è nei guai tutti hanno dimenticato
il vecchio Mufftranne Tom e Huck: loro non se lo dimenticano" mi dico"e io non mi dimentico di loro!" Be'ragazzi
ho fatto una cosa orribile: dovevo essere ubriaco e fuori di meecco l'unicaspiegazione che posso daree ora mi faranno
dondolaree questo è giusto. Giustoe anche meglioforse; lo speroinogni caso. Be'non parliamone più. Non voglio
rattristarvi; voi mi avete aiutato. Ma quel che voglio dire è: nonubriacatevi maicosì non finirete mai qui dentro.
Spostatevi un po' a sinistra: cosìecco; è un gran conforto vedere facceamiche quando uno si trova in un tal mare di
guaie qui non viene a trovarmi nessuno tranne voi. Facce amichefaccebuone. Montate l'uno sulla schiena dell'altroe
lasciatemele toccare. Così. Diamoci la mano: infilate le vostre tra lesbarreché la mia non ci passa. Che manine
piccolee deboli... Però a Muff Potter hanno dato un grande aiutoe sepotessero lo aiuterebbero di più.»
Quando Tom andò a casa si sentiva profondamente infelicee i suoi sogniquella notte furono pieni di orrori. Il
giorno dopoe quello successivogironzolò intorno al tribunalesentendol'impulso quasi irresistibile di entrarema
costringendosi a restarne fuori. Huck stava facendo la medesima esperienza. Idue ragazzi si evitavano con cura. Di
tanto in tanto l'uno o l'altro si allontanavama una stessa sinistraattrazione finiva sempre col riportarli là. Tom teneva le
orecchie aperte quando gli sfaccendati uscivano dall'aulalemme lemmemaraccoglieva invariabilmente notizie
scoraggianti: le maglie della legge si stavano stringendo sempre piùimplacabilmente intorno al povero Potter. Alla fine
del secondo giorno tutto il paese diceva che nulla aveva scosso latestimonianza di Joe l'indianoe che non c'era il
minimo dubbio su quello che sarebbe stato il verdetto della giuria.
Quella sera Tom rimase fuori fino a tardie andò a letto passando dallafinestra. Era in uno stato di tremenda
eccitazione. Orepassaronoprima che riuscisse a prender sonno. Il mattinoseguente tutto il paese accorse in tribunale
perché quello doveva essere il gran giorno. I due sessi erano equamenterappresentati nella sala piena come un uovo.
Dopo una lunga attesa i giurati entrarono nell'aula e presero posto; pocodopo Potterpallido e smuntotimoroso e
disperatofu introdotto nell'aulaincatenatoe fatto sedere dove gli occhidi tutti i curiosi potevano vederlo; non meno
cospicuo era Joe l'indianoimperturbabile come sempre. Ci fu un altrointervalloe poi arrivò il giudicee lo sceriffo
dichiarò aperta l'udienza. Seguirono i soliti bisbigli tra gli avvocatieil fruscio delle carte stropicciate. Questi dettaglie
i relativi ritardicrearono un'atmosfera di attesa che era tanto solennequanto impressionante.
Venne poi citato un testimone il quale disse di aver trovato Muff Potter chesi stava lavando nel ruscello nelle.54
prime ore del mattino in cui era stato scoperto il delittoe che l'uomoaveva subito tagliato la corda. Dopo qualche altra
domanda il pubblico ministero disse:
«Se la difesa ha domande da fare...»
L'imputato alzò gli occhi per un attimoma li riabbassò quando il suoavvocato disse:
«Non ho domande da fargli.»
Il testimone successivo fornì la prova del ritrovamento del coltello vicinoal cadavere. Il pubblico ministero
disse:
«La parola alla difesa.»
«Non ho domande da fargli»rispose l'avvocato di Potter.
Un terzo testinome giurò di aver visto spesso il coltello in mano a Potter.
«La parola alla difesa.»
L'avvocato di Potter rinunciò a interrogarlo.
Le facce degli spettatori cominciavano a mostrare un certo fastidio. Cheintenzioni aveva quell'avvocatodi
lasciar impiccare il suo cliente senza fare il minimo sforzo per salvarlo?
Molti altri testimoni parlarono dell'atteggiamento colpevole tenuto da Potterquando fu portato sul luogo del
delitto. Poterono scendere dal banco senza essere interrogati dal difensore.
Ogni dettaglio delle circostanze compromettenti emerse al cimitero quelmattino che tutti i presenti
ricordavano così bene fu rievocato da testimoni attendibilima nessuno diessi venne interrogato dall'avvocato di Potter.
Il pubblico non nascose la sua perplessitàespresse la sua insoddisfazionecon alcuni mormorii e si attirò un rabbuffo
del giudice. Poi il pubblico ministero disse:
«In base alle testimonianze giurate di cittadini la cui sola parola è al disopra di ogni sospetto noi abbiamo
dimostrato senz'ombra di dubbio che l'autore di quest'orribile delitto èl'infelice nella gabbia degli imputati. A questo
punto rinunciamo a presentare altre prove.»
Il povero Potter si lasciò sfuggire un gemitosi portò le mani al visoeprese a dondolarsi lentamente avanti e
indietromentre un penoso silenzio si diffondeva nell'aula. Molti uominierano commossie la pietà di molte donne si
traduceva in lacrime. L'avvocato difensore si alzò in piedi e disse:
«Vostro onorenelle nostre osservazioni all'inizio di questo processo noiavevamo adombrato l'intenzione di
provare che il nostro cliente commise quest'azione spaventosa mentre sitrovava sotto l'influenza di un cieco e
irresponsabile delirio prodotto dall'alcool. Ora abbiamo cambiato idea;rinunciamo all'eccezione.» (Poirivolto al
cancelliere.) «Si chiami Tom Sawyer.»
Un profondo stupore si dipinse sul volto dei presentinon escluso quello diPotter. Tutti gli occhi si
appuntarono con morbosa curiosità su Tom mentre il ragazzo si alzava eprendeva posto sul banco dei testimoni. Aveva
un'aria piuttosto sconvolta perché era molto spaventato. Gli fecero prestareil giuramento.
«Thomas Sawyerdov'eravate il diciassette giugnoverso mezzanotte?»
Tom guardò di sottecchi la faccia di Joe l'indiano e la lingua lo tradì. Ilpubblico ascoltava col fiato sospeso
ma le parole non volevano uscire. Dopo qualche istantetuttaviail ragazzoritrovò un pochino della sua forza e riuscì a
infonderne abbastanza nella voce da farsi udire almeno da una parte delpubblico:
«Al cimitero!»
«Un po' più forteper cortesia. Non abbiate paura. Voi eravate...»
«Al cimitero.»
Un sorriso sprezzante passò rapido sul viso di Joe l'indiano.
«Eravate nei paraggi della tomba di Horse Williams?»
«Sissignore.»
«Parlate un po' più forte. A che distanza eravate dalla tomba?»
«Alla stessa distanzapiù o menoche c'è tra me e lei.»
«Eravate nascosto oppure no?»
«Ero nascosto.»
«Dove?»
«Dietro gli olmi che sorgono sul ciglio della tomba.»
Joe l'indiano trasalìcon un sussulto quasi impercettibile.
«C'era qualcuno con voi?»
«Sissignore. C'ero andato con...»
«Aspettate... Aspettate un momento. Non c'è nessun bisogno di fare il nomedel vostro compagno. Lo citeremo
al momento opportuno. Avevate portato qualcosa là con voi?»
Tom esitò e parve confuso.
«Dite pureragazzo mio... Non siate diffidente. La verità è sempre degnadi rispetto. Cos'avevate portato
laggiù?»
«Solo un... un... gatto morto.»
Ci fu una piccola esplosione d'ilaritàche il giudice prontamente soffocò.
«Produrremo lo scheletro di quel gatto. Oraragazzo mioditeci tuttoquello che è successo; ditecelo a modo
vostro: non saltate nulla e non abbiate paura.»
Tom cominciò il suo racconto: in tono esitantedapprimama poivia viache s'infervoravale parole gli.55
uscirono di bocca sempre più facilmente; in breve cessò ogni rumorelasciando nella sala soltanto il suono della sua
voce; ogni occhio era puntato su di lui; con la bocca socchiusa e il fiatosospeso il pubblico pendeva dalle sue labbra
perdendo la nozione del temporapito dal fascino terribile della storia. Latensione raggiunse il colmo allorché il
ragazzo disse: «E quando il dottore mollò un colpo con l'asse e Muff Pottercadde a terraJoe l'indiano saltò su col
coltello e...»
Crack! Veloce come il lampoil meticcio balzò verso una finestrasi fecelargo fra tutti quelli che cercavano di
fermarlo e sparì.
CAPITOLO XXV
Tom fu ancora una volta un fulgido eroe: il beniamino dei vecchil'invidiadei giovani. Il suo nome finì sulla
stampa immortaleperché il giornale del paese tessé le sue lodi. Qualcunopensava addirittura che un giorno sarebbe
diventato presidente degli Stati Unitise non fosse finitoprimasullaforca.
Come sempreil mondo incostante e irragionevole si strinse Muff Potter alsenoe lo vezzeggiò con la stessa
larghezza con cui prima lo aveva maltrattato. Ma questi comportamenti almondo fanno onore; per questo non sta bene
trovarvi da ridire.
I giorni di Tom erano giorni di gloria e di esultanzama le sue notti eranostagioni di orrore. Joe l'indiano
infestava tutti i suoi sognie sempre con la sua condanna negli occhi. Quasinessuna tentazione poteva convincere il
ragazzo a uscir di casa dopo il tramonto. Il povero Huck si trovava nellostesso stato di terrore e d'infelicitàperché Tom
aveva raccontato tutta la storia all'avvocato la sera prima del gran giornoin tribunalee Huck aveva una paura folle che
la parte da lui avuta in quell'affare potesse ancora trapelarenonostante lafuga di Joe l'indiano gli avesse risparmiato la
sofferenza di dover testimoniare in tribunale. Il poverino aveva fattopromettere il segreto all'avvocatoma... e con
questo? Da quando la coscienza turbata di Tom era riuscitauna seraaspingerlo fino alla casa dell'avvocatoe a
strappare quell'orribile storia da labbra che erano state suggellate con ilpiù lugubre e il più spaventoso dei giuramenti
la fiducia di Huck nella razza umana si era quasi cancellata. Di giorno lagratitudine di Muff Potter faceva sì che Tom si
rallegrasse di aver parlato; ma di notte il ragazzo pensava che avrebbe fattomeglio a cucirsi la lingua. Per metà del
tempo Tom temeva che Joe l'indiano non sarebbe mai stato catturato; perl'altra metà temeva che lo fosse. Era sicuro
che non sarebbe mai più riuscito a respirare liberamente finché quell'uomonon fosse morto e lui non avesse visto il suo
cadavere.
Ricompense erano state offerteil paese era stato rastrellatoma Joel'indiano non era saltato fuori. Uno di quei
prodigi autorevoli e onniscientiun detectivevenne da St. Louisficcanasò qua e làscosse la testafece la faccia di chi
la sa lunga e ottenne uno di quei fantastici successi che invariabilmentecollezionano i membri di quell'arte. Vale a dire
«trovò un indizio». Ma non s'impicca un «indizio» per omicidioe cosìdopo che il detective ebbe finito e se ne fu
tornato a casaTom si sentì insicuro come prima.
I giorni passavano lentie il peso dell'apprensione che ciascuno si lasciavaalle spalle diminuiva un poco per
volta.
CAPITOLO XXVI
Nella vita di ogni ragazzo educato come si deve viene sempre un momento incui lo prende un desiderio
irresistibile di andare in qualche luogo a cercare un tesoro nascosto. Ungiorno questo desiderio assalì Tom
all'improvviso. Il ragazzo andò a cercare Joe Harperma non riuscì atrovarlo. Poi cercò Ben Rogers; era andato a pesca.
Finalmente incontrò Huck Finn la Mano Insanguinata. Huck era disponibile.Tom lo condusse in un angolo appartato e
in confidenza gli parlò della faccenda. Huck era pronto. Huck era semprepronto a prender parte a ogni impresa che
offrisse qualche motivo di divertimento e non richiedesse l'impiego dicapitaliperché aveva una fastidiosa
sovrabbondanza di quel tempo che
nonè denaro.«Dove scaviamo?» disse Huck.
«Ohquasi dappertutto.»
«Comesono nascosti dappertutto?»
«Noper niente. Sono nascosti in posti molto specialiHuck: certe volte suisolecerte volte in casse marcite
sotto la punta di un ramo di un vecchio albero seccoproprio là dove cadel'ombra a mezzanotte; ma soprattutto sotto il
pavimento delle case infestate dagli spiriti.»
«Chi li nasconde?»
«Be'i ladrinaturalmente: chi dovrebbe nasconderlisecondo te? Idirettori delle scuole domenicali?»
«Non so. Se il tesoro fosse miomica lo nasconderei: lo spenderei e midarei alla pazza gioia.»
«Anch'io; ma i ladri non la pensano così: lo nascondono sempre e lolasciano là.»
«Non vanno più a cercarlo?»
«Noloro pensano di farloma di solito dimenticano i segnioppuremuoiono. Comunqueil tesoro resta là per.56
un pezzo e si arrugginisce; e poco dopo qualcuno trova una vecchia cartagialla che spiega come si trovano le tracce:
una carta che per decifrarla ci vuole più di una settimana perché sonoquasi tutti segni e geroglifici.»
«Gero cosa?»
«Geroglifici: disegni e ghirigorisaiche sembra che non abbiano alcunsignificato.»
«Hai trovato una di quelle carteTom?»
«No.»
«Be'alloracome farai a trovare i segni?»
«Non mi serve nessun segno. Lo seppelliscono sempre in una casa infestatadagli spiritio su un'isolao sotto
un albero secco con un ramo sporgente. Be'noi abbiamo un po' esploratoJackson's Islande un giorno o l'altro
possiamo continuare; e c'è la vecchia casa degli spiriti in fondo allasalita di Still-Housee di alberi con i rami secchi ce
n'è a mucchia carettate.»
«Ci sono tesori sotto tutti i rami secchi?»
«Che discorsi! No!»
«Allora come farai a trovare quello buono?»
«Li provo tutti.»
«AccidentiTomci vorrà tutta l'estate.»
«Be'e con questo? Poniamo che tu riesca a trovare una pentola d'ottone concento dollari dentrotutti belli
arrugginitio un baule marcito pieno di diamanti. Che ne dici?»
A Huck brillarono gli occhi.
«È troppofin troppo per me. Dammi solo i cento dollarie i diamanti teli lascio tutti.»
«D'accordo. Ma puoi star sicuro che i diamanti io non li butto via. Ce n'èche valgono venti dollari l'uno. È
difficile trovarne uno che valga meno di tre quarti di dollaro; o di undollaroanche.»
«No! Davvero?»
«Certo: chiedilo a chiunque. Non ne hai mai visto unoHuck?»
«Ch'io ricordino.»
«Ohi re ne hanno un mucchio.»
«Be'io non conosco nessun reTom.»
«Lo credo. Ma se dovessi andare in Europachissà quanti te ne vedrestiballare intorno.»
«Ballano?»
«Se ballano? Sei proprio tonto! No!»
«Alloraperché hai detto che ballano?»
«Uffa! Volevo dire solo che li avresti visti... Non che ballanosi capisce:perché dovrebbero ballare? Ma
voglio dire solo che li vedresti... sparsi qua e làinsommadappertutto.Come quel vecchio gobbo di Riccardo.»
«Riccardo? E il cognome?»
«Non ce l'avevail cognome. I re hanno solo il nome di battesimo.»
«No?»
«Sì. Te lo dico io.»
«Be'contenti loroTom; io però non vorrei essere un re e avere solo ilnome di battesimocome un negro. Ma
senti: dove vuoi metterti a scavareprima?»
«Be'non so. E se cominciassimo da quel vecchio albero secco che c'è sullacollina dall'altra parte della salita
di Still-House?»
«D'accordo.»
Allora si procurarono un badile e un piccone malandato e iniziarono la lorocamminata di cinque chilometri.
Arrivarono accaldati e ansimantie si gettarono per terra all'ombra di unvicino olmo per riposarsi e fare una fumatina.
«Mi piace»disse Tom.
«Anche a me.»
«SentiHuckse qui troviamo un tesorotu cosa farai della tua parte?»
«Be'mangerò una torta al giornocon un bicchiere d'acqua di selzeandrò a tutti i circhi che vengono in
paese. Puoi star certo che me la spasserò.»
«Be'non metterai da parte niente?»
«Da parte? Per cosa?»
«Comeper avere di che vivere anche dopo.»
«Ohnon servirebbe a niente. Mio padreun giorno o l'altrotornerebbe inpaese e ci metterebbe su le grinfie
se io non mi spicciassie ti assicuro che spazzerebbe via tutto in unbattibaleno. TuTomcosa faresti della tua?»
«Io mi compro un tamburo nuovoe una spada verae una cravatta rossae uncuccioloe mi sposo.»
«Ti sposi?»
«Proprio così.»
«Tomtu... Accidentitu hai le pigne in testa.»
«Aspetta e vedrai.»
«Be'questa è la cosa più scema che potresti fareTom. Guarda i mieigenitori. Botte! Per la miserianon
facevano che picchiarsi. Me lo ricordo bene.»
«Non significa niente. La ragazza che sposo io non è mica una chepicchia.».57
«Io credo che siano tutte ugualiTom. Ti fanno rigar drittotutte quante.Sarà meglio che ci pensi ancora un
po'. Te lo dico io. Com'è che si chiamaquesta squinzia?»
«Non è una squinziaè una ragazza.»
«Guardaè sempre la stessa cosa. Chi dice squinziachi dice ragazza:vanno bene tutt'e due. In ogni modo
come si chiamaTom?»
«Te lo dico un'altra volta: adesso no.»
«Va benecome vuoi. Solo che se tu ti sposi io sarò più solo che mai.»
«Nonon è veroverrai a vivere con me. E adesso piantiamola e mettiamocia scavare.»
Lavorarono e sudarono per una mezz'ora. Nessun risultato. Faticarono perun'altra mezz'ora. Sempre senza
risultati. Huck disse:
«Li seppelliscono sempre così fondi?»
«Certe voltenon sempre. Di solitono. Forse non abbiamo trovato il postogiusto.»
Allora ne scelsero uno nuovo e ricominciarono. Il lavoro andava un po' arilentoeppure facevano progressi.
Per qualche tempo sgobbarono in silenzio. Finalmente Huck si appoggiò albadilesi terse con la manica le gocce che
gl'imperlavano la fronte e disse:
«Dove scaverai la prossima voltaquando avremo finito qui?»
«Forse dovremmo provare sotto il vecchio albero che c'è in cima a CardiffHilldietro la casa della vedova.»
«Credo anch'io che dovrebbe andar bene. Ma la vedova non ce lo porterà viaTom? È sulla sua terra.»
«Portarcelo via? Che ci provi! Chi trova uno di questi tesori nascostièlui il padrone. Non conta nulla di chi è
la terra dov'era seppellito.»
La risposta era soddisfacente. Il lavoro riprese. Poco dopo Huck disse:
«Accidentidobbiamo avere sbagliato posto un'altra volta. Che ne pensi?»
«È molto stranoHuck. Non capisco. Certe volte ci si mettono le streghe.Mi sa tanto che adesso dipende da
questo.»
«Storie! Di giorno le streghe non hanno alcun potere.»
«Giàè vero. Non ci avevo pensato. Ahora capisco qual è il problema!Che razza di stupidi siamo! Bisogna
vedere dove cade l'ombra del ramo a mezzanotteed è lì che si devescavare!»
«Alloraporca miseriaabbiamo fatto tutta questa fatica per niente.Accidentibisogna tornare di notte. È
lontano. Tu ce la fai a svignartela?»
«Altroché. E bisogna farlo stanotteperché se qualcuno vede i buchicapirà subito cosa c'è sotto e si metterà a
cercarlo.»
«D'accordostasera vengo a miagolare sotto casa tua.»
«Va bene. Nascondiamo gli attrezzi tra i cespugli.»
Quella sera i ragazzi furono lì all'ora stabilita. Era un luogo solitarioeun'ora solennizzata da antiche
tradizioni. Gli spiriti sussurravano tra le foglie che stormivanoi fantasmise ne stavano annidati negli angoli buiil
cupo abbaiare di un cane saliva a ondate da lontanouna civetta rispondevacon la sua nota sepolcrale. I ragazzi erano
soggiogati da quest'atmosfera suggestiva e parlavano poco. Quando fu passatoun po' di tempogiudicarono che fosse
mezzanotte; segnarono il punto dove cadeva l'ombra e si misero a scavare. Lesperanze cominciavano a crescere.
L'interesse era sempre più vivoe di pari passo procedeva il loro zelo. Labuca diventava sempre più profondama ogni
volta che il loro cuore trasaliva nell'udire che il piccone urtava controqualche cosai ragazzi pativano una nuova
delusione. Era solo un sasso o una radice. Finalmente Tom disse:
«È inutileHuckci siamo sbagliati un'altra volta.»
«Be'ma non possiamo esserci sbagliati. Abbiamo segnato il punto precisodell'ombra.»
«Lo soma c'è un'altra cosa.»
«Cosa?»
«Cavoloper l'ora abbiamo tirato a indovinare. Come nientepoteva esseretroppo presto o troppo tardi.»
Huck lasciò cadere il badile.
«Ecco»disse. «Ecco il vero problema. Qui bisogna lasciar perdere. Nonpotremo mai sapere l'ora giustae poi
questo lavoro mi fa troppa pauraqui a quest'ora di notte con le streghe e ifantasmi che svolazzano a destra e a manca.
Ho come l'impressione di aver sempre qualcuno alle spalle; e mi manca ilcoraggio di voltarmi perché magari ce ne
sono degli altridavantiche aspettano il momento buono. È da quando sonoqui che ho la pelle d'oca.»
«Be'Huckti capisco benissimo. Quasi sempre ci mettono un mortoquandoseppelliscono un tesoro sotto un
alberoper fargli la guardia.»
«Signore!»
«Sìè così. L'ho sentito dire.»
«Tomnon mi va molto di scherzare quando ci sono di mezzo dei morti. Conquelli si è destinati a finir male.»
«Neanche a me piace farli arrabbiareHuck. Metti che questo qui dovessecacciar fuori il suo teschio e dire
qualcosa!»
«NoTom! È orribile.»
«Be'proprio cosìHuck. Non mi sento affatto tranquillo.»
«Di'Tomperché non ce ne andiamo a provare in qualche altro posto?»
«Va beneforse è meglio.».58
«Dove?»
Tom rifletté un momentopoi disse:
«La casa degli spiriti. Là.»
«Accipicchia. Non mi piacciono le case degli spiritiTom. Cavolosonomolto peggio dei morti. Forse i morti
possono parlarema non vengono a gironzolarti intorno avvolti in un sudarioquando meno te l'aspettie a spiarti
all'improvviso dietro le spalle e a digrignare i denti come fanno loro. Unacosa simile non la sopportereiTom: nessuno
riuscirebbe a sopportarla.»
«Sì; maHuckgli spettri girano solo di notte: non c'impediranno discavare di giorno.»
«Be'questo è vero. Ma sai benissimo che in quella casa degli spiriti lagente non ci va né di giorno né di
notte.»
«Be'questo dipende soprattutto dal fatto che la gentein ogni casononva volentieri dove hanno ucciso un
uomo. Ma nessuno ha mai visto nientedi nottein quella casa: solo qualcheluce azzurra che passava davanti alla
finestra; di spettri veri e proprineanche l'ombra.»
«Be'quando vedi passare una di quelle luci azzurreTompuoi scommettereche lì vicino c'è uno spettro. È
ovvio. Perché sai che sono solo gli spettri che le usano.»
«Sìè veroma comunque loro non girano di giornoe perché alloradovremmo aver paura?»
«Quand'è cosìva bene. Andiamo pure nella casa degli spiritise lo dicitu; ma secondo me è un bel rischio.»
A questo punto si erano già avviati lungo la discesa. Là in mezzo allavalle rischiarata dalla lunasotto di loro
sorgeva la casa «degli spiriti»completamente isolatacon gli steccatiabbattuti da un pezzole erbacce che
l'assediavano fino allo scalino della porta d'ingressoil camino crollato ein rovinai telai delle finestre asportatiun
angolo del tetto sfondato. Per un poco i ragazzi la guardaronoquasiaspettandosi di vedere una luce bluastra passare
rapida dietro una finestra; poiparlando sottovocecome si confacevaall'ora e alle circostanzesvoltarono a destraper
fare un largo giro intorno alla casa degli spiritie tornarono a casa per iboschi che coprivano l'altro versante di Cardiff
Hill.
CAPITOLO XXVII
Il giorno dopo verso mezzogiorno i ragazzi arrivarono all'albero secco; eranovenuti a prendere gli arnesi. Tom
non vedeva l'ora di raggiungere la casa degli spiriti; fino a un certo puntoanche Huckche però disse all'improvviso:
«SentiTomsai che giorno è oggi?»
Tom ripassò mentalmente i giorni della settimana e poi alzò prontamente losguardo con un'espressione
sbigottita:
«Santo cielo! Non ci avevo pensatoHuck!»
«Be'neanch'ioma tutt'a un tratto m'è venuto in mente che eravenerdì.»
«Accidenti; la prudenza non è mai troppaHuck. Potremmo metterci in unbell'imbroglio a cominciare una
roba simile di venerdì.»
«Potremmo? Ci metteremmo in un bell'imbroglio di sicuro! Forse ci sono deigiorni fortunatima il venerdì
non è tra questi.»
«Questo lo sanno anche gli idioti. Non crederai d'essere stato il primo ascoprirloHuck.»
«Be'io non l'ho mai dettoeh? E non è solo che oggi è venerdì.Stanotte ho fatto un sogno orribile: ho sognato
dei topi.»
«No! Segno certo di guai. Bisticciavano tra loro?»
«No.»
«Be'Huckmeglio così. Quando non bisticcianoè solo un segno che cisono guai in vistasai. Tutto quello
che dobbiamo fare è tenere gli occhi aperti e starne fuori. Lasciamo perderequesta faccendaper oggie giochiamo.
Conosci Robin HoodHuck?»
«No. Chi è Robin Hood?»
«Comeera uno degli uomini più grandi che ci fossero mai stati inInghilterra... e il migliore. Era un bandito.»
«Perdianavorrei esserlo anch'io. Chi derubava?»
«Solo sceriffi e vescovi e gente ricca e ree persone simili. Ma non davamai fastidio ai poveri. Gli voleva
bene. Divideva sempre con loro in parti uguali.»
«Be'doveva essere proprio un galantuomo.»
«Puoi giurarci che lo eraHuck. Ohera l'uomo più nobile che fosse maiesistito. Di uomini così non ce ne
sono piùte lo assicuro. Avrebbe potuto suonarle a chiunqueinInghilterracon una mano legata dietro la schiena; ed
era capace di prendere il suo arco di tasso e di centrare ogni volta unamoneta da dieci centa due chilometri e mezzo.»
«Cos'è un arco di
tasso?»«Non lo so. È un tipo d'arconaturalmente. E se colpiva quella monetinasolo sull'orlo era capace di mettersi a
piangere... e a bestemmiare. Ma giochiamo a Robin Hood: è un nobilepassatempo. T'insegno io.»
«Intesi.»
Così giocarono a Robin Hood per tutto il pomeriggioscoccando ogni tantouno sguardo di desiderio alla casa.59
degli spiriti giù nella valle e accennando alle prospettive del giorno dopoe alle possibilità che presentavano. Quando il
sole cominciò a sprofondare verso occidentes'incamminarono verso casatagliando obliquamente le lunghe ombre degli
alberi e scompavero ben presto nelle foreste di Cardiff Hill.
Sabatopoco dopo mezzogiornoi ragazzi si trovarono di nuovo sotto l'alberosecco. Fecero una fumatina e
una chiacchierata all'ombrae poi scavarono un po' nella loro ultima bucasenza troppe speranzema solo perché Tom
aveva detto che c'erano tanti casi in cui i cercatori avevano rinunciato altesoro dopo esservi giunti a meno di dieci
centimetri di distanzae poi era arrivato un altro e l'aveva tirato fuoricon un sol colpo di vanga. Stavoltatuttaviala
cosa non riuscìperciò i ragazzi si misero in spalla gli arnesi e se neandaronosicuri di non avere scherzato con la
fortunama di aver adempiuto a tutti gli obblighi connessi alla professionedi cacciatore di tesori.
Quando raggiunsero la casa degli spiritic'era qualcosa di tanto misteriosoe sinistro nell'assoluto silenzio che
regnavalàsotto il sole cocentee qualcosa di tanto deprimente nellasolitudine e nella desolazione di quel luogoche
per un attimo i due ragazzi ebbero paura di avventurarsi nell'interno. Poiavanzarono lentamente fino alla porta e
diederotremandouna sbirciata. Videro una stanza senza il pavimentoinvasa dalle erbaccecon i muri scrostatiun
antico focolarefinestre vuoteuna scala in rovina; e qualàedappertuttopendevano ragnatele lacere e abbandonate.
Finalmente entraronopian pianocol cuore che aveva affrettato i suoibattitiparlando sottovocele orecchie pronte a
cogliere il minimo rumoree i muscoli tesi e pronti all'istantanea ritirata.
Di lì a poco la familiarità modificò i loro timoried essi dedicarono aquel luogo un esame critico e interessato
piuttosto fieri della propria audaciae anche un po' stupiti. Poi vollerodare un'occhiata al piano di sopra. Farlo era un
po' come tagliarsi la via della ritiratama i due ragazzi presero a sfidarsireciprocamentee il risultatonaturalmentenon
poteva che essere quello: buttarono gli arnesi in un cantone e intrapreserol'ascensione. Lassù c'erano le stesse tracce di
abbandono. In un angolo trovarono un armadio che prometteva misterima lapromessa fu una frode: non c'era niente
dentro. Ormai avevano ritrovato il coraggioe la fiducia in se stessi.Stavano per scendere e mettersi al lavoro quando...
«Ssst!» disse Tom.
«Cosa c'è?» sussurrò Hucksbiancando di paura.
«Ssst! Ecco! Senti?»
«Sì! Ohmio Dio! Scappiamo!»
«Sta' fermo! Non ti muovere! Stanno venendo proprio verso la porta.»
I ragazzi si sdraiarono sul pavimento con gli occhi davanti ai buchi lasciatidai nodi nell'assitoe attesero
sconvolti dal terrore.
«Si sono fermati... No... Vengono... Eccoli. Non dire un'altra parolaHuck.Dio santocome vorrei essere fuori
di qui!»
Entrarono due uomini. Ciascuno dei due ragazzi disse tra sé:
«Ecco il vecchio spagnolo sordomuto che è stato due o tre volte in paeseultimamente... L'altro invece non l'ho
mai visto prima.»
«L'altro» era un individuo lacero e arruffatocon una faccia che nonprometteva nulla di buono. Lo spagnolo
era avvolto in un
serape;aveva due baffi bianchi e cespugliosilunghi capelli bianchi che gli spuntavanoda sotto ilsombreroe portava degli occhiali verdi. Quando entrarono«l'altro» stavaparlando a bassa voce; si sedettero per terra
rivolti verso la portacon le spalle al muroe quello che parlava continuòil suo discorso. Seguitandoil suo
atteggiamento diventò meno cauto e le sue parole più chiare.
«No»disse«ci ho pensatoe non mi piace. È pericoloso.»
«Pericoloso!» brontolò lo spagnolo «sordomuto»con grande sorpresa deiragazzi. «Pulcino bagnato!»
Quella voce lasciò i ragazzi a bocca aperta e tremanti. Era la voce di Joel'indiano! Ci fu una lunga pausa di
silenzio. Poi Joe disse:
«Cosa c'è di più pericoloso del lavoretto che abbiamo fatto lassù? Eppurenon è successo niente.»
«È diverso. Così a monte del fiumee senza una casa nei dintorni. Nessunosaprà mai che ci abbiamo provato
in ogni casovisto che non ci siamo riusciti.»
«Be'cosa c'è di più pericoloso che venire qui di giorno? Chiunque civedessesospetterebbe subito di noi.»
«Lo so. Ma non c'erano altri posti adattidopo quel lavoro fatto con ipiedi. Io voglio andarmene da questa
baracca. Volevo farlo ierisolo che era inutile far tanto casino con quegliinfernali ragazzi che giocavano lassù sulla
collinain piena vista.»
«Quegli infernali ragazzi» tornarono a tremare di paura quando udironoquesta battutae pensarono alla fortuna
che avevano avuto quando si erano ricordati che era venerdì e avevano decisodi aspettare un giorno. In cuor loro
avrebbero voluto aver atteso un anno. I due uomini tirarono fuori un po' diroba da mangiare e fecero uno spuntino.
Dopo un silenzio lungo e pensieroso Joe l'indiano disse:
«Sentiragazzotu torna alla tua parrocchiaa monte del fiume. Aspettalì finché non hai mie notizie. Io
correrò il rischio di fare ancora un salto in paeseper dare un'occhiata.Quel lavoro "pericoloso" lo faremo dopo che mi
sarò guardato intorno e avrò capito che le cose si mettono bene. Poivianel Texas! Ci andremo insieme!»
La proposta sembrò soddisfacente. Poco dopo i due uomini si misero asbadigliaree Joe l'indiano disse:
«Sono morto di sonno! Tocca a te fare la guardia.»
Si raggomitolò tra le erbacce e in breve tempo cominciò a russare. Il suocompagno lo scosse due o tre voltee
lui tacque. Poco dopo anche alla sentinella cominciò a ciondolare la testa;il mento continuava ad abbassarsi: e gli
uomini si misero a russaretutt'e due..60
I ragazzi trassero un lungo respiro di gratitudine. Tom mormorò:
«Questo è il momento buono... Vieni!»
Huck disse: «Non posso... Morireise dovessero svegliarsi.»
Tom insistettema Huck non si lasciò convincere. Alla fine Tom si alzòlentamente e con cautelae
s'incamminò da solo. Ma il primo passo che fece strappò al pavimentosconnesso un così spaventoso cigolìo che il
ragazzo si lasciò cadere a terra quasi morto di paura. Non fece mai unsecondo tentativo. I ragazzi giacquero lassù
contando i lentissimi minuti finché parve loro che il tempo si fosse fermatoe l'eternità cominciasse a incanutire; e poi
ringraziarono il cielo quando notarono che finalmente il sole cominciava atramontare.
A questo punto uno dei due dormienti smise di russare. Joe l'indiano si levòa sederesi guardò intornosorrise
cupamente al suo compagnoche aveva chinato la testa sulle ginocchialoscosse col piede e disse:
«Ecco! Bella sentinella che sei! Tutto benecomunque: non è successoniente.»
«Santo cielo! Ho dormito?»
«Ohun po'un po'. Per noi è quasi ora di muovercifratello. Cosafacciamo di quel tanto di malloppo che ci
resta?»
«Non so: io direi di lasciarlo quicome abbiamo fatto sempre. Inutileportarlo via finché non si parte per il sud.
Seicentocinquanta dollari d'argento sono una bella zavorra.»
«Be'd'accordo: dovremo tornare qui ma... Pazienza.»
«Intesiallora. Ma direi di venirci di nottecome prima... È meglio.»
«Sìma stammi a sentire; può darsi che passi un bel po' di tempo primache io abbia l'occasione buona per
sbrigare quel lavoro; potrebbero capitare degli incidentise non glitroviamo un posto proprio buono; seppelliamoloe
in un buco bello fondo.»
«Buona idea»disse il compareche attraversò la stanzasi mise inginocchiosollevò una delle pietre
posteriori del focolare e tirò fuori un sacchetto che mandava un allegrotintinnio. Ne tolse venti o trenta dollari per sé e
altrettanti per Joe l'indianoe passò il sacchetto a quest'ultimoche erain ginocchionell'angoloe stava scavando col
suo lungo coltello da caccia.
I ragazzi dimenticarono tutti i loro timoritutti i loro affanni in unistante. Con occhi gongolanti seguivano
ogni movimento. Che fortuna! La sua magnificenza superava ogni immaginazione!Seicento dollari era una somma più
che sufficiente per arricchire una mezza dozzina di ragazzi! Ecco una cacciaal tesoro che si presentava sotto i migliori
auspici: non ci sarebbe stata nessuna antipatica incertezza sul punto in cuiscavare. Ogni due secondi si davano una
gomitata: gomitate eloquenti e di facile comprensioneperché volevano diresoltanto: «Ohma non sei contentoadesso
che siamo qui?»
Il coltello di Joe urtò contro un ostacolo.
«Ehi!» disse lui.
«Cosa c'è?» disse il suo compare.
«Un'asse mezza marcia... Noè una cassami pare. Quidammi una manoevediamo che roba è. Non importa
ho fatto un buco.»
Vi ficcò dentro la mano e la tirò fuori.
«Per la miseriasono quattrini!»
I due uomini esaminarono il pugno di monete. Erano d'oro. I ragazzi sopra laloro testa erano eccitati come
loroe altrettanto felici.
Il compare di Joe disse:
«Questo lo sbrighiamo in un lampo. C'è un vecchio piccone arrugginito trale erbacce là nell'angolodall'altro
lato del focolare: l'ho visto un momento fa.»
Corse a prendere il piccone e la vanga dei ragazzi. Joe l'indiano prese ilpicconelo guardò con aria critica
scosse la testaborbottò qualcosa tra i denti e poi cominciò a usarlo.
La cassa venne dissotterrata in un lampo. Non era molto grande; era cerchiatadi ferro e doveva essere stata
assai robusta prima che la lenta erosione degli anni l'intaccasse. Gli uominicontemplarono il tesoro per un po' in un
silenzio beato.
«Fratellolì ci sono migliaia di dollari»disse Joe l'indiano.
«Si è sempre detto che la banda di Murrel ha lavorato da queste partiun'estate»osservò il forestiero.
«Lo so»disse Joe l'indiano; «e questa sembra proprio roba lorodirei.»
«Ora non hai più bisogno di fare quel lavoro.»
Il meticcio aggrottò la fronte. Disse:
«Tu non mi conosci. Non sai tutto di quella storiaperlomeno. Questa non èaffatto una rapina; è una
vendetta!» E una luce malvagia si accese nei suoi occhi. «Mi servirà iltuo aiuto. E quando avremo finitovianel
Texas. Torna dalla tua Nance e dai tuoi ragazzie aspetta che io mi facciavivo.»
«Va benese lo dici tu. E cosa facciamo di questo? Lo riseppelliamo?»
«Sì.» (Di sopra un tripudio di gioia.) «No! Noper il grande Sachem!»(Di sopra la desolazione più profonda.)
«Me n'ero quasi dimenticato. C'era della terra fresca su quel piccone!» (Inun lampo i ragazzi furono ripresi dal terrore.)
«Cosa ci fannoquiuna vanga e un piccone? Perché sopra c'è della terrafresca? Chi li ha portati qui? E dov'è andato?
Hai sentito qualcunotu? Visto qualcuno? Cosa? Riseppellirli e lasciarli quiperché quellitornandovedano la terra
smossa? No davverono davvero. Li porteremo nella mia tana.».61
«Ma certo! Potevo pensarci prima. Alludi al numero uno?»
«Noal due: sotto la croce. L'altro posto non va bene: troppofrequentato.»
«D'accordo. È quasi buio. Abbastanza per andarcene di qui.»
Joe l'indiano si alzò in piedi e passò da una finestra all'altraguardandofuori con prudenza. Alla fine disse:
«Chi potrebbe aver portato qui quegli arnesi? Credi che possano essere disopra?»
Il respiro dei ragazzi li lasciò. Joe l'indiano mise la mano sul coltellosi fermò un momentoindecisoe poi si
diresse verso la scala. I ragazzi pensarono all'armadioma anche le forze liavevano abbandonati. I passi venivano su
per le scalecigolando; e l'angoscia intollerabile di quella situazionestrappò alla paralisi la mente dei ragazziche
stavano per balzare verso l'armadio quando si udì uno schianto di legnotarlatoe Joe l'indiano precipitò al suolo tra le
macerie della scala distrutta. Si rialzò imprecandoe il suo compare disse:
«Che t'importa? Perché ti scaldi tanto? Se c'è qualcunoe se sono lassùlascia che ci stiano: chi se ne frega? Se
vogliono saltar giùadessoe mettersi nei guaipadronissimi. Tra quindiciminuti sarà buio: ci seguano pureallorase
vogliono; io non ho niente in contrario. Secondo mechi ha portato quadentro quegli arnesi ci ha vistoe ci ha preso per
fantasmi o diavoli o chissà che. Scommetto che stanno ancora scappando.»
Joe brontolò per qualche minuto; poi convenne con l'amico che era megliousare quel po' di luce che restava
per prepararsi alla partenza. Poco dopo sgusciarono fuori della casanell'ombra sempre più fitta del crepuscolo e
puntarono verso il fiume con la loro preziosa cassetta.
Tom e Huck si alzarono in piedifiacchi sulle gambe ma molto sollevatie liseguirono con lo sguardo dalle
fessure fra i tronchi della casa. Pedinarli? No di certo: furono ben contentidi tornare a toccar terra senza rompersi l'osso
del colloe di prendere il sentiero che portava in paese scavalcando lacollina. Non parlarono moltoerano troppo
occupati a mandarsi al diavolo: a maledire la sfortuna che li aveva spinti aportar lì la vanga e il piccone. Non fosse
stato per questoJoe l'indiano non avrebbe mai avuto dei sospetti. Avrebbenascosto l'argento insieme all'oro e lasciato
tutto lì finché la sua «vendetta» non fosse stata compiutae poi avrebbeavuto la sventura di scoprire che quei soldi
erano spariti. Scalognascalogna neraavere portato lì gli arnesi!Decisero di sorvegliare lo spagnoloquando fosse
venuto in paese a cercare l'occasione buona per compiere la sua vendettaedi seguirlo al «numero due»ovunque quel
posto potesse trovarsi. Poi un'idea orribile si affacciò alla mente di Tom:
«Vendetta? Hucke se fosse a noi che sta pensando?»
«Ohno!» disse Hucksentendosi quasi venir meno.
Studiarono a fondo la situazionee quando entrarono in paese erano d'accordonel ritenere che forse Joe
l'indiano alludeva a qualcun altro: o perlomeno che non poteva alludere che aTomdato che solo Tom aveva
testimoniato.
Di lievedi lievissimo conforto fu per Tom il sapere d'esser solo nelpericolo! Molto megliopensavasarebbe
stato essere in compagnia.
CAPITOLO XXVIII
L'avventura di quel giorno turbò paurosamente i sogni che Tom fece durantela notte. Quattro volte allungò le
mani verso quel favoloso tesoroe quattro volte esso gli svanì tra le ditamentre il sonno lo abbandonava e la veglia lo
riportava alla dura realtà della sua cattiva sorte. Mentre giaceva nel suolettonelle prime ore del mattinorievocando gli
episodi della sua grande avventuranotò che essi sembravano curiosamentesmorzati e lontaniun po' come se fossero
accaduti in un altro mondoo in un tempo remotissimo. Pensò allora che lagrande avventura doveva essere stata essa
stessa solo un sogno! C'era un fortissimo argomento a favore di quest'ideaeprecisamente che la quantità di monete da
lui vista era troppo grande per essere vera. Tom non aveva mai visto primacinquanta dollari tutti in una voltae come
tutti i ragazzi del suo ambiente e della sua età immaginava che ogniriferimento alle «centinaia» e alle «migliaia» fosse
un fantasioso modo di diree che somme simili in realtà non esistessero.Non aveva mai pensatonemmeno per un
attimoche una somma colossale come cento dollari potesse trovarsi sulserioin monete visibili e palpabilinelle tasche
di qualcuno. Se si fossero analizzate le sue idee di un tesoro nascostosisarebbe scoperto che consistevano di una
manciata di monete vere - monetine da dieci centnaturalmente - e di unmoggio di dobloni vaghisplendidi
inafferrabili.
Ma gli episodi della sua avventura diventarono sensibilmente più nitidi epiù chiari sotto l'attrito della
riflessionee perciò Tom finì presto per trovarsi sempre più propenso acredere che la cosadopo tuttoforse non era
stata affatto un sogno. Restava un margine d'incertezza che occorrevaeliminare. Decise di fare colazione in fretta e
furiae di andare a trovare Huck.
Huck sedeva sulla falchetta di una battanadondolando svogliatamente i piedinell'acqua con un'aria molto
melanconica. Tom concluse che era meglio lasciare a Huck il compitod'introdurre l'argomento. Se non l'avesse fatto
sarebbe stata la prova che l'avventura era stata solo un sogno.
«CiaoHuck!»
«Ciao.»
Silenzio per un minuto.
«Tomse avessimo lasciato quei maledetti arnesi sotto l'albero seccoavremmo i soldi in tasca. Ohnon è.62
orribile?»
«Non è un sognoalloranon è un sogno! Vorrei quasi che lo fosseinqualche modo. Mi venga un colpo se
non è vero.»
«Cos'è che non è un sogno?»
«Ohla storia di ieri. Quasi quasi credevo che lo fosse.»
«Un sogno! Se quelle scale non fossero crollateavresti visto che razza disogno era! Ne ho avuti da vendere
per tutta la nottedi sognicon quel demonio di uno spagnolo guercio checontinuava a corrermi dietroDio lo faccia
scomparire!»
«Nosperiamo che non lo faccia scomparire! Speriamo di trovarlo! E dirintracciare i soldi!»
«Tomnon lo troveremo mai. Un'occasione come quellanella vitacapita unavolta sola; e ormai se n'è andata.
Mi verrebbe una bella tremarellain ogni casose dovessi rivederlo.»
«Be'anche a me; però mi piacerebbe rivederloe seguirlo... fino al suonumero due.»
«Numero due: giàè vero. Ci ho pensato. Ma non ci capisco niente. Tu cosacredi che sia?»
«Non so. Troppo difficile. SentiHuck: magari è il numero di una casa!»
«Giusto!... NoTomnon è il numero di una casa. Se lo ènon è inquesto buco. Non ci sono neanche i numeri
qui.»
«Giàè vero. Fammi pensare un momento. Ecco: è il numero di una stanza;in una tavernasai!»
«Ohecco il trucco! Di taverne ne ce sono solo due. Si fa presto a scoprirequal è.»
«Tu resta quiHuck. Torno subito.»
Tom sparì in un lampo. Non ci teneva a farsi vedere in pubblico insieme aHuck. Si assentò per una mezz'ora.
Scoprì che nella taverna migliore il numero due era occupato da tempo da ungiovane avvocatoche vi alloggiava
ancora. Nella locanda meno pretenziosa il numero due era un mistero. Ilfiglio del taverniere disse che lo tenevano
sempre chiusoe che lui non aveva mai visto entrarvi o uscirne qualcunotranne che di notte; non conosceva alcun
motivo particolare per questo stato di cose; aveva avuto una certacuriositàma non particolarmente forte; aveva
approfittato del mistero per trastullarsi con l'idea che quella camera fosse«infestata dagli spiriti»; aveva notato che la
sera prima c'era stata una lucenell'interno.
«Ecco quello che ho scopertoHuck. Credo che sia proprio il numero due checerchiamo noi.»
«Credo anch'ioTom. Adesso che farai?»
«Lasciami riflettere.»
Tom rifletté a lungo. Poi disse:
«Sta' a sentire. La porta di dietro di quel numero due è la porta che dàin quel vicoletto cieco fra la taverna e la
vecchia bicocca del deposito di mattoni. Adesso tu raccogli tutte le chiaviche riesci a trovare e io rubo tutte quelle della
ziae la prima notte buia andiamo là a provarle. E bada di stare attento aJoe l'indianoperché ha detto che voleva venire
in paese a cercare l'occasione buona per compiere la sua vendetta. Se lovediseguilo e basta; e se non va in quel
numero dueil posto non è quello.»
«Cristoio non voglio seguirlo da solo!»
«Ma sarà nottedi sicuro. Potrebbe non vederti addirittura: e se anche tivedesseforse non penserebbe proprio
niente.»
«Be'se sarà buio pesto credo che lo seguirò. Non so... Non so. Ciproverò.»
«Se è buioHucklo seguo ioci puoi scommettere! Cavolopotrebbe averscoperto che non può compiere la
sua vendettae andarsi subito a prendere quei soldi.»
«È veroTomè vero. Lo seguirò: lo seguiròaccidenti.»
«Questo si chiama parlare! Non arrendertiHucke neanch'io miarrenderò.»
CAPITOLO XXIX
Quella sera Tom e Huck erano pronti per la loro avventura. Gironzolarono neiparaggi della taverna fin dopo le
novel'uno sorvegliando il vicolo da lontano e l'altro la porta dellataverna. Nessuno entrò nel vicolo e nessuno ne uscì;
nessuno che somigliasse allo spagnolo entrò o uscì dalla porta dellataverna. La notte prometteva di essere bella; così
Tom andò a casa con l'intesa chese il cielo avesse raggiunto unaragionevole gradazione di oscuritàHuck sarebbe
venuto a «miagolare»al che lui avrebbe lasciato la sua stanza di nascostoper andare a provare le chiavi. Ma la notte
rimase serenae Huck concluse la vigilanza e verso le dodici si ritirò adormire in una botte da zucchero vuota.
Martedì i ragazzi ebbero la stessa sfortuna. Mercoledì pure. Ma la nottedel giovedì sembrava più promettente.
A tempo debito Tom sgattaiolò fuori con la vecchia lanterna di latta di suazia e un grande asciugamano per bendarla.
Nascose la lanterna nella botte da zucchero di Huck e la vigilanza cominciò.Un'ora prima di mezzanotte la taverna
chiuse i battenti e le sue luci (le uniche di tutto il vicinato) furonospente. Non si era visto nessuno spagnolo. Nessuno
era entrato nel vicolo o ne era uscito. Tutto si presentava sotto i miglioriauspici. In paese regnava la più completa
oscuritàe l'assoluto silenzio era rotto soloa trattidal brontolare diun tuono lontano.
Tom prese la lanternal'accese nella bottel'avvolse strettamentenell'asciugamanoe i due avventurieri
strisciarono nel buio verso la taverna. Huck restò di sentinella e Tom siaddentrò nel vicolo a tentoni. Seguì un periodo.63
d'ansiosissima attesa che gravò come una montagna sullo spirito di Huck.Cominciava a desiderare di poter vedere un
raggio di luce della lanterna: lo avrebbe spaventatoma almeno gli avrebbefatto capire che Tom era ancora vivo.
Sembrava che fossero passate delle ore da quando Tom era sparito. Certodoveva essere svenuto; forse era
morto; forse gli era scoppiato il cuore dalla paura e dall'emozione. Nellasua inquietudineHuck si sorprese ad
avvicinarsi sempre più al vicolopaventando cose orrende d'ogni genereeaspettandosi da un momento all'altro una
catastrofe che gli avrebbe mozzato il respiro. Veramente non c'era molto damozzareperché Huck sembrava capace di
respirare solo con faticae presto il cuore gli si sarebbe fermatotantoforte batteva. A un tratto brillò un lampo di luce e
Tom fu improvvisamente al suo fianco:
«Scappa!» disse; «scappase vuoi salvarti la vita!»
Non c'era bisogno di ripeterlo; una volta bastava; Huck stava già facendocinquanta o sessanta chilometri l'ora
prima che la ripetizione avesse luogo. I ragazzi non si fermarono finché nonebbero raggiunto la baracca di un mattatoio
abbandonato all'estremità inferiore del paese. Proprio mentre si mettevanoal riparo scoppiò il temporale e si mise a
diluviare. Appena ebbe ripreso fiatoTom disse:
«Huckè stato orribile! Ho provato due chiavipiù piano che potevo; masembrava che facessero un rumore
così forte che non riuscivo quasi a respiraretanto ero spaventato. E nongiravano nemmeno nella toppa. Be'senza
badare a quello che facevoho impugnato la maniglia e la porta si è aperta!Non era chiusa! Sono entrato e ho tolto
l'asciugamano e... Per lo spettro del grande Cesare!»
«Cosa?... Cos'hai vistoTom?»
«Huckavevo quasi messo il piede sulla mano di Joe l'indiano!»
«No!»
«Sì. Era là disteso sul pavimentoche dormiva della grossacon la suavecchia benda sull'occhio e le braccia
spalancate.»
«Cristoe tu cos'hai fatto? S'è svegliato?»
«Nonon s'è mosso d'un millimetro. Ubriacoimmagino. Mi sono limitato araccogliere l'asciugamano e a
scappar via!»
«Non ci avrei manco pensatoioall'asciugamano!»
«Be'io sì. Mia zia mi avrebbe conciato per le festese lo avessiperduto.»
«Di'Tomquella cassetta l'hai vista?»
«Hucknon sono stato lì a guardarmi intorno. Non ho visto né la cassettané la croce. Non ho visto nient'altro
che una bottiglia e una tazza di latta sul pavimento vicino a Joe l'indiano!Sìe ho visto nella stanza due barili e tante
altre bottiglie. Capisciadessoperché quella stanza è infestata daglispiriti?»
«Noperché?»
«Ma come! È infestata dal whisky! Forse tutte le Taverne della Temperanzahanno una camera infestata dagli
spiritiehHuck?»
«Be'credo anch'io che forse sia così. Chi avrebbe immaginato una cosa delgenere? Ma di'Tomquesto allora
è il momento migliore per portar via quella cassettase Joe l'indiano èsbronzo.»
«Ah sì? Provaci tu!»
Huck rabbrividì.
«Be'no... Forse è meglio di no.»
«Anch'io dico che è meglio di noHuck. Una bottiglia sola vicino a Joel'indiano non basta. Se ce ne fossero
state tresarebbe stato abbastanza sbronzo e l'avrei fatto.»
Ci fu una lunga pausa di riflessionee poi Tom disse:
«Stammi a sentireHucknon proviamoci più con questa storia finché nonsiamo sicuri che Joe l'indiano è
fuori. Mi fa troppa paura. Ma se ogni notte facciamo la guardiaavremol'assoluta certezza di vederlo uscireuna volta o
l'altrae allora gli fregheremo la cassetta in un baleno.»
«Be'io ci sto. Farò la guardia per tutta la nottee la farò ogni notteanchee tu sbrigherai l'altra parte del
lavoro.»
«D'accordolo farò. Tutto quello che devi fare tu è correre per unisolato di Hooper Street e miagolare; e se
dormo mi tiri un po' di ghiaia contro la finestraper svegliarmi.»
«D'accordoaffare fatto!»
«E ora che il temporale è finitoHuckio vado a casa. Tra un paio d'orecomincerà a far chiaro. Torna indietro
e fa' la guardia fino ad alloraeh?»
«Ho detto che l'avrei fattoTome lo farò. Sorveglierò quella tavernaogni notte per un anno. Dormirò tutto il
giorno e farò la guardia tutta la notte.»
«Così va bene. E a dormire dove vai?»
«Nel fienile di Ben Rogers. Lui mi dà il permessoe così pure il negro disuo padrezio Jake. Io vado a prender
l'acqua per zio Jake ogni volta che gli servee ogni volta che glielo chiedolui mi dà qualcosa da mangiarese può
metterla da parte. Quello è un negro gentilissimoTom. Gli sono simpaticoperché non lo tratto mai come se valessi più
di lui. Qualche volta mi sono messo a tavola e ho mangiato con lui. Ma questonon devi dirlo. Quando si ha molta fame
si fanno certe cose che di solito non si farebbero.»
«Be'se di giorno non ho bisogno di teHuckti lascerò dormire. Nonverrò a disturbarti. Ma appena vedi che
di notte sta per succedere qualcosacorri sotto la mia finestra emiagola.».64
CAPITOLO XXX
La prima cosa che Tom seppe il venerdì mattina fu una bella notizia: lafamiglia del giudice Thatcher era
tornata in paese la sera prima. Per un attimo sia Joe l'indiano che il tesoropassarono in secondo pianoe Becky prese il
posto più importante negli interessi del ragazzo. Tom la videe insieme sidivertirono un mondo giocando a nascondino
e a palla avvelenata con una frotta di compagni di scuola. La giornata siconcluse in un modo particolarmente
appagante: Becky chiese con insistenza a sua madre di organizzare il tantopromesso e tanto rinviato picnic per
l'indomanie lei diede il suo consenso. La gioia della bambina fu senzalimitie quella di Tom non più moderata della
sua. Si diramarono gli inviti prima del tramontoe i ragazzi del paesefurono subito travolti dalla febbre dei preparativi
mentre pensavano con piacere a tutto ciò che li aspettava. L'eccitazionepermise a Tom di restare sveglio fino a tardi
con la speranza di sentire il «miao» di Huck e di entrare in possesso di untesoro con cui stupirel'indomaniBecky e gli
altri partecipanti al picnic; ma il ragazzo restò deluso. Quella notte nonci fu nessun segnale.
Finalmente venne il giornoe verso le dieci o le undici un'allegra erumorosa comitiva si raccolse davanti alla
casa del giudice Thatcherdove tutto era pronto per la gita. I vecchi nonavevano l'abitudinealloradi rovinare le
scampagnate dei giovani con la loro presenza. Si pensava che i più piccolifossero al sicuro sotto l'ala di qualche
signorina diciottenne e di qualche giovanotto di ventitré o ventiquattroanni. Il vecchio battello a vapore del traghetto fu
noleggiato per l'occasione: finalmente l'allegra brigata sfilò lungo lastrada principale carica di panieri pieni di roba da
mangiare. Sid era malato e dovette rinunciare alla gita; Mary restò a casaper fargli compagnia. L'ultima cosa che la
signora Thatcher disse a Becky fu:
«Tornerete molto tardi. Forse sarà meglio che tu passi la notte con unadelle bambine che abitano vicino alla
stazione del traghettobambina mia!»
«Allora starò con Susy Harpermamma.»
«Benissimo. E bada a comportarti benee non dare fastidio a nessuno.»
Poco dopomentre camminavano l'uno al fianco dell'altraTom disse a Becky:
«Sentiora ti dico quello che faremo. Invece di andare da Joe Harpersaliremo in cima alla collina e ci
fermeremo dalla vedova Douglas. Ci offrirà il gelato! Ce l'ha quasi tutti igiornimontagne di gelato. E sarà
contentissima di vederci.»
«Ohci divertiremo un mondo!»
Poi Becky rifletté un momento e disse:
«Ma cosa dirà la mamma?»
«Come farà a saperlo?»
La bambina ruminò un poco sull'idea e disse con qualche riluttanza:
«Non credo che sia giustoma...»
«Ma cosa? Tua madre non lo sapràe allora che male c'è? Lei vuole soloche tu non corra rischi; e scommetto
che te l'avrebbe detto leidi andarcidalla vedovase ci avesse pensato.Ne sono sicuro!»
La munifica ospitalità della vedova Douglas era un'esca tentatrice cheaiutata dalle argomentazioni di Tom
ebbe ben presto partita vinta. Così fu deciso di non dir nulla a nessuno delprogramma serale.
Poco dopo Tom pensò che forse Huck poteva venire a dare il segnale proprioquella notte. L'idea fece sbollire
molti dei suoi entusiasmi. Eppure non se la sentiva di rinunciare allo spassoche prevedeva di trarre da quella visita alla
vedova Douglas. E perché avrebbe dovuto rinunciarvi? ragionò. Se il segnalenon era venuto la sera primaperché
avrebbe dovuto avere maggiori probabilità di arrivare quella sera? Ilpiacere sicuro della serata ebbe la meglio
sull'incertezza del tesoro; e Tom puerilmente decise di cedereall'inclinazione più forte e di vietarsiper quel giornodi
ripensare alla cassetta piena di soldi.
Cinque chilometri a valle del paese il vaporetto si fermò davanti a unaconca boscosa e gettò gli ormeggi. La
comitiva scese a terrae ben presto le distese della foresta e gli speronirocciosi echeggiarono da ogni parte di grida e di
risate. Tutti i diversi modi di sudare e di stancarsi furono sperimentatieun po' alla volta gli escursionisti tornarono alla
base corroborati da un sano appetitoe là ebbe inizio la distruzione ditutto quel ben di Dio. Dopo il festino ci fu un
rinfrescante periodo di riposo e di chiacchiere all'ombra di querce maestose.Poco dopo qualcuno gridò:
«Chi viene alla caverna?»
Tutti. Saltarono fuori pacchi di candelee subito ci fu una gran corsa super la collina. L'imboccatura della
caverna era in altosul versantee aveva la forma di un'a maiuscola. La suamassiccia porta di quercia non era chiusa.
Dentro c'era una camerettagelida come una ghiacciaia e rivestita dallaNatura di uno strato compatto di calcare
imperlato di un freddo sudore. Era romantico e misterioso stare là immersinella profonda oscurità a guardar fuori verso
la vallata verde e risplendente sotto il sole. Ma la situazione perse benpresto tutta la sua solennitàe ricominciarono gli
scherzi. Appena si accendeva una candelatutti si gettavano su chi la tenevain mano; seguivano una lotta e una
gagliarda difesama la candela non tardava a essere buttata a terra ospentae allora la caverna si empiva di risate e
cominciava un nuovo inseguimento. Ma tutte le cose hanno una fine. Pianopiano il corteo s'incamminò per la ripida
discesa della strada principalee la fila baluginante di luci mostròconfusamente le maestose pareti di roccia fin quasi al
punto dove si univanoformando la volta della grottaventi metri sopra latesta degli escursionisti. Questa strada.65
principale non era larga più di due o tre metri. Ogni quattro o cinque passialtri crepacci altissimi e sempre più stretti si
diramavano a destra e a sinistraperché la caverna di McDougal non eraaltro che un vasto labirinto di tortuose gallerie
che s'incrociavano le une con le altre per finire chissà dove. Si diceva cheuna persona avrebbe potuto camminare giorni
e giorni nel suo intricato garbuglio di cunicoli e fessuresenza mai trovarela fine della grotta; e che avrebbe potuto
andare sempre più giùsprofondando nella terracon lo stesso risultato:un labirinto sotto l'altrosenza fine. Nessuno
«conosceva» la caverna. Era una cosa impossibile. Quasi tutti i giovani neconoscevano un trattoe nessuno aveva
l'abitudine di avventurarsi molto al di là di questo tratto conosciuto. TomSawyer la conosceva più o meno come gli
altri.
La processione fece quasi un chilometro lungo la strada principalee poi iragazzia gruppi e a coppie
cominciarono a infilarsi nei rami lateralia correre lungo quei cupicorridoi e a cogliersi di sorpresa nei punti in cui le
gallerie tornavano a sboccare l'una nell'altra. Si poteva sfuggire allacaccia dei compagni anche per mezz'ora senza
uscire dal territorio «conosciuto».
Più tardiun gruppo dopo l'altroi ragazzi si ritrovarono all'imboccaturadella cavernaansantiridenti
impiastricciati dalla testa ai piedi di sego di candelaimbrattati d'argillae immensamente felici della gita. Scoprirono
allora con stupore di aver perso la nozione del tempo: stava per calare lanotte. La squillante campana del battello li
chiamava da mezz'ora. Ma questa conclusione delle avventure della giornataera romantica e perciò soddisfacente.
Quando il traghettocol suo eccitatissimo caricoentrò nella correntenessuno si sarebbe rammaricato del tempo
perdutotranne forse il comandante del vapore.
Huck era già di vedetta quando le luci dell'imbarcazione passaronoluccicando davanti alla banchina. Non udì
rumori a bordoperché i ragazzi erano tranquilli e silenziosi comedisolitochi è stanco morto. Si chiese che barca
fosse quellae perché non si fermasse alla banchina; poi smise di pensarcie concentrò l'attenzione sugli affari suoi. La
notte era sempre più buia e nuvolosa. Scoccarono le diecie il rumore deiveicoli cessòluci sparse cominciarono a
spegnersitutti i pedoni ritardatari scomparveroil paesino si mise adormire e lasciò la piccola vedetta sola col silenzio
e coi fantasmi. Scoccarono le undicie si spensero le luci della taverna:buio dappertuttoadesso. Huck attese per quello
che gli parve un tempo lunghissimoma non accadde nulla. La sua fiduciacominciava a indebolirsi. Ne valeva la pena?
Ne valeva davvero la pena? Perché non piantare tutto e andarsene a dormire?
Il suo orecchio colse un piccolo rumore. Huck si scosseattentissimoora.La porta nel vicolo si chiuse
dolcemente. Con un salto Huck fu all'angolo del deposito di mattoni. Dopo unattimo lo sfiorarono due uominiuno dei
quali sembrava avere qualcosa sotto il braccio. Doveva essere quellacassetta! Eccostavano portando via il tesoro.
Perchéorachiamare Tom? Sarebbe stato assurdo: gli uomini se la sarebberosvignata con la cassetta e nessuno li
avrebbe mai più trovati. NoHuck si sarebbe messo sulle loro tracce e liavrebbe seguiti; avrebbe contato sulle tenebre
per non farsi scoprire. Cosìragionando con se stessoHuck uscì dalnascondiglio e si mise alle calcagna dei due
uominicome un gattoa piedi nudilasciandoli allontanarema non tanto daperderli di vista.
Risalirono per tre isolati la strada lungo il fiumepoi svoltarono asinistra in una traversa. Allora andarono
diritto fino al sentiero che portava in cima a Cardiff Hill; e questosentiero imboccarono. Passarono senza esitare
davanti alla casa del vecchio gallesea metà stradae continuarono asalire. Benepensò Huckandranno a seppellirlo
nella vecchia cava. Nella cavainvecenon si fermarono nemmeno.Proseguironofino alla sommità. S'infilarono nello
stretto sentiero tra gli alti cespugli di sommaccoe sparirono di colponelle tenebre. Huckalloraaffrettò il passo e
ridusse la distanzaperché non avrebbero mai potuto vederlo. Fece un trattodi strada di corsa; poi rallentò l'andatura
temendo di guadagnare troppo terreno; fece un altro pezzetto di stradapoisi fermò del tutto; tese l'orecchio; nessun
rumore; nessunotranne quello che gli sembrava il battito del proprio cuore.Dalla cima del colle venne il grido di una
civetta: brutto segno! Ma nessun suono di passi. Era andato tutto stortosanto cielo? Stava per rimettersi a correre
quando un uomo si schiarì la voce a meno di un metro da lui! Huck si sentìbalzare il cuore in golama tornò a
inghiottirlo; e poi restò là fermo tremando come se gli fossero venutedodici febbri terzane in una voltae sentendosi
così fiacco sulle gambe da pensare che sarebbe sicuramente caduto per terra.Sapeva dov'era. Sapeva di trovarsi a meno
di cinque passi dalla scaletta di pietra che portava nel giardino dellavedova Douglas. «Benissimo»pensò«lo
seppelliscano pure lì; non sarà difficile da trovare.»
Poi si udì una voce bassa: una voce molto bassa. Era quella di Joel'indiano:
«Le venga un colpoforse ha compagnia: ci sono delle lucicosì tardicom'è.»
«Io non vedo niente.»
Era la voce del forestiero: il forestiero della casa degli spiriti. Un gelomortale si diffuse nel cuore di Huck:
questadunqueera la «vendetta»! Il suo primo pensiero fu di scappare.Poi ricordò che più di una volta la vedova
Douglas era stata gentile con luie forse quegli uomini volevano ammazzarla.Avrebbe desiderato avere il coraggio di
avvertirla; ma sapeva di non averlo; sapeva che quegli uomini avrebberopotuto sorprenderlo. Huck pensò tutte queste
cosee molte altre ancoranell'istante che trascorse tra la battuta delforestiero e quella successiva di Joe l'indianoche
fu:
«Perché è nascosta dai cespugli. Ecco... Da questa parte... Ora le vedino?»
«Sì. Be'credo proprio che ci siano degli ospiti. Meglio rinunciare.»
«Rinunciaree lasciare per sempre questo paese? Rinunciaree forse nonavere mai più un'altra occasione? Ti
ripetocome ho detto primache del malloppo non me ne importa niente: puoitenertelo. Ma suo marito mi ha trattato
male... Molte volte mi ha trattato male... Ed è statoin particolareilgiudice di pace che mi ha fatto pizzicare per
vagabondaggio. E non è tutto! Non è la milionesima parte della storia! Mifaceva frustare... frustare davanti alla.66
prigionecome un negro!... Sotto gli occhi di tutto il paese! Frustare!...Capisci? Prima ha fatto di me quello che ha
voluto e poi è morto. Ma io mi vendicherò su di lei!»
«Ohnon ucciderla! Non lo fare!»
«Ucciderla? Chi ha parlato di ucciderla? Lui sì che l'uccidereise fossequi; ma lei no. Quando vuoi vendicarti
su una donnanon l'ammazzi mica... Sciocchezze! Le rovini i connotati. Letagli il naso... Le fai una tacca sulle orecchie
come su quelle di una troia!»
«Perdioquesto è...»
«La tua opinione tientela per te! Sarà molto più salutare. La legherò alletto. Se muore dissanguataè colpa
mia? Non piangerò di certose succede. Amico miotu mi aiuterai in questafaccenda... Nel mio interesse... È per questo
che sei qui... Da solo potresi non esserne capace. Se ti tiri indietrotiammazzo! Lo capisci? E se sarò costretto ad
ammazzartiammazzerò anche lei... E allora credo proprio che nessuno sapràmai chi ha fatto questo lavoretto.»
«Be'se si deve farefacciamolo. Più presto ci sbrighiamomeglio è...Tremo tutto.»
«Farlo adesso?... Adesso che ha degli invitati? Senti... Di questo passo miverranno dei sospetti nei tuoi
confrontisai. No... Aspetteremo che abbia spento la luce... Non c'èfretta.»
Huck capì che a queste parole sarebbe seguito un lungo silenzio: cosa ancorapiù terribile di tutti quei discorsi
sanguinari; allora trattenne il respiro e fece cautamente un passo indietro;posò il piede con cura e con fermezzadopo
essere rimasto in precario equilibrio su una gamba solacol rischio dicadereprima da una parte e poi dall'altra. Fece un
altro passo indietro con la stessa elaborazione e correndo gli stessi rischi;poi un altro e un altro ancorae un rametto gli
si ruppe sotto i piedi! Trattenne il respiro e tese l'orecchio. Nessunrumoreil silenzio era perfetto. La sua gratitudine fu
immensa. Allora Huck si girò tra le due pareti di sommacchi - con la stessalentezza di un piroscafo - e continuò ad
allontanarsiin fretta ma con cautela. Quando sbucò dai cespugli davantialla cava si sentì al sicuroe allora alzò gli
agili tacchi e si mise a correre. Continuò a correre lungo la discesafinché non ebbe raggiunto la casa del gallese. Bussò
alla portae poco dopo si affacciarono alle finestre le teste del vecchio edei suoi due nerboruti figlioli.
«Cos'è tutto questo baccano? Chi bussa? Cosa vuoi?»
«Fatemi entrare... Presto! Vi dirò tutto.»
«Perchéchi sei?»
«Huckleberry Finn... Prestofatemi entrare!»
«Huckleberry Finnproprio! Non è un nome che spalanchi molte portedirei!Ma fatelo entrareragazzie
vediamo qual è il problema.»
«Per piacerenon dite mai che ve l'ho detto io»furono le prime parole diHuck appena l'ebbero fatto entrare.
«Per piacerenon ditelo a nessuno... Mi ammazzerebbero di certo... Ma certevolte la vedova è stata buona con mee
voglio dire... Ve lo dirò se promettete di non dire mai che sono stato io.»
«Corpo di baccoha qualcosa da direo non si comporterebbe così!»esclamò il vecchio. «Sputaragazzoe
nessuno parlerà mai.»
Tre minuti dopo il vecchio e i suoi figliben armatierano in cima al collee in punta di piedi stavano
imboccandocon le armi in pugnoil sentiero tra i sommacchi. Huck non liaccompagnò oltre. Si nascose dietro un
grande masso e tese l'orecchio. Ci fu un silenzio lento e trepidantee poitutt'a un tratto una gragnuola di colpi e un
grido. Huck non attese i particolari. Balzò in piedi e corse giù per ladiscesacon tutta la forza di cui le sue gambe erano
capaci.
CAPITOLO XXXI
Al primo sospetto dell'albala domenica mattinaHuck salì a tentoni lacollina e bussò lievemente all'uscio del
vecchio gallese. Gli inquilini dormivano ancorama il loro sonno eraregolato da un grilletto assai sensibileper via
dell'emozionante episodio notturno. Una voce gridò da una finestra:
«Chi è là?»
La voce atterrita di Huck rispose sommessamente:
«Fatemi entrareper piacere! Sono Huck Finn!»
«Ecco un nome davanti al quale questa porta non resterà mai chiusaragazzo!... E benvenuto!»
Queste parole suonarono nuove all'orecchio del piccolo vagabondoed erano lepiù gentili che avesse mai
sentito. Per quanti sforzi facessenon ricordava che l'ultima fosse statamai usata nel suo caso.
La porta venne aperta prontamente e Huck entrò. Gli offrirono una seggiolae il vecchio e la sua coppia di figli
grandi e grossi si vestirono rapidamente.
«Adessoragazzo miospero proprio che tu abbia una gran fameperché lacolazione sarà pronta appena sarà
spuntato il solee bella caldaper giuntapuoi contarci. Io e i ragazzisperavamostanotteche tu ti fermassi qui da noi.»
«Avevo tanta fifa da morire»disse Huck«e sono scappato via. Ho presoil largo quando le pistole hanno
sparatoe per cinque chilometri non mi sono mai fermato. Ora sono venutoperché volevo sapere com'è andatacapite?
E sono venuto prima di giorno perché non volevo incontrare quei due diavolianche se erano morti.»
«Be'povero ragazzohai proprio l'aria di aver passato una brutta notte...Ma c'è un letto qui per tequando
avrai fatto colazione. Nonon sono mortiragazzo... E ci dispiace molto.Vedidalla tua descrizionesapevamo.67
benissimo dove mettere le mani per beccarli; così ci siamo avvicinati inpunta di piedi fino ad arrivare a meno di cinque
metri di distanza - buio come una cantina era quel sentiero tra i sommacchi -e proprio allora mi sono accorto che stavo
per starnutire. Che razza di scalogna! Ho cercato di trattenermima è statoinutile: doveva venireed è venuto! Ero il
primo della filacon la pistola spianatae quando lo starnuto ha fattosussultare quei gaglioffiche hanno subito cercato
di nascondersi tra i cespugli ai lati del sentieroho gridato: "Fuocoragazzi!" e sparato senza sosta nella direzione da cui
proveniva il fruscio. Altrettanto facevano i ragazzi. Ma se la sono svignatain un balenoquelle canagliee noi dietro
giù per i boschi. Non li abbiamo neanche toccatisecondo me. Loro hannosparato un colpo per unoquando sono stati
sorpresima le pallottole ci sono passate vicinocon un sibilo senza farciniente. Quando non abbiamo più sentito il
rumore dei loro passi abbiamo rinunciato all'inseguimento e siamo scesi adavvertire i poliziotti. Quelli hanno formato
una squadra di volontari e sono andati a sorvegliare la riva del fiumeeappena farà giorno lo sceriffo con un'altra
squadra andrà a fare una battuta nei boschi. Tra poco i miei ragazzi siuniranno a loro. Vorrei avere una qualche
descrizione di quei furfanti: sarebbe molto utile. Ma turagazzonon haipotuto vedere com'eranoal buioimmagino.»
«Ohsìli ho visti in paesee li ho seguiti.»
«Splendido! Descrivili... Descriviliragazzo mio!»
«Uno è il vecchio spagnolo sordomuto che è stato da queste parti un paiodi voltee l'altro è un tipo dall'aria
cattivastracciato...»
«Basta cosìragazzoli conosciamo! Li abbiamo incontrati nei boschiungiornodietro la casa della vedovae
se la sono squagliata. Viaragazzie ditelo allo sceriffo... Faretecolazione domattina!»
I figli del gallese partirono immediatamente. Mentre stavano uscendo dallastanza Huck saltò in piedi ed
esclamò:
«Ohvi pregonon dite a nessuno che sono stato io a fare la spia! Ohviprego!»
«Come vuoi tuHuckma dovresti avere il merito di quello che hai fatto.»
«Ohnono! Vi pregonon lo dite!»
Quando i due giovanotti se ne furono andatiil vecchio gallese disse:
«Non lo diranno... E anch'io non dirò niente. Ma perché non vuoi che sisappia?»
Huck non volle fornire altre spiegazioni: disse solo che sapeva già troppecose su uno di quegli uominie non
volevaper nessuna cosa al mondoche quell'uomo sapesse che lui sapevaqualcosa contro di lui; altrimentici avrebbe
lasciato la pelle di sicuro.
Il vecchio promise ancora una volta di serbare il segreto e disse:
«Perché hai seguito questi tiziragazzo? Avevano un'aria sospetta?»
Huck tacquementre cercava una risposta che non fosse troppo compromettente.Poi disse:
«Be'vedeteio sono un poco di buono - almeno lo dicono tuttie non èche gli do torto - e certe volte non
riesco a dormireperché ci pensoe vorrei cambiar vita. Ieri sera èandata così. Non riuscivo a dormiree allora me ne
sono andato un po' in giroverso mezzanotterimuginando tutte queste cosee quando sono arrivato alla baraccaquel
vecchio deposito di mattoni vicino alla Taverna della Temperanzasonotornato ad appoggiarmi al muro per pensarci
ancora un po'. Be'proprio allora arrivano quei due e mi passano davantiportando qualcosa sotto il braccioe ho
pensato che fosse roba rubata. Uno fumavae l'altro voleva del fuoco; cosìsi sono fermati proprio davanti a mee i
sigari li hanno illuminati in facciae io vedo che quello grosso era lospagnolo sordomutocoi baffi bianchi e con la
benda sull'occhioe l'altro era un diavolaccio malvestito e stracciato.»
«Hai potuto vedere gli stracci alla luce dei sigari?»
La domanda sconcertò Huckche poi disse:
«Be'non soma in un modo o nell'altro mi è parso di vederli.»
«Poi loro hanno ripreso a camminare e tu...»
«Li ho seguiti... Sì. Proprio così. Volevo vedere cosa stava succedendo...Si muovevano così furtivamente! Li
ho pedinati fino alla scaletta della vedovae sono rimasto nascosto nelletenebree ho sentito lo straccione difendere la
vedovae lo spagnolo giurare che le avrebbe rovinato i connotatipropriocome ho detto a voi e ai vostri due...»
«Cosa? Il sordomuto ha detto tutto questo?»
Huck aveva fatto un altro terribile errore! Stava facendo del suo meglio perimpedire al vecchio di sospettare
anche lontanamente quale potesse essere la vera identità dello spa
gnolo; eppuremalgrado tutti i suoi tentativila sua lingua sembrava decisaa metterlo nei guai. Huck fece parecchi
sforzi per trarsi d'impaccioma l'occhio del vecchio non lo abbandonava unistantee il ragazzo infilava uno sfondone
dopo l'altro. Finalmente il gallese disse:
«Ragazzo mionon avere paura di menon ti torcerei un capello per tuttol'oro del mondo. No... Ti proteggerei;
ti proteggerei. Questo spagnolo non è sordomuto: te lo sei fatto sfuggiresenza volere; ora non puoi far finta di niente.
Tu sai qualcosa di quello spagnolo di cui vuoi tenermi all'oscuro. Abbifiducia in me... Dimmi cos'èe fìdati di me: non
ti tradirò.»
Huck guardò per un momento negli occhi sinceri del vecchiopoi si sporseverso di lui e gli sussurrò
all'orecchio:
«Non è uno spagnolo... È Joe l'indiano!»
Il gallese sobbalzò così violentemente che per poco non cadde dalla sedia.Dopo un attimo disse:
«Adesso è tutto abbastanza chiaro. Quando hai parlato di nasi tagliati eorecchie intaccateho creduto che fosse
un tuo svolazzoperché i bianchi non si vendicano così. Ma un indiano!Questo è un altro paio di maniche.».68
Il colloquio proseguì durante la colazionee in quell'occasione il vecchiodisse che l'ultima cosa che avevano
fattolui e i suoi figliprima di andare a lettoera stato di prendere unalanterna ed esaminare i gradini e le loro
adiacenze per vedere se c'erano tracce di sangue. Non ne avevano trovataneanche unama si erano imbattuti in un
grosso fagotto di...
«Di cosa?»
Se le parole fossero state un fulminenon avrebbero potuto guizzare con unapiù sbalorditiva subitaneità dalle
labbra sbiancate di Huck. I suoi occhi erano spalancatiadessoe il respirosospeso: mentre aspettava la risposta. Il
gallese trasalìtrasalì a sua voltafissandolo per qualche secondo - trecinquedieci - poi rispose:
«Di arnesi da scasso. Perchécosa ti prende?»
Huck si abbandonò sulla sediarespirando silenziosamentema profondamente:la gioia che provava era
inesprimibile. Il gallese lo scrutava con un'espressione graveincuriosita:e finalmente disse:
«Sìarnesi da scasso. Si direbbe che la cosa ti sollevi molto. Ma perchéti sei tanto spaventato? Cosa credevi
che avessimo trovato?»
Huck era alle strette; quell'occhio indagatore non lo lasciava mai: avrebbedato qualsiasi cosa per trovare una
risposta plausibile. Non gli venne nessuna idea; quell'occhio penetrante eindagatore scavava sempre più a fondo; alla
mente di Huck si affacciò una risposta assurda: ma non c'era il tempo diponderarlae perciò la buttò lìa casaccio
fievolmente:
«Libri di catechismomagari.»
Il povero Huck era troppo angosciato per sorriderema il vecchio rise fortee allegramentescosse da capo a
piedi i dettagli della propria anatomiae concluse dicendo che una risatacome quella era tanto oroperché riduceva le
spese del dottore. Quindi aggiunse:
«Povero ragazzovecchio mio; sei pallido e stremato; non stai affatto bene.Non c'è da meravigliarsi che tu sia
un po' incostante e squilibrato. Ma ti riprenderai. Sonno e riposo tirimetteranno in sestospero.»
Huck era irritato al pensiero di essere stato un simile babbeoe di avertradito un'eccitazione così sospetta
perché aveva abbandonato l'idea che l'involto portato via dalla tavernafosse il tesoro appena aveva sentito i discorsi
vicino alla scaletta della vedova. Aveva solo pensato che non fosse iltesoroperò; non aveva avuto la certezza che non
lo fosse; e così il cenno a un fagotto trovato da quelle parti lo avevatroppo turbato per consentirgli di mantenere il
dominio di sé. Nel complessotuttaviaera contento del piccolo episodioperché ora sapeva senz'ombra di dubbio che il
fagotto non era
quel fagottoe così il suo animo era sereno e straordinariamente tranquillo. In effettituttoadessosembrava andare per il verso giusto: il tesoro doveva essere ancora nelnumero duequel giorno gli uomini sarebbero
stati catturati e messi in prigionee quella notte lui e Tom avrebberopotuto impadronirsi dell'oro senza problemi e
senza il timore di essere sorpresi sul più bello.
Mentre stavano finendo di fare colazione qualcuno bussò alla porta. Huckcorse a nascondersiperché non
aveva nessuna voglia di essere immischiato negli ultimi avvenimenti. Ilgallese introdusse parecchie signore e signori
tra i quali la vedova Douglase notò che alcuni gruppi di abitanti delpaese stavano salendo la collina per andare a
vedere la scaletta. La notizia si era dunque diffusa.
Il gallese dovette narrare ai visitatori la storia di quella notte. La vedovafu assai franca nell'esprimere la sua
gratitudine verso chi quella notte l'aveva salvata dall'indiano.
«Non ne parliamo neppuresignora. C'è un'altra persona alla quale sieteforse più obbligata che a me e ai miei
ragazzima non mi autorizza a fare il suo nome. Non ci saremmo mai trovatilàse non fosse stato per lei.»
Questonaturalmentesuscitò una curiosità così grande da far quasipassare in secondo piano l'avvenimento
principale; ma il gallese lasciò che rodesse il cervello dei suoivisitatorie per mezzo loro la trasmise all'intero paese
perché si rifiutò di svelare il suo segreto. Quando ebbe saputo tutto ilrestola vedova disse:
«Io mi sono addormentata mentre leggevo a lettoe ho continuato a dormirementre fuori c'era tutto quel
baccano. Perché non siete venuti a svegliarmi?»
«Abbiamo pensato che non ne valesse la pena. Era difficile che quellitornassero; non avevano più gli arnesi da
lavoroe a che serviva svegliarvi e farvi prendere una fifa da morire? Imiei tre negri hanno montato la guardia davanti
alla vostra casa per tutto il resto della notte. Sono appena tornati.»
Giunsero altri visitatorie la storia dovette essere detta e ridetta per unaltro paio d'ore. Non c'era il catechismo
durante le vacanze scolastichema tutti si recarono in chiesa di buon'ora.Il fatto emozionante venne discusso a fondo.
Giunse notizia che non si era ancora trovata la minima traccia degliscellerati. Quando il sermone finìla moglie del
giudice Thatcher affiancò la signora Harperche stava uscendo dalla chiesacol resto dei fedelie disse:
«La mia Becky dormirà tutto il giorno? Me lo immaginavoche sarebbe statastanca morta.»
«La vostra Becky?»
«Sì»disse con un'espressione sorpresa. «Ieri sera non s'è fermata davoi?»
«Ma no.»
La signora Thatcher impallidìe cadde a sedere su un banco proprio mentrezia Pollychiacchierando
animatamente con un'amicapassava di lì. Zia Polly disse:
«Buongiornosignora Thatcher. Buongiornosignora Harper. Ho un ragazzo chenon s'è fatto vivo. Credo che
il mio Tom sia rimasto a casa vostraieri sera: da una delle due. E ora nonsi azzarda a venire in chiesa. Dovrò fare i
conti con lui.»
La signora Thatcher scosse debolmente la testa e diventò più pallida chemai..69
«Non è rimasto da noi»disse la signora Harpercominciando ad averun'aria allarmata. Un'espressione di
grande ansietà si dipinse sul viso di zia Polly.
«Joe Harperhai visto il mio Tom stamattina?»
«Nosignora.»
«Quando l'hai visto per l'ultima volta?»
Joe si sforzò di ricordarema non era sicuro. La gente aveva smesso diuscire dalla chiesa. Un brusio si alzò
dai fedeli e una profonda inquietudine si diffuse su ogni volto. I bambiniei loro giovani maestrifurono sottoposti ad
ansiosi interrogatori. Tutti dissero di non aver notato se Tom e Becky eranoa bordo del battello durante il viaggio di
ritorno; era buio; nessuno aveva pensato di controllare se mancava qualcuno.Un giovanotto finalmente confessò il suo
timore che fossero ancora nella grotta! La signora Thatcher svenne; zia Pollyscoppiò in lacrime torcendosi le mani.
La notizia passò di bocca in boccadi crocchio in crocchiodi strada instrada; e in meno di cinque minuti le
campane suonavano a distesa e tutto il paese era in subbuglio! L'episodio diCardiff Hill perse di colpo tutta la sua
importanzai ladri furono dimenticatii cavalli sellatile barche spintein acquail traghetto staccato dagli ormeggie
prima che l'orrore avesse mezz'ora di vita duecento uomini si stavanoriversandoper la strada e lungo il fiumeverso la
caverna.
Per tutto il lungo pomeriggio il paese sembrò vuoto e morto. Molte donneandarono a trovare zia Polly e la
signora Thatchere cercarono di consolarle. Piansero insieme a loroequesto era anche meglio delle parole.
Per tutto il lungo tedio della notte il villaggio restò in attesa dinovità; ma quando finalmente spuntò l'alba
l'unica ambasciata che arrivò fu: «Mandate altre candelee roba damangiare.» La signora Thatcher era quasi impazzita
dal doloree così pure zia Polly. Il giudice Thatcher inviava dalla grottamessaggi di speranza e d'incoraggiamentoma
le sue parole non riuscivano a scacciare la tristezza.
Il vecchio gallese rincasò verso l'albaimbrattato di sego di candelaincrostato d'argilla e quasi morto di fatica.
Trovò Huck ancora nel letto che gli era stato assegnatoe in delirio per lafebbre. I medici erano tutti alla cavernae
alloraa prendersi cura del pazientevenne la vedova Douglas. Disse cheavrebbe fatto del suo meglio per assisterlo
perché - fosse buonocattivo o mezzo e mezzo - era pur sempre una creaturadel Signoree nessuna creatura del Signore
doveva essere abbandonata a se stessa. Il gallese disse che Huck aveva deilati buonie la vedova disse:
«Senza dubbio. È il segno di Dio. Non se ne dimentica mai. Lo mette sututte le creature che escono dalle Sue
mani.»
Nelle prime ore del mattino squadre di uomini esausti cominciarono a tornarein paesema i più forti tra i suoi
abitanti proseguirono le ricerche. Tutto quello che si poté sapere fu che sistava perlustrando la parte più lontana della
caverna che non era stata mai esplorata; che si stava frugando attentamentein ogni angolo e in ogni crepaccio; che
ovunque si andassein quel labirinto di cunicolisi vedevano delle lucipassare rapidamente qua e là in lontananza
mentre le grida e i colpi di pistola diffondevano il loro cupo rimbombo inquella rete di buie gallerie. In un punto della
caverna ben lontano dal settore abitualmente visitato dai turistisi eranoscoperti i nomi «Becky» e «Tom» tracciati col
fumo di candela sulla parete rocciosa elì vicinoun pezzo di nastrosporco di sego. La signora Thatcher lo riconobbe e
lo bagnò di lacrime. Era l'ultima reliquia che avrebbe mai avuto della suabambinadisse; e nessun altro ricordo di lei
avrebbe mai potuto esserle più caroperché era stato l'ultimo a separarsidal suo corpo ancora vivo prima che
sopraggiungesse una morte spaventosa. Qualcuno disse che ogni tantodentrola cavernabrillava una luce lontanae
che allora si alzava un grido di gioia e tutti gli uomini si precipitavanosotto quelle volte rimbombantisolo per andare
incontro a una tremenda delusione; non erano i bambini; era la lampada di unsoccorritore.
Così passarono monotone le ore di tre giorni e tre notti terribilie ilvillaggio sprofondò in una specie di
torpore disperato. Nessuno aveva più voglia di far niente. La casualescopertaappena fattache il proprietario della
Taverna della Temperanza teneva dei liquori nei suoi locali fece pocaimpressione all'opinione pubblicaper
straordinario che fosse l'avvenimento. In un intervallo di lucidità Huckportò debolmente il discorso sull'argomento
delle taverne e infine chieseoscuramente temendo il peggiose da quandolui era ammalato avevano scoperto qualcosa
nella Taverna della Temperanza.
«Sì»disse la vedova.
Huck balzò a sedere sul lettocon gli occhi spiritati:
«Cosa? Cos'era?»
«Liquori!... E il locale è stato chiuso. Mettiti giùfigliolo: chespavento mi hai fatto prendere!»
«Ditemi solo una cosa... Solo una... Per piacere! È stato Tom Sawyer atrovarli?»
La vedova scoppiò in lacrime.
«Zittozittofigliolozitto! Te l'ho già dettonon devi parlare. Tu seimoltomolto malato!»
Dunquenon avevano trovato altro che dei liquori; chissà che chiasso cisarebbe statose avessero trovato
dell'oro. Così il tesoro era sparito per sempre... sparito per sempre. Macos'aveva da piangerela vedova? Strano che
non facesse altro che piangere.
Questi pensieri si fecero stradaoscuramentenella testa di Huckcagionandogli una stanchezza così grande da
farlo cadere addormentato. La vedova allora si disse:
«Ecco... Dormepovero disgraziato. Se è stato Tom Sawyer a trovarli?Speriamo che qualcuno trovi lui
povero Tom! Ahormai non ne restano molti che abbiamo ancora abbastanzafiduciao abbastanza forzaper continuare
le ricerche.».70
CAPITOLO XXXII
Ma torniamo alla parte che ebbero Tom e Becky nel picnic. Anche lorocamminaronocon gli altrilungo le
tenebrose gallerievisitando le note meraviglie della grotta: meravigliebattezzate con nomi fin troppo pittoreschi come
«Il salone»«La cattedrale»«Il palazzo di Aladino» e così via. Pocodopo i ragazzi si misero a giocare a nascondinoe
Tom e Becky parteciparono al gioco con entusiasmo fino a quando la faticacominciò a farsi sentire; allora
s'incamminarono per un tortuoso sentierotenendo alte le candele perdecifrare l'intricata ragnatela di nomidate
indirizzi e motti con cui erano state affrescate (col fumo di candela) lepareti rocciose. Sempre gironzolando e
chiacchierando tra loronon si accorsero di essere finiti in una parte dellacaverna le cui pareti non erano affrescate.
Scrissero col fumo i loro nomi sotto una sporgenza e proseguirono. Poco doporaggiunsero un luogo dove un piccolo
corso d'acquagocciolando sopra una cornice e portando con sé un sedimentocalcareoavevanel lento trascorrere dei
secoliformato un Niagaratutto crespi e merlettidi pietra luccicante eindistruttibile. Tom insinuò il suo corpicino
dietro questa meraviglia per illuminarla e farla ammirare a Becky. Scoprìallora che era come una tenda davanti a una
specie di ripida scaletta naturale chiusa tra due pareti angustee subito loinvase l'ambizione di essere uno scopritore.
Becky rispose al suo richiamoe fecero un segno col fumo per orientarsi inun secondo tempo e iniziarono la loro
esplorazione. Girarono di qua e di làsprofondando negli abissi dellagrottafecero un altro segnoe si allontanarono
lungo una diramazione in cerca di novità da raccontare al mondo soprastante.A un certo punto si trovarono in una
spaziosa caverna dal soffitto della quale pendeva una moltitudine di lucentistalattiti della lunghezza e della
circonferenza della gamba di un uomo; fecero tutto il giropieni diammirazione e di stuporee poi ne uscirono per una
delle numerose gallerie che vi sboccavano. Quella strada in breve li portòdavanti a un'incantevole sorgenteil cui
bacino era tutto incrostato di una trina di cristalli scintillanti; lasorgente era in mezzo a una caverna le cui pareti erano
sostenute da molti fantastici pilastri risultanti dall'unione di grandistalattiti e stalagmitiin conseguenza dell'incessante
gocciolìo dell'acqua nei secoli. Sotto la volta si erano ammassati grossigrappoli di pipistrellia migliaia; la luce
disturbò quelle creatureche si misero a svolazzare a centinaiasquittendoe avventandosi furiosamente contro le
candele. Tom conosceva le loro abitudinie i pericoli di quel comportamento.Prese Becky per mano e la tirò nel primo
corridoio che gli si parò davanti; appena in tempoperché un pipistrellospense la luce di Becky con le ali mentre la
bambina usciva dalla caverna. I pipistrelli li inseguirono a lungo; ma ifuggitivi si precipitavano in ogni nuovo cunicolo
che si parasse di fronte a loroe finalmente riuscirono a liberarsi di queipericolosi inseguitori. Poco dopo Tom trovò un
lago sotterraneo di cuialla fioca luce della candelanon si potevascorgere l'altra riva. Avrebbe voluto esplorarne le
adiacenzema concluse che prima sarebbe stato meglio sedersi e prendersi unpo' di riposo. Alloraper la prima voltail
profondo silenzio di quel luogo smorzò con la sua mano viscida l'entusiasmodei due bambini. Becky disse:
«Accipicchianon ci avevo fatto casoma è un pezzo che non sento più glialtri.»
«A pensarci beneBeckydovremmo essere sotto di loroma non so a chedistanza e in quale direzione. Non
possiamo sentirlida qui.»
Becky cominciò a mostrare un po' di timore.
«Chissà da quanto tempo siamo quaggiùTom. Sarebbe meglio tornareindietro.»
«Sìcredo anch'io. Forse sarebbe meglio.»
«Riesci a trovare la stradaTom? Io faccio una gran confusionecon tuttequelle svolte.»
«Credo che ci riuscireia trovare la stradama... E i pipistrelli? Se cispengono entrambe le candelesaremo in
un bel guaio. Proviamo un'altra stradaper non passare di là.»
«Va benema speriamo di non perderci. Sarebbe terribile!» E la bambinarabbrividì al pensiero di quell'orrenda
possibilità.
S'incamminarono per una galleriae in silenzio ne percorsero un buon trattospingendo lo sguardo in ogni
nuova apertura per vedere se avesse qualcosa di familiare: ma sembravanotutte sconosciute. Ogni volta che Tom faceva
un sopralluogoBecky cercava sul suo viso qualche segno d'incoraggiamentoelui allora diceva allegramente:
«Ohva tutto bene. Non è questama la troveremo subito!» Dopo ogniinsuccessoinvecesi sentiva sempre
meno fiduciosoe alla fine si mise a scantonare nelle diramazioni a casonella speranza disperata di trovare quella che
cercava. Diceva sempre che «tutto andava bene»ma aveva il cuore oppressoda una tale paura che le parole si erano
svuotate d'ogni forza di persuasionee sembrava che avesse dettoinvece:«Tutto è perduto!» Becky gli si stringeva al
fianco in preda alla paurae faceva del suo meglio per trattenere lelacrimesenza riuscirci. Alla fine disse:
«OhTomnon pensiamo ai pipistrelli; torniamo indietro di là! Mi sembrache così vada di male in peggio.»
Tom si fermò di colpo.
«Ascolta!» disse.
Profondo silenzio: un silenzio così profondo che persino il loro respiro eracospicuo nella quiete. Tom gridò.
La sua voce echeggiò sotto le volte delle gallerie e si spense in lontananza
con un fievole suono che sembrava uno scroscio di risa beffarde.
«Ohnon farlo piùTomè troppo orribile»disse Becky.
«È orribilema sarà meglio che lo facciaBecky;
potrebberosentircisai.» E urlò dinuovo.Quel «potrebbero» faceva ancora più orrore della spettrale risatatantoplatealmente rivelava il venir meno
delle loro speranze. I bambiniimmobilitesero l'orecchio; ma non ci fualcun esito. Tom tornò immediatamente sui.71
suoi passiaffrettandosi. Non doveva passare molto tempo prima che una certaindecisione nel suo atteggiamento
rivelasse a Becky un'altra spaventevole realtà: non riusciva più a trovarela strada per tornare indietro! «OhTom
non hai fatto segni!»
«Beckyche stupido sono stato! Che stupido! Non pensavo che avremmo potutoaver bisogno di tornare
indietro! Nonon riesco a trovare la strada. È tutto confuso.»
«TomTomsiamo perduti! Siamo perduti! Non riusciremo mai più a uscire daquest'orribile posto! Ohperché
ci siamo separati dagli altri?»
La bambina si lasciò cadere a terra e scoppiò in un pianto così disperatoche Tom fu atterrito dall'idea che
potesse morireo perdere la ragione. Si sedette accanto a lei el'abbracciò; lei gli affondò il viso nel pettoaggrappandosi
a luie balbettando gli confessò i suoi terrorii suoi vani rimpiantiegli echi lontani trasformarono ogni parola in una
risata di scherno. Tom la pregò di non perdersi d'animoe lei disse che nonce la faceva più. Allora lui si mise a darsi la
colpa e a insultarsi per averla messa in quella sventurata situazione: questoebbe un effetto migliore. Becky disse che
avrebbe cercato di sperare ancorache si sarebbe alzata e lo avrebbe seguitoovunque avesse deciso di andarepurché
non parlasse più così. Perché non aveva più colpe di leidisse.
Allora si rimisero in camminoa casacciosenza meta: tutto quello chepotevano fare era muoversicontinuare
a muoversi. Per un po' la speranza fece mostra di rinascere: non perché cene fosse motivoma solo perché è nella sua
natura rifiorirequando la molla non è stata distrutta dalla vecchiaia edalla familiarità con l'insuccesso.
Poco dopo Tom prese la candela di Becky e la spense. Questa economia aveva unsignificato ben preciso. Le
parole non erano necessarie. Becky capìe le sue speranze tornarono asvanire. Sapeva che Tom aveva in tasca una
candela intera e tre o quattro pezzi: eppure doveva fare economia.
Piano piano la stanchezza cominciò a farsi sentire; i bambini cercarono dinon badarviperché era terribile
pensare di sedersi quando il tempo era diventato così prezioso; muoversiinuna direzionein una direzione qualsiasi
voleva almeno dire far progressi e poteva recare qualche frutto; ma sedersiera come invitare la morte ad abbreviare il
suo inseguimento.
Alla fine le fragili membra di Becky si rifiutarono di portarla oltre. Labambina si mise a sedere. Tom si riposò
insieme a leie parlarono della loro casae degli amici che avevano làedei loro letti comodie soprattutto della luce!
Becky piansee Tom cercò di trovare qualche sistema per consolarlama isuoi incoraggiamenti avevano ormai perso
tutta la loro efficacia e sembravano sarcasmi. Così grandetuttaviaera ilpeso della stanchezza che Becky a poco a
poco scivolò nel sonno. Tom ringraziò il cielo. Rimase là seduto aguardare la sua faccia tesa e la vide tornar liscia e
naturale sotto l'influenza di sogni piacevoli; e poco dopo le spuntò sullelabbra un sorriso che non se ne andò. Quel viso
sereno riverberò un po' della sua pace e della sua tranquillità sullospirito di Tomche allora tornò col pensiero a tempi
lontani e vaghi ricordi. Mentre era immerso nelle sue meditazioniBecky sisvegliò con una risata argentina: che subito
peròle si spense sulle labbrae fu seguita da un gemito.
«Ohcome ho potuto dormire! Vorrei non essermi mai piùmai piùsvegliata! NonoTomnon è vero! Non
fare quella faccia! Non lo dirò più.»
«Sono contento che tu abbia dormitoBecky: ti sentirai riposataadessoetroveremo una via d'uscita.»
«Possiamo provareTom; ma ho visto un paese così bello nel mio sogno. Iocredo che stiamo andando lì.»
«Forse noforse no. CoraggioBeckye continuiamo a cercare.»
Si alzarono e ripresero la loro peregrinazionesenza speranzetenendosi permano. Si sforzarono di calcolare
da quanto tempo erano nella grottama tutto quello che sapevano era chesembravano giorni e settimanementre era
chiaro che non poteva essere cosìperché le candele non si erano ancoraconsumate.
Molto tempo dopo - non avrebbero saputo dire quanto - Tom disse che dovevanocamminare in punta di piedi e
tendere l'orecchio per sentire il rumore dell'acqua che scorre: dovevanotrovare una sorgente. Finalmente ne trovarono
unae Tom disse che era ora di riposarsi una seconda volta. Erano stanchimortitutt'e duema Becky disse che se la
sentiva di fare un altro po' di strada. La sorprese che Tom fosse di diversoparere. Non riusciva a capirlo. Si misero a
sederee Tom fissò la candela alla parete davanti a loro con un po'd'argilla. Presto furono assaliti da una folla di
pensieri; per qualche tempo nessuno disse nulla. Poi Becky ruppe il silenzio:
«Ho tanta fameTom!»
Tom tirò fuori qualcosa dalla tasca.
«Ricordi questa?» disse.
Becky abbozzò quasi un sorriso.
«È la nostra torta nuzialeTom.»
«Sì: vorrei che fosse grande come una botteperché è tutto quello cheabbiamo.»
«L'avevo messa da parte perché potessimo sognarci sopraTomcome fannogli adulti con le torte nuziali:
invece sarà il nostro...»
Lasciò la frase a metà. Tom divise la torta e Becky mangiò di gustomentre Tom sbocconcellava la sua parte.
C'era acqua fresca in abbondanza per completare il banchetto. Poco dopo Beckypropose di rimettersi in cammino. Per
un attimo Tom rimase muto. Poi disse:
«Beckyte la senti di ascoltare una cosa che devo dirti?»
Il viso di Becky impallidìma la bambina disse che se la sentiva.
«Be'alloraBeckydobbiamo stare quidove c'è acqua da bere. Quelpezzetto è la nostra ultima candela!»
Becky diede sfogo alle lacrime e ai lamenti. Tom fece il possibile perconfortarlama con scarsi risultati. Alla.72
fine Becky disse:
«Tom!»
«SìBecky?»
«Noteranno la nostra assenza e verranno a cercarci!»
«Sìcerto! Certo che verranno!»
«Tom? Forse stanno cercandoci già adesso.»
«Acciderbaforse sì! Speriamo.»
«Quando potrebbero accorgersi della nostra assenzaTom?»
«Quando tornano alla barcaimmagino.»
«Tompotrebbe essere buioallora: si accorgerebbero che non siamoarrivati?»
«Non so. Ma tua madrein ogni modonoterebbe la tua assenza appena fosserotornati a casa.»
L'espressione spaventata che comparve sul viso di Becky fece rinsavire Tomche si accorse di aver commesso
un errore. Becky non doveva tornare a casaquella sera! I bambiniammutolironoperduti nei loro pensieri. Ancora un
attimo e una nuova manifestazione di dolore da parte di Becky fece capire aTom che la cosa alla quale stava pensando
lui aveva colpito anche lei: che poteva benissimo passare una metà dellamattinata festiva prima che la signora Thatcher
scoprisse che Becky non era a casa della signora Harper. I due bambinifissarono lo sguardo sul mozzicone di candela e
lo videro sciogliersi con spietata lentezza; videro il mezzo pollice distoppino drizzarsialla finesolitario; videro la
debole fiammella salire e scenderesalire e scenderearramp icarsisull'esile colonna di fumoindugiare un momento
sulla cima... E poi regnò l'orrore della più completa oscurità.
Quanto tempo fosse passato prima che Becky lentamente si accorgesse che stavapiangendo tra le braccia di
Tomné l'uno né l'altra avrebbero saputo dire. Tutto quello che seppero fuchedopo quello che sembrò un lunghissimo
periodo di tempouscirono ambedue dall'inerte torpore del sonno e tornaronoancora una volta ai loro tormenti. Tom
disse che ormai poteva essere domenicaforse lunedì. Si sforzò di farparlare Beckyma il suo dolore era troppo grande
e tutte le sue speranze erano svanite. Tom disse che la loro assenza dovevaessere stata notata da un pezzoe che senza
dubbio le ricerche erano in corso. Avrebbe urlatocosì forse sarebbearrivato qualcuno. Ci provò: ma nelle tenebre gli
echi lontani mandavano un suono così terrificante che non ci provò più.
Le ore passavano lentee la fame riprese a tormentare i prigionieri.Rimaneva una parte della mezza torta di
Tom: se la divis ero e la mangiarono. Ma sembrava che i morsi della fame sifossero fatti più forti di prima. Quel misero
pezzetto di cibo gli aveva solo stuzzicato l'appetito.
Poco dopo Tom disse:
«Ssst! Hai sentito?»
Trattennero il respiro e tesero l'orecchio. Si udì un suono che sembrava unurlofioco e lontanissimo. Tom
rispose immediatamente epresa Becky per manocominciò a dirigersi atentoni da quella parte. Poco dopo tornò a
tendere l'orecchio: il suono tornò a farsi sentire e stavolta sembrava piùvicino.
«Sono loro!» disse Tom; «arrivano! ForzaBecky: siamo salvi!»
La gioia dei prigionieri era quasi intollerabile. Lentaperòera la loromarciaperché i trabocchetti erano
piuttosto frequentie occorreva stare in guardia. Ne trovarono uno pocodopoe dovettero fermarsi. Il terreno poteva
sprofondare di un metro come di trenta: impossibile superare l'ostacoloinogni modo. Tom si distese bocconi e tastò
con la mano. Non riuscì a toccare il fondo. Dovevano star lì ad aspettarel'arrivo dei soccorritori. Tesero l'orecchio: era
evidente che le urlagià lontanesi allontanavano sempre più! Ancora unattimo e non si udì più nulla. Che dolore
straziante! Tom urlò fino a restare senza vocema non servì a nulla. ABecky si rivolse con parole di speranza; ma
passò un secolo di trepidante attesa e non si udì alcun suono.
A tentoni i bambini tornarono alla sorgente. Il tempo continuò a scorrerelentissimo; il sonno li vinse di nuovo
e quando si svegliarono erano affamati e in preda alla più neradisperazione. Ormaisecondo Tomdoveva essere
martedì.
Allora il ragazzo ebbe un'idea. C'eranolì vicinodei cunicoli laterali.Meglio esplorarne qualcuno che
sopportare oziosamente il peso del tempo che passavainesorabile. Tom tolsedi tasca un gomitolo di spago da aquiloni
lo legò a una sporgenza e partì con Beckylui davanti e lei dietrosvolgendo il gomitolo man mano che si allontanava.
Percorsi venti passiil cunicolo finiva su una specie di «trampolino».
Tom s'inginocchiò per tastare il terreno sotto di sée poi oltre lospigolofin dove arrivava con le mani; si
sforzò di allungarsi ancora un po'sulla destrae in quel momentoa menodi venti metri di distanzala mano di un
uomo che reggeva una candela spuntò da dietro una roccia! Tom lanciò unurlo di gioiae nello stesso istante la mano fu
seguita dal corpo al quale apparteneva: quello di Joe l'indiano! Tom rimaseparalizzato; non riusciva a muoversi. Provò
un grandissimo senso di sollievo quando videun istante dopolo«spagnolo» darsela a gambe e sparire. Tom si chiese
come mai Joe non avesse riconosciuto la sua voce e non fosse venuto adammazzarlo per aver testimoniato in tribunale.
Ma gli echi dovevano averla alterata. Senza dubbio era cosìragionò. Lapaura gli aveva indebolito ogni muscolo del
corpo. Allora si disse chese avesse trovato la forza per tornare allasorgentesarebbe rimasto làe nulla avrebbe potuto
spingerlo a correre il rischio d'incontrare un'altra volta Joe l'indiano.Badò a non dire a Becky cos'aveva visto. Le spiegò
di aver gridato «per scaramanzia».
Ma la fame e l'angosciaa lungo andaresono più forti della paura.Un'altra monotona attesa vicino alla
sorgente e un altro lungo sonno operarono dei cambiamenti. I bambini sisvegliarono torturati da una fame furibonda.
Tom credeva che fosse già mercoledìo giovedìo addirittura venerdì osabato e che le ricerche fossero state.73
abbandonate. Propose di esplorare un'altra galleria. Era pronto ad affrontareJoe l'indiano e tutti gli altri terrori di quella
caverna. Ma Becky era debolissima. Era caduta in uno stato di terribileapatia da cui niente riusciva a scuoterla. Disse
che avrebbe attesoadessolì dov'erache avrebbe atteso la morte: non cisarebbe stato molto da aspettare. Disse a Tom
di andar pure a esplorare con lo spago dell'aquilonese voleva; ma losupplicò di tornare indietro ogni tanto a dirle
qualcosa; e gli fece promettere chequando fosse giunto il momento fatalele sarebbe stato vicino e le avrebbe tenuto la
mano finché tutto non fosse finito. Tom la baciòcon un nodo alla gola chegli dava l'impressione di soffocaree si finse
sicuro di trovare i soccorritori o una via di scampo; poi prese in mano ilgomitolo di spago e a tentoni si avviòsulle
mani e sulle ginocchialungo uno dei cunicolistremato dalla fame e ormaipresago che la fine era imminente.
CAPITOLO XXXIII
Venne anche il pomeriggio del martedìe declinando arrivò al tramonto. Ilvillaggio di St. Petersburg era
sempre in lutto. I bambini dispersi non erano stati trovati. Pubblichepreghiere erano state offerte a Dio per la loro
salvezzae moltissime preghiere private nelle quali il postulante avevamesso tutto il suo cuore; ma le notizie che
venivano dalla grotta erano sempre cattive. La maggior parte dei soccorritoriavevano abbandonato le ricerche ed erano
tornati alle loro occupazioni quotidianedicendo che era chiaro che ibambini non sarebbero stati più trovati. La signora
Thatcher stava molto malee per gran parte del tempo delirava. La gentediceva che era straziante sentirla invocare la
sua bambinae alzare la testa e tendere l'orecchio anche per un interominutoper poi tornare ad abbandonarla con un
gemito sul guanciale. Zia Polly era caduta in uno stato di profondaprostrazionee i suoi capelli grigi erano diventati
quasi bianchi. Martedì sera il villaggio andò a dormire in preda allatristezza e alla desolazione.
Nel cuore della notte le campane si misero a suonare a tutto spianoe in unlampo le strade si riempirono di
gente seminuda che pareva impazzita e che urlava: «Uscite! Uscite! Li hannotrovati! Li hanno trovati!». Trombe e
padelle aggiunsero la loro voce a quel clamorela popolazione si radunò esi mosse verso il fiumeandò incontro ai
bambini che arrivavano su un carro scoperto tirato da compaesani urlantiglisi affollò intornolo seguì nella sua marcia
verso casa e sfilò trionfalmente per il corso gridando un evviva dopol'altro!
Il paese era illuminato; nessuno tornò a letto; fu la notte più memorabileche St. Petersburg avesse mai visto.
Nella prima mezz'ora una processione di abitanti del villaggio sfilòattraverso la casa del giudice Thatcherabbracciò gli
scampati e li baciòstrinse la mano della signora Thatchercercò diparlare senza riuscirvie se ne andò piangendo a
calde lacrime.
La felicità di zia Polly era completaquasi completa quella della signoraThatcher. Lo sarebbe statatuttavia
appena il messaggero inviato con la grande notizia alla caverna avesse potutoinformare suo marito.
Tom giaceva su un sofàcircondato da un pubblico rapitoe raccontò lastoria di quella stupenda avventura
con molte aggiunte per renderla più avvincente; e concluse con ladescrizione di come avesse lasciato Becky per
avventurarsi in una nuova esplorazione; di come avesse seguìto due cunicolifin dove arrivava lo spago; di come ne
avesse seguìto un terzotendendo lo spago fin quasi a spezzarloe fossestato in procinto di tornare indietro quando
aveva vistoin lontananzaun puntolino che faceva pensare alla luce delgiorno; allora aveva lasciato cadere lo spago e
a tentoni si era diretto da quella parteaveva infilato la testa e le spallein un buco e aveva visto scorrere il grande
Mississippi! E se per caso fosse stato di nottenon avrebbe visto quelpuntino luminosoe non avrebbe più esplorato
quel cunicolo! Spiegò poi come fosse tornato da Becky per darle la bellanotiziae come lei gli avesse detto di non
seccarla con quelle storieperché era stanca e sapeva che presto sarebbemortaanziche non vedeva l'ora di morire.
Spiegò come fosse riuscito faticosamente a convincerlae come la bambinafosse quasi morta di gioia quando a tentoni
era strisciata fino al punto da cui aveva potuto vedere coi suoi occhil'azzurro pezzetto di cielo; come lui era uscito dal
buco e poi aveva aiutato lei a uscirne; come si erano seduti per terra eavevano pianto di gioia; com'era passata una
barca con certi uomini a bordo e Tom li aveva chiamati e gli aveva spiegatola situazione e la fame che avevano: come
gli uominidapprimanon avessero creduto a una storia così inverosimile«perché»dissero«siete otto chilometri a
valle della montagna dove c'è la caverna»; poi li avevano presi a bordoavevano remato fino a una casali avevano
rifocillatili avevano fatti riposare fino a due o tre ore dopo il tramontoe poi li avevano accompagnati a casa.
Prima dell'alba il giudice Thatcher e il gruppetto dei soccorritori che loaccompagnavano furono rintracciati
nella caverna grazie alle funicelle che si erano lasciati dietro e informatidella grande notizia.
Tre giorni e tre notti di affanni e di fame nella grotta non potevanocancellarsi tanto facilmentecome Tom e
Becky scoprirono ben presto. I due bambini furono confinati a letto per tuttoil mercoledì e tutto il giovedìe sembrava
che la loro stanchezzainvece di andarseneaumentasse col passar del tempo.Tom si alzò per qualche ora giovedì
venerdì fece un salto in paesee sabato si sentiva come nuovo; ma Becky nonlasciò la sua stanza fino a domenicae
quando ne uscì aveva l'aria di chi è guarito da una lunga malattia.
Tom seppe del malanno di Huck e andò a trovarlo venerdìma non lo feceroentrare in camera da letto; lo
stesso accadde sabato e domenica. Da lunedì poté andarci tutti i giornicon l'impegno di non parlare della sua avventura
e di non toccare argomenti troppo emozionanti. La vedova Douglas era presenteper controllare che si attenesse ai patti.
A casa Tom seppe del fattaccio di Cardiff Hill; e anche che il corpo dellostraccione era stato trovatofinalmentenel
fiumepresso il pontile del traghetto: forse era annegato mentre cercava difuggire.
Una quindicina di giorni dopo il suo salvataggio dalla grottaTom uscì dicasa per andare a trovare Huckche.74
era diventato abbastanza forteormaiper ascoltare storie emozionantieTom ne aveva alcune che potevano
interessarglia parer suo. La casa del giudice Thatcher era sulla suastradae Tom si fermò per salutare Becky. Il
giudice e alcuni amici lo fecero chiacchieraree qualcuno ironicamente glichiese se non gli sarebbe piaciuto tornare
nella caverna. Tom disse di sìche non gli sarebbe dispiaciuto.
Il giudice disse:
«Be'ce ne sono degli altri come teTomnon ne ho il minimo dubbio. Ma ciabbiamo pensato noi. Nessuno
potrà più perdersi in quella caverna.»
«Perché?»
«Perché due settimane fa ho fatto rivestire di ferro il suo portone e l'hochiusa con tre lucchetti; e le chiavi le
tengo io.»
Tom diventò bianco come un lenzuolo.
«Che ti pigliaragazzo? Prestocorrete! Andate a prendere un bicchierd'acqua!»
L'acqua fu portata e gettata sul viso di Tom.
«Ahora va meglio. Ma cosa ti aveva presoTom?»
«OhgiudiceJoe l'indiano è nella caverna!»
CAPITOLO XXXIV
In pochi minuti la notizia si era diffusae una dozzina di barche cariche diuomini stavano dirigendosi verso la
caverna di McDougale il traghettogremito di passeggeripresto li seguì.Tom Sawyer era nella barca che trasportava
il giudice Thatcher. Quando la porta della caverna venne apertaalla fiocaluce che filtrava nell'interno si presentò uno
spettacolo pietoso. Joe l'indiano era steso per terramortocol visoaccostato alla fessura della portacome se i suoi
occhi pieni di rimpianto avessero voluto contemplare fino all'ultimo momentola luce e l'allegria del mondo libero che
c'era fuori. Tom rimase commossoperché sapeva per esperienza quantoquell'infelice doveva aver sofferto. Ciò
nonostanteinsieme alla compassioneprovò un vivo senso di sollievo e disicurezzache gli rivelòin una misura mai
pienamente apprezzata prima d'alloraquant'era stato grande il peso delterrore che lo aveva oppresso dal giorno in cui
aveva alzato la voce contro quel bandito sanguinario.
Il coltello da caccia di Joe l'indiano si trovava vicino al cadaverecon lalama spezzata in due. La grossa trave
alla base della porta era statacon un tenace e monotono lavoroscavata dalcoltello; un lavoro inutileperché davanti
alla trave la roccia formava una specie di gradinoe su quel durissimomateriale il coltello non era valso a nulla: l'unico
danno fatto riguardava la sua lama. Ma il lavoro sarebbe stato inutile anchesenza quell'ostruzione rocciosaperché
anche se la trave fosse stata scavata per intero Joe l'indiano non sarebberiuscito a passare sotto la portae lo sapeva. Si
era dunque messo a incidere il legno in quel punto solo per far qualcosa; perpassare il tempo; per usare le sue
tormentate facoltà. Di solito negli anfratti del vestibolo si potevanotrovare una mezza dozzina di mozziconi di candela
lasciati dai turisti; ma adesso non ce n'era più nessuno. Il prigioniero liaveva cercatili aveva tirati fuori e li aveva
mangiati. Era anche riuscito ad acchiappare alcuni pipistrellie avevamangiato anche questilasciando soltanto gli
artigli. Quel povero disgraziato era morto di fame. In un punto a portata dimanouna stalagmite era cresciuta
lentamenteper secolisul fondo della grottaformata dall'acqua chegocciolava dalla stalattite soprastante. Il
prigioniero aveva rotto la stalagmitee sul troncone aveva messo una pietrain cui aveva praticato una piccola cavità per
accogliere la preziosa goccia che cadeva una volta ogni venti minuti con lasinistra regolarità del tic-tac di un orologio:
un cucchiaino ogni ventiquattr'ore. Quella goccia cadeva quando le piramidierano nuove; quando Troia cadde; quando
furono gettate le fondamenta di Roma; quando Cristo venne crocifisso; quandoil Conquistatore creò l'impero
britannico; quando Colombo salpò; quando il massacro di Lexington era una«notizia». Cade tuttora; e continuerà a
cadere quando tutte queste cose saranno sprofondate attraverso il pomeriggiodella storia e il crepuscolo della tradizione
per essere inghiottite dalla cupa notte dell'oblio. Ogni cosa ha uno scopo euna missione? Cadde forse questa goccia
pazientemente per cinquemila anni per rispondere ai bisogni di questoeffimero insetto umanoe ha un altro importante
scopo da raggiungere fra diecimila anni? Non importa. Molti anni sonotrascorsi da quando lo sventurato meticcio scavò
la pietra per raccogliere quelle gocce inestimabilima ancor oggi il turistaguarda più a lungo di ogni altra cosa quel
patetico sasso e quell'acqua che gocciola lentamentequando viene a vedere iprodigi della caverna di McDougal. La
tazza di Joe l'indiano occupa il primo posto nella lista delle meravigliedella grotta; e nemmeno il «palazzo di Aladino»
può starle alla pari.
Joe l'indiano fu sepolto vicino all'imboccatura della grotta; e la genteaccorse in barca e sui carri dal paese e da
tutti i borghi e le fattorie in un raggio di dieci chilometri; portavano ibambinie provviste d'ogni generee ammettevano
che al funerale se l'erano spassata quasi quasi come all'impiccagione.
Il funerale pose fine agli sviluppi di un'altra faccenda; la richiesta algovernatore dell'indulto per Joe l'indiano.
La petizione aveva raccolto un considerevole numero di firme; si erano tenutemolte riunioni lacrimose ed eloquentie
si era eletto un comitato di sciocchine che dovevanonel lutto più strettoandare a piangere dal governatore e
supplicarlo di essere un somaroun somaro misericordioso pronto a mettersila legge sotto i piedi. Si credeva che Joe
l'indiano avesse ucciso cinque abitanti del paesema che importanza aveva?Fosse stato Satana in personaci sarebbe
stato un mucchio di smidollati pronti a scarabocchiare i loro nomi sotto unadomanda d'indultoe a lasciarvi cadere una.75
lacrima dalle loro condutture sempre guaste e gocciolanti.
La mattina dopo il funerale Tom portò Huck in un luogo appartato per parlareseriamente con lui. Huckormai
aveva saputo tutto dell'avventura di Tom dal gallese e dalla vedova Douglasma Tom disse che secondo lui c'era una
cosa che non gli avevano detto; ed era di quella cosa che voleva parlareadesso. Il viso di Huck si rattristò.
«So benissimo di che si tratta»disse. «Tu sei entrato nel numero due enon hai trovato altro che whisky.
Nessuno mi ha detto che eri tuma io sapevo che dovevi essere stato tuappena ho sentito parlare del whisky; e sapevo
che non avevi trovato i soldi perché in un modo o nell'altro ti sarestimesso in contatto con me e me l'avresti detto
anche se con tutti gli altri tenevi il becco chiuso. Tomqualcosa mi hasempre detto che non saremmo mai riusciti a
metter le mani su quel malloppo.»
«Ma comeHuckio non ho mai denunciato quel taverniere. Sai benissimo chela sua taverna era perfettamente
in regola il sabato che io sono andato al picnic. Non ricordi che quellanotte tu dovevi fare la guardia là davanti?»
«Ohsì! Accidentisembra che sia passato un anno. È stato proprio quellanotte che ho seguito Joe l'indiano
dalla vedova.»
«L'hai seguito?»
«Sì: ma tieni il becco chiuso. Credo che Joe l'indiano abbia ancora degliamici. Non vorrei che se la pigliassero
con me e che mi facessero qualche brutto scherzo. Se non fosse stato per mea quest'ora sarebbe già nel Texas.»
Poi Huckin via strettamente confidenzialeraccontò tutta la sua avventuraa Tomche fino a quel momento
conosceva solo la parte sostenuta dal gallese.
«Be'»disse Huckfinalmentetornando alla questione principale«chi hafregato il whisky nel numero due ha
fregatopure i soldipenso io: per noi comunque il caso è chiusoTom.»
«Huckquei soldi non sono mai stati nel numero due!»
«Cosa?» Huck studiò attentamente il viso dell'amico. «Tom hai trovatoqualche traccia di quei soldi?»
«Hucksono nella caverna!»
A Huck lampeggiarono gli occhi.
«Dillo ancoraTom!»
«I soldi sono nella caverna!»
«Tom - parola! - scherzi o dici sul serio?»
«Sul serioHuck: non sono mai stato così serio in vita mia. Ci stai adandare là con me e ad aiutarmi a tirarli
fuori?»
«Certo che ci sto! Purché si possa andare avanti e indietro senzaperdersi.»
«Huckpossiamo farlo senza inguaiarci neanche tanto così.»
«Magnifico! Cosa ti fa credere che i soldi...»
«Huckaspetta solo che arriviamo là. Se non li troviamoprometto diregalarti il mio tamburo e tutto quello
che ho al mondo. Lo giuroaccidenti.»
«D'accordo: affare fatto. Quando?»
«Anche subitose ti va. Ti senti abbastanza bene?»
«È lontanodentro la caverna? Sto un po' in piedi da tre o quattro giorniormaima non posso camminare per
più di un chilometro o un chilometro e mezzoTom: almenonon credo chepotrei.»
«Sono circa otto chilometri per la strada che sanno tuttiHuckma c'è unascorciatoia che conosco solo io.
Huckti porto fin là in barca. Vado giù con la corrente e torno a rivatutto da solo. Tu non dovrai alzare un dito.»
«Partiamo subitoalloraTom.»
«Va bene. Ci serve un po' di pane e un po' di carnee le pipee un sacco oduee due o tre gomitoli di spago
per gli aquilonie alcuni di quei così nuovi che chiamano zolfanelli. Nonso dirti quante volte avrei voluto averne
qualcuno quando mi sono trovato là dentro.»
Poco dopo mezzogiorno i ragazzi presero a prestito un barchino da uncompaesano assente e si misero subito
in moto. Quando furono diversi chilometri sotto la Conca della GrottaTomdisse:
«Oravedi quella riva? Sembra tutta ugualedalla caverna in giù: nientecaseniente cataste di legnai cespugli
tutti uguali. Ma vedi quel punto bianco lassùdove c'è stata una frana?Be'quello è uno dei miei segni. Adesso andiamo
a riva.»
Sbarcarono.
«OraHuckdal posto dove siamo potresti toccare con una canna da pescaquel buco dal quale sono uscito.
Vedi se riesci a trovarlo.»
Huck frugò dappertutto e non trovò nulla. Tom entrò fieramente in unamacchia di cespugli di sommacchi e
disse:
«Ecco qua! GuardalaHuck: è la tana più comoda del mondo. Ma acqua inboccaeh? Ho sempre voluto fare il
predonema sapevo che ci voleva una cosa cosìe il problema era dovetrovarla. Adesso ce l'abbiamoe non lo diremo a
nessunotranne Joe Harper e Ben Rogers... perché naturalmente dev'esserciuna bandaaltrimenti che figura ci
facciamo? La banda di Tom Sawyer: suona benenoHuck?»
«Be'sìcertoTom. E chi deprediamo?»
«Ohchi capita. Viandanti caduti in un agguato: è così che si fapiù omeno.»
«E li ammazziamo.»
«Nonon sempre. Li teniamo nella caverna finché non ci pagano ilriscatto!».76
«Cos'è il riscatto?»
«Soldi. Li costringi a racimolare dagli amici tutto quello che possonoedopo che li hai tenuti un annose il
riscatto non è stato messo insiemeli ammazzi. In genere si fa così. Solonon si ammazzano le donne. Si fanno
prigionierema non si ammazzano. Sono sempre belle e ricchee hanno unagran fifa. Gli porti via orologi e gioiellima
ti levi sempre il cappello e parli pulito. Non c'è nessuno più educato diun predone: sta scritto in tutti i libri. Be'le
donne s'innamorano di tee quando sono nella grotta da una settimana o duesmettono di piangeree da allora non riesci
più a liberartene. Anche se tu le cacciassi viatornerebbero subitoindietro. Sta scritto in tutti i libri.»
«AccipicchiaTomè fantastico. Credo sia meglio che fare il pirata.»
«Sìsotto certi aspetti è meglioperché si è vicini a casasi puòandare al circoe tutto.»
Ormai era tutto pronto e i ragazzi s'introdussero nel bucoTom davanti eHuck dietro. Arrancarono fino
all'estremità più lontana della galleriapoi legarono i loro spaghigiuntati e proseguirono. Ancora due o tre passi e
furono alla sorgentedove Tom si sentì scuotere da un brivido improvviso.Il ragazzo mostrò a Huck il frammento di
stoppino posato su un blocco d'argilla contro il muroe descrisse in chemodo lui e Becky avevano visto la fiamma
mandare gli ultimi guizzi e poi spegnersi.
Poi i ragazzi abbassarono la voceperché il silenzio e l'oscurità di quelposto erano un peso sul cuore.
Ripresero la marciae poco dopo entrarono nell'altro cunicolo di Tom e loseguirono fino al «trampolino». Le candele
rivelarono che non era proprio un precipizioma solo un'erta pareted'argillaalta otto o nove metri. Tom sussurrò:
«Ora ti faccio vedere una cosaHuck.»
Tenne alta la candela e disse:
«Guarda oltre l'angolopiù lontano che puoi. La vedi? Làsu quel massolaggiù... Fatta col fumo di candela.»
«Tomè una
croce!»«Oradov'è il tuo numero due?
"Sottola croce"eh? Proprio làdove ho visto Joe l'indiano alzare la candelaHuck!»
Huck fissò per qualche tempo il mistico segnoe poi disse con vocetremante:
«Tomandiamocene via!»
«Cosa? E lasciamo qui il tesoro?»
«Sìlasciamolo. Qui c'è lo spettro di Joe l'indianoquesto è certo.»
«NoHuckno. Sarà nel posto dov'è mortoverso l'imboccatura dellacaverna: a otto chilometri da qui.»
«NoTomnon è così. Sta vicino ai soldilui. Conosco le abitudini deglispettrie anche tu.»
Tom cominciava a temere che Huck avesse ragione. Mille dubbi gli siaffollarono nella mente. Ma poco dopo
gli venne un'idea.
«SentiHucksiamo proprio degli stupidi! Lo spettro di Joe l'indiano nonandrà mica vicino a una croce!»
L'argomento era ben scelto e ottenne il suo effetto.
«Tomnon ci avevo pensato. Ma è vero. Che fortunaper noiquella croce.Scendiamo laggiù a cercare quella
cassetta.»
Tom scese per primotagliandomentre scendevarozzi scalini nell'argilla.Huck lo seguì. Dalla piccola
caverna dove si trovava il grande masso si diramavano quattro gallerie. Iragazzi ne esaminarono tre senza risultato.
Scoprirono un piccolo recesso in quella più vicina alla base del massoconun giaciglio formato da un mucchio di
coperte; c'erano anche una vecchia bretellaqualche cotica di pancettae leossa ben ripulite di due o tre polli. Ma non
c'era nessuna cassetta piena di soldi. I ragazzi frugarono dappertuttomainvano. Tom disse:
«Sotto
la croceha detto.Be'questo è il punto più sotto la croce che ci sia. Non può essere sotto ilmassoperché quello poggia direttamente contro il suolo.»
Frugarono dappertutto ancora una voltae poi si misero a sederescoraggiati. Huck non sapeva cosa proporre.
Poco dopo Tom disse:
«Guarda quiHuck: ci sono delle impronte e del sego di candela sull'argillada una parte di questo massoma
non dalle altre. Perché? Scommetto che i soldi sono sotto il masso. Voglioscavare nell'argilla.»
«Non è una cattiva ideaTom!» disse Huckvivacemente.
Tom tirò subito fuori il «vero Barlow»e non aveva fatto un buco piùprofondo di dieci centimetri quando la
lama del temperino toccò il legno.
«EhiHuck! Hai sentito?»
Allora anche Huck si mise a raspare e a scavare. Ben presto si scoprironodelle assiche furono rimosse.
Avevano occultato una crepa naturale che portava sotto il masso. Tom vipenetrò e protese il più possibile la mano che
reggeva la candelama disse che non riusciva a vedere il fondo del cunicolo.Propose di esplorarlo. Si chinò e passò
sotto; lo stretto sentiero scendeva a poco a poco. Tom ne seguì il corsotortuosoprima a destrapoi a sinistratallonato
da Huck. Finalmente girò un angolo ed esclamò: «Dio buonoHuckguardaqui!»
Era la cassetta del tesoroproprio leiche occupava una grotta piccola eaccoglienteinsieme a un barile vuoto
da polvere da sparouna coppia di fucili nei loro astucci di cuoiodue otre paia di vecchi mocassiniuna cintura di
cuoio e qualche altro oggetto senza valore zuppo dell'acqua che stillavadalla roccia.
«Finalmente ce l'abbiamo fatta!» disse Huckpassando le mani tra le moneteannerite. «Dio buonoora sì che
siamo ricchiTom!»
«Huckio ho sempre pensato che ce l'avremmo fatta. È troppo bello peressere veroma ce l'abbiamo fatta
come no! Ehinon perdiamo tempoportiamolo fuori. Vediamo se riesco adalzare la cassetta.».77
Pesava una ventina di chili. Tom riusciva a sollevarlagoffamentema non aportarla comodamente.
«Lo immaginavo»disse; «la portavano come se fosse pesantequel giornonella casa degli spiriti: l'ho notato.
Credo di aver fatto bene a pensare di portare i sacchi.»
Presto il denaro fu nei sacchie i ragazzi lo portarono su per il cunicolofino al masso con la croce.
«Ora andiamo a prendere i fucili e tutto il resto»disse Huck.
«NoHucklasciamoli là. È proprio la roba che ci vuole quando andiamo afare i predoni. La terremo sempre
làe ci faremo anche le orge. È il posto ideale per le orge.»
«Cosa sono le orge?»
«Non lo so. Ma i predoni fanno sempre delle orgee naturalmente dobbiamofarle anche noi. VieniHuck
siamo stati qua dentro anche troppo. Sta facendosi tardicredo. Ho anchefame. Mangeremo e ci faremo una fumata
quando saremo alla barca.»
Finalmente sbucarono nella macchia d'arbusti di sommaccoguardarono fuoricautamentevidero che la costa
era liberae poco dopo erano sulla barcaa mangiare e a fumare. Mentre ilsole scendeva verso l'orizzonte si staccarono
dalla riva e iniziarono il viaggio di ritorno. Tom risalì il fiume lungo lacosta nel lungo crepuscolo estivo
chiacchierando allegramente con Hucke toccò terra che era già buio.
«OraHuck»disse Tom«nasconderemo i soldi sotto il tetto della legnaiadella vedovae domattina verrò su a
contarli e a dividerlie poi gli troveremo un posto nei boschi dove siano alsicuro. Tu resta qui a fare la guardia finché
torno col carretto di Benny Taylor. Ci metto meno di un minuto.»
Sparìe poco dopo tornò indietro col carrettovi mise dentro i duesacchettivi buttò sopra alcuni stracci
vecchie partìtirandosi dietro il suo carico. Quando arrivarono alla casadel gallesei due ragazzi si fermarono per
riposarsi un po'. Stavano per ripartire quando il gallese uscì di casa edisse:
«Ehichi va là?»
«Huck e Tom Sawyer.»
«Bene! Venite con meragazzistate facendo aspettare tutta la compagnia.Susvelticorrete avanti; il carretto
ve lo tiro io. Accidentinon è leggero come potrebbe essere. Cosa c'èsumattoni o ferrovecchio?»
«Ferrovecchio»disse Tom.
«Mi pareva; i ragazzi di questo paese faticano di più e perdono più tempoa raccogliere mezzo dollaro di
ferrovecchio da vendere alla fonderiainvece di guadagnare il doppio con unlavoro regolare. Ma la natura umana è
fatta così. Prestopresto!»
I ragazzi volevano sapere perché dovevano far presto.
«Non importa: lo vedrete quando saremo dalla vedova Douglas.»
Huck disse con qualche apprensioneperché da gran tempo era avvezzo aessere accusato falsamente:
«Signor Jonesnon abbiamo fatto niente.»
Il gallese scoppiò in una risata.
«Be'non soHuckragazzo mio. Non so. Non siete buoni amicitu e lavedova?»
«Sì. Be'lei per me è stata una buona amicain ogni caso.»
«Benissimoallora. Di cosa dovresti aver paura?»
Huckcol suo cervello di lumacanon aveva ancora trovato una rispostasoddisfacente a questa domanda
allorché venne spintoinsieme a Tomnel salotto della signora Douglas. Ilsignor Jones lasciò il carretto vicino alla
porta e li seguì.
La stanza era vivamente illuminatae c'erano tutti gli abitanti del paeseche avevano un po' d'importanza.
C'erano i Thatchergli Harperi Rogerszia PollySidMaryil pastoreil direttore del giornalee tanti altrie tutti in
ghingheri. La vedova accolse i due ragazzi con l'entusiasmo con cui sipotevano accogliere due individui conciati come
loro. Erano coperti d'argilla e di sego di candela. Zia Polly arrossì finoalle orecchie dall'umiliazionee aggrottò la
fronte e scosse la testa guardando Tom. Ma nessuno soffrì la metà di quelloche soffrivano i due ragazzi. Il signor Jones
disse:
«Tom non era ancora tornato a casae così avevo rinunciato alla suapresenza; invece l'ho incontrato per caso
insieme a Huckproprio davanti alla mia portae allorain fretta e furiali ho portati qui.»
«E avete fatto bene»disse la vedova. «Venite con meragazzi.»
Li portò in una camera da letto e disse:
«Ora lavatevi e vestitevi. Ecco due abiti completi: camiciacalzini etutto. Sono di Huck... Nonon
ringraziarmiHuck. Uno l'ha comprato il signor Jones e l'altro io. Maandranno bene a tutt'e due. Mettetevi quelli. Vi
aspettiamo: venite giùquando siete abbastanza presentabili.»
E uscì.
CAPITOLO XXXV
Huck disse:
«Tompossiamo ancora svignarcela se riusciamo a trovare una corda. Lafinestra non è troppo alta.»
«Uffa! Perché vuoi svignartela?».78
«Be'io non sono abituato a tutta quella gente. Non la sopporto. Io nonvado giùTom.»
«Ohal diavolo! Non è niente. Non me ne importa un fico. A teci pensoio.»
In quel momento apparve Sid.
«Tom»disse«la zia ti ha aspettato per tutto il pomeriggio. Mary tiaveva preparato il vestito della domenica
e tutti cominciavano a stare in pensiero. Ehima non sono macchie d'argillae di sego di candela quelle che hai lì?»
«Sentisignorinobada agli affari tuoi. Cos'ècomunquetutta questabaraonda?»
«È una delle feste della vedovaquelle che organizza sempre. Stavolta èin onore del gallese e dei suoi figli
per l'impaccio da cui l'hanno cavata l'altra notte. E sai? Posso dirti unacosase la vuoi sapere.»
«Be'cosa?»
«Ma comeche il vecchio signor Jones vorrebbe fare una sorpresa alla genteche si trova qui staseraanche se
io ho sentito che oggi ne parlava con la ziain segretoma credo che ormainon sia più un segreto per nessuno. Lo sanno
tutti: anche la vedovaper quanto si sforzi di far credere che non lo sa.Ohil signor Jones aveva bisogno che Huck
fosse qui: non poteva tirar fuori il suo gran segreto senza Huckcapisci?»
«Segreto su cosaSid?»
«Sul fatto che Huck ha seguito i malfattori fino a casa della vedova. Iocredo che il signor Jones volesse stupire
tutti con la sua sorpresama scommetto che farà cilecca.»
Sid ridacchiò. Sembrava molto contento e soddisfatto.
«Sidsei stato tu a dirlo?»
«Ohnon importa chi è stato. Qualcuno l'ha dettoe basta.»
«Sidc'è solo una persona in questo paese tanto malvagia da fare una cosasimilee quella persona sei tu. Se tu
fossi stato al posto di Huckte la saresti data a gambe e non avresti maidetto a nessuno dei banditi. Non sai far altro che
delle cattiveriee non sopporti di vedere che qualcuno sia lodato per averfatto una buona azione. Ecco: e non
ringraziarmicome dice la vedova.» E Tom gli diede uno scappellotto e loaiutò a uscire dalla porta con due o tre calci
bene assestati. «E adesso va' a dirlo alla ziase hai il coraggiocosìdomani prendi il resto!»
Pochi minuti dopo gli ospiti della vedova erano a tavola per la cenae unadozzina di bambini furono fatti
accomodare intorno ad alcuni tavoli più piccoli nella stessa salasecondol'uso di quel paese e di quell'epoca. Al
momento giusto il signor Jones pronunciò il suo discorsettonel qualeringraziò la vedova per l'onore che faceva a lui e
ai suoi figlima disse che c'era un'altra persona la cui modestia...
Eccetera eccetera. Rivelò il suo segreto sulla parte avuta da Hucknell'avventura nel modo più abile e
drammatico che seppe immaginarema la sorpresa prodotta dalla suarivelazione fu in gran parte frutto di simulazione
e non così straordinaria e impressionante come avrebbe potuto essere incircostanze più favorevoli. La vedovatuttavia
si finse assai stupitae fece a Huck tanti complimentie lo ringraziòtalmenteche il ragazzo quasi dimenticò il quasi
intollerabile sconforto del suo vestito nuovo nello sconforto assolutamenteintollerabile di essere diventato il bersaglio
degli sguardi e degli elogi di tutti.
La vedova disse che intendeva ospitare Huck sotto il suo tetto e dargliun'istruzione; e chequando fosse
riuscita a mettere da parte un po' di soldigli avrebbe trovato un lavoroanche modesto. Era arrivato il momento di
Tomche disse:
«Huck non ne ha bisogno. È ricco!»
Solo la ferrea decisione di non uscire dai limiti della buona educazioneimpedì agli intervenuti di scoppiare
nella risata che la battuta meritava. Ma il silenzio era un po' impacciato. Aromperlo fu Tom.
«Huck è pieno di soldi. Forse non ci crederetema ne ha un mucchio. Ohnon c'è bisogno di sorridere: ve lo
posso dimostrare. Aspettate un momento.»
Tom corse fuori. I presenti si scambiarono occhiate perplesse e interessatepoi il loro sguardo indagatore
cadde su Huckche era muto come un pesce.
«Sidcos'ha Tom?» disse zia Polly. «È così... Be'non sono mairiuscita a capirloquel ragazzo. Non potrò
mai...»
Tom entrò nella stanzalottando col peso dei suoi sacchie zia Polly nonfinì la frase. Tom rovesciò sul tavolo
quella massa di gialle monete e disse: «Ecco: cosa vi avevo detto? Metà èdi Huck e metà è mia!»
Davanti a quello spettacolo tutti rimasero senza fiato. Avevano gli occhisgranatie per qualche attimo nessuno
parlò. Poi ci fu l'unanime richiesta di una spiegazione. Tom disse che erain grado di fornirlae la fornì. Fu una storia
lungama interessantissima. Quasi nessuno ne spezzò l'incanto conun'interruzione. Quando Tom ebbe finitoil signor
Jones disse:
«Credevo di aver preparato una piccola sorpresa per quest'occasionema oravedo che non vale niente. Sono
pronto a riconoscere che questa rende la mia del tutto insignificante.»
Si contò il denaro. La somma ammontava a poco più di dodicimila dollari.Era più di quanto ciascuno dei
presenti avesse mai visto in vita suaanche se c'erano diverse persone conun patrimonio che valeva assai di più.
CAPITOLO XXXVI
Il lettore capirà che la fortuna toccata a Tom e a Huck fece molto scalporenel povero paesino di St. Petersburg..79
Una somma così grandetutta in denaro sonantesembrava quasi incredibile.Fu discussacovata con gli occhi ed
esaltata finché la ragione di molti compaesani cominciò a vacillare sottoil peso di quella malsana eccitazione. Ogni
casa «degli spiriti» di St. Petersburg e dei paesi del circondario fudemolitaasse per assee le sua fondamenta messe a
nudo e rovistate in cerca di tesori nascostie non da ragazzima da uomini:uomini seri e tutt'altro che romanticiin gran
parte. Ovunque Tom e Huck facessero la loro comparsavenivano corteggiatiammiratiseguiti con lo sguardo. I
ragazzi non ricordavano che le loro osservazioni avessero mai avuto un pesoqualsiasi: ma ora tutto quello che dicevano
veniva ricordato e ripetuto; tutto quello che facevano sembravain qualchemododegno di nota; avevano perso
evidentementela facoltà di fare e dire banalità; inoltresi frugò nellaloro storia passata e si scoprì che recava
l'impronta di una notevole originalità. Il giornale del paese pubblicò dueprofili biografici dei ragazzi.
La vedova Douglas investì i soldi di Huck al sei per cento e il giudiceThatchersu richiesta di zia Pollyfece
lo stesso con quelli di Tom. Ciascuno dei due aveva ormai una rendita che erasemplicemente prodigiosa: un dollaro per
ogni giorno lavorativo dell'anno e mezzo dollaro per le domeniche. Eraproprio quello che prendeva il pastore: noera
quello che gli avevano promessoe che in genere non riusciva a riscuotere.Un dollaro e un quarto la settimanain quei
giorni semplici e lontanibastava per il vittol'alloggio e le tassescolastiche di un ragazzo; per non parlare dei vestiti e
del sapone.
Il giudice Thatcher si era fatto una grande opinione di Tom. Diceva che unragazzo come tutti gli altri non
sarebbe mai riuscito a tirar fuori sua figlia da quella caverna. Quando Beckydisse al padrein confidenzache Tom a
scuola si era fatto punire al posto suoil giudice rimase visibilmentecommosso; e quando lo pregò di perdonare la
grossa bugia che Tom aveva detto per spostare quel castigo dalle spalle dellabambina alle sueil giudice dissein uno
scoppio di entusiasmoche era stata una nobileuna generosauna magnanimabugia: una bugia che meritava di passare
alla storiaa testa altafianco a fianco con la tanto elogiata Verità diGeorge Washington sull'accetta! Becky pensò che
suo padre non aveva mai avuto un'aria più solenne e più superba di quandosi era messo a camminare su e giù per la
stanza ebattendo il piede per terraaveva detto così. Andò subito ariferirlo a Tom.
Il giudice Thatcher sperava che Tomun giornodiventasse un grande avvocatoo un grande condottiero. Disse
che intendeva provvedere affinché Tom fosse ammesso all'Accademia MilitareNazionalee poi preparato nella
migliore scuola di legge del paeseper poter essere pronto all'una oall'altra di queste carriereo a tutt'e due.
La ricchezza di Huck Finne il fatto che il ragazzo era sotto la protezionedella vedova Douglaslo fecero
entrare in società - nove lo trascinaronove lo precipitarono -causandogli sofferenze per lui quasi insopportabili. I
domestici della vedova lo tenevano lindo e tirato a lucidopettinato espazzolatoe ogni sera lo mettevano a letto tra
odiose lenzuola che non avevano una sola macchiauna solache Huck potessestringersi al cuore e riconoscere come
amica. Doveva mangiare col coltello e con la forchetta; doveva usaretovagliolotazza e piatto; doveva studiare sul suo
libro; doveva andare in chiesa; doveva parlare con tanta proprietà che leparolenella sua boccaavevano perso ogni
sapore; da qualunque parte si voltassele sbarre e i ceppi della civiltà lochiudevano e lo legavano mani e piedi.
Sopportò coraggiosamente il martirio per tre settimanee poi un giorno nonsi presentò all'appello. Per
quarantott'ore la vedovaangosciatalo cercò dappertutto. La gente eramolto preoccupata; lo cercarono per mare e per
terradragarono il fiume per ripescarne il corpo. La terza mattinadibuon'oraTom Sawyer andò saggiamente a
curiosare tra certe vecchie botti vuotegiùdietro il mattatoioabbandonatoe in una di esse trovò il profugo. Huck
aveva dormito là; aveva appena fatto colazione con quello che era riuscito arubacchiare e ora se ne stava là disteso a
fumare pacificamente la sua pipa. Era sporcospettinato e vestito con glistessi indumenti stracciati che lo avevano reso
pittoresco nei giorni in cui era libero e felice. Tom lo stanògli parlòdei fastidi che aveva procurato e lo esortò ad
andare a casa. La faccia di Huck perse la sua espressione soddisfatta e preseun aspetto melanconico. Il ragazzo disse:
«Non me ne parlareTom. Ci ho provatoe non funziona; non funzionaTom.Non fa per me; non ci sono
abituato. La vedova è buona con mee mi vuol bene; ma non sopporto quelleabitudini. Ogni mattina mi fa alzare
sempre alla stessa ora; mi costringe a lavarmipoi mi pettinano come sevolessero staccarmi la testa; non mi lascia
dormire nella legnaia; devo portare quei benedetti vestiti che mi soffocanoTom; si direbbein qualche modoche non
facciano passare l'aria; e sono così maledettamente belli che non posso nésederminé sdraiarminé rotolarmi da
nessuna parte; non mi sono ficcato in una cantina da... be'annisidirebbe; devo andare in chiesae non faccio che
sudare: come odio quelle schifosissime prediche! Là dentro non possoacchiappare una moscanon posso ciccaredevo
portare le scarpe per tutta la domenica. La vedova mangia quando suona lacampana; va a letto quando suona la
campana; si alza quando suona la campana... Tutto è così maledettamenteregolare che uno davvero non ce la fa.»
«Be'tutti vivono cosìHuck.»
«Non cambia nienteTom. Io non sono "tutti" e non resisto più.È terribile sentirsi così legati. Ed è troppo
facile procurarsi da mangiare: cosìche gusto c'è? Devo chiedere ilpermesso per andare a pescare; devo chiedere il
permesso per andare a nuotare: mi venga un accidente se non devo chiedere ilpermesso per fare qualunque cosa. Ecco
dovevo parlare così pulito che mi sentivo a disagio; ogni giornoper nonperdere il gustodovevo andare su in soffitta a
bestemmiare per un po'altrimenti sarei mortoTom. La vedova non voleva chefumassinon voleva che alzassi la voce
non voleva che sbadigliassiche mi stirassiche mi grattassi davanti allagente.» Poiin un accesso di violenta
irritazionee quasi di sdegno: «E come se non bastassenon faceva chepregare! Non ho mai visto una donna come
quella! Ho dovuto scappareTomvi sono stato costretto. E poi la scuola staper ricominciaree avrei dovuto andarci;
eccoTomquesto proprio non lo sopporterei. Stammi a sentireTomesserericchi non è poi quella pacchia che dicono.
Vuol dire una scocciatura dietro l'altrauna fregatura dietro l'altraeaugurarsi la morte. Invece questa roba che ho
addosso mi sta benee questo barile mi sta benee non voglio lasciarlipiù. Non mi sarei mai messo in tutto questo.80
pasticcioTomse non fosse stato per quei soldi; eccoprendi tu anche lamia parte e dammiogni tantoun dieci
centesimi; non troppo spessoperòperché non me ne importa un fico seccodelle cose che non sono un po' difficili da
ottenere... E va' tu dalla vedova a scusarti da parte mia.»
«OhHucksai che non posso farlo. Non è giusto; e poise ci provi ancoraun po'vedrai che questa cosa finirà
per piacerti.»
«Per piacermi! Sìcome mi piacerebbe una stufa rovente se dovessi starciseduto sopra abbastanza a lungo. No
Tomio non voglio essere riccoe non voglio abitare in quelle maledettecase dove mi sento soffocare. Mi piacciono i
boschie il fiumee le bottie non le mollo. Maledizione! Proprio quandoavevamo trovato i fucilie una cavernaed
era tutto pronto per fare i predoniecco che questa dannata fesseria viene arovinarci tutto.»
Tom approfittò dell'occasione:
«SentiHucksolo perché sono ricconon crederai che abbia rinunciatoall'idea di fare il predone.»
«Sì? Ohaccidentiparli sul serioTom?»
«Com'è vero che sono qui seduto. MaHucknon possiamo farti entrare nellabanda se non sei rispettabile
capisci?»
La gioia di Huck era sbollita.
«Non poteteTom? Non mi avevi lasciato fare il pirata?»
«Sìma è diverso. Il predone è più distinto del piratain generale.Nella maggior parte dei paesi appartengono
all'alta nobiltà: sono duchi e roba simile.»
«MaTomnon siamo sempre stati amici? Non mi lasceresti fuori adessoehTom? Non mi faresti uno scherzo
cosìehTom?»
«Io non vorrei e non lo voglio fareHuckma cosa direbbe la gente? Macomedirebbe: "Puh! La banda di
Tom Sawyer! Begli elementi che ha!" Alludendo a teHuck. Non ti farebbepiaceree neanche a me.»
Per qualche tempo Huck rimase mutomentre una lotta violenta si svolgeva nelsuo cuore. Alla fine disse:
«Be'tornerò per un mese dalla vedova per fare un altro tentativo e vedròse riesco a farci il callose mi fai
entrare nella bandaTom.»
«BenissimoHucksiamo intesi! Andiamovecchio mioe pregherò la vedovadi lasciare un po' correreva
bene?»
«DavveroTomdavvero? È magnifico. Se lascia correre sulle cose piùdifficilifumerò di nascosto e
bestemmierò di nascostoe o la va o la spacca. Quando raduniamo la bandaper metterci a fare i predoni?»
«Ohsubito. Chiamiamo i ragazzi e facciamo l'iniziazionestasera stessamagari.»
«Facciamo cosa?»
«L'iniziazione.»
«Che roba è?»
«È giurare di darsi man fortee di non rivelare mai i segreti della bandaanche se ti fanno a pezzettinie di
ucciderecon tutta la famigliachiunque faccia del male a uno dellabanda.»
«È fantastico... È davvero fantasticoTomti assicuro.»
«Be'lo so che è fantastico. E tutti questi giuramenti vanno fatti amezzanottenel posto più solitario e più
terribile che si possa trovare: la cosa migliore sarebbe una casa infestatadagli spiritima le hanno demolite tutte quante
ormai.»
«Be' mezzanotte va benecomunqueTom.»
«Sìè vero. E bisogna giurare su una barae firmare col sangue.»
«Questo sì che mi piace! Cavoloè un milione di volte meglio che fare ilpirata. Resterò dalla vedova finché
crepoTom; e se riesco a diventare un predone come si deveuno che facciaparlare di sécredo proprio che anche lei
sarà contenta di avermi levato dalla strada e accolto in casa sua.»
CONCLUSIONE
Così termina questa cronaca. Essendo in senso stretto la storia di unragazzoessa deve fermarsi qui; non
potrebbe durare ancora molto senza diventare la storia di un uomo. Quando siscrive un romanzo sugli adultisi sa con
precisione dove bisogna fermarsi: cioècon un matrimonio; ma quando siparla di ragazzici si ferma dove si può.
Quasi tutti i personaggi incontrati in questo libro sono ancora vivistannobene e sono felici. Un giornoforse
potrà valer la pena di riprendere la storia dei più giovaniper vedere cherazza di uomini e di donne sono diventati;
perciò il partito più saggio saràper il momentoquello di non rivelarealcunché di questa parte delle loro vite.